corsa

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Io e Antonio avevamo deciso di andare a fare un giretto a Recoaro. In realtà IO avevo bisogno di recarmici per fare un paio di foto che mi erano venute in mente, Antonio era più che altro un accompagnatore.
Un paio di notizie tecniche su Recoaro; è un paesino di qualche migliaio di anime, intrappolato alla fine della Valle Dell' Agno, circontato dalle vette delle Piccole Dolomiti, è un punto limite. Il sole d'inverno splende per circa cinque ore prima di scomparire dietro le sue alte vette. Una cosa interessante: ha detenuto per un paio d'anni il titolo di "Comune col più alto tasso di suicidi d'Italia", macabra considerazione ma, perfettamente in linea con la decadente anima del paese: era famoso, nella prima metà del 1900 e poco più, per le terme (da qui il nome Recoaro Terme) di cui -notizia senza fonte AHAHA- vendevano l'acqua per comprare vino. C'era il treno che arrivava a Valdagno e poi a Vicenza, hotel, sagre di paese ogni finesettimana, località sciistica e popolazione infelice.
Ora il treno non c'è più, gli hotel chiusi, le sagre ridotte a una o due all'anno, la località sciistica è in bancarotta, ma la popolazione rimane infelice.
Insomma io e Antonio avevamo deciso di andare a Recoaro in treno, cosa strana, perché il treno non c'è più. Arrivati cominciammo a fare un giretto, eravamo felici e ci tenevamo per mano. Lui continuava a fare battute, io ridacchiavo, ma ero tutta concentrata sulle foto che avevo intenzione di fare.
Cominciò a calare la sera, il cielo si scuriva nostante fossero le sette del due maggio. Costeggiammo il centro e ci allontanammo un po', prendemmo una stradina che ci avrebbe dovuto portare al luogo che avevo previsto per gli scatti. Ad un tratto mi sembrò sentire delle voci, e dei passi che ci seguivano. Paranoica come sono pensai subito al peggio. Chiesi ad Antonio di nascondersi nel pendio morbido sotto di me. Cominciai a fare le mie foto tutta contenta, ma volevo capire se ero una specie di "bersaglio" per dei malintenzionati o se era in effetti tutto fonte della mia suggestione facile. Passò qualche minuto ed era tutto tranquillo, stavo per chiamare Antonio che ritornasse su a sgridarmi e ricordarmi quando sono scema, quando sentii un fruscio alle mie spalle, mi trovavo sulla strada e a monte c'era un pendio simile a quello inferiore, ed in mezzo ai cespugli vidi un paio di gambe spuntare, dai movimenti mi parsero circa tre persone, nascoste a fissarmi.
"Antonio!"
Mi feci prendere dal panico, per fortuna lui fu svelto e mi raggiunse subito, mentre i rre gridavano:
"Sono loro!" Noi stavamo gia scappando.
Non sono molto veloce, io ed Antonio usammo una tecnica già collaudata: io cerco di dare il massimo e lui mi prende per mano e mi tira più che può, siccome é più bravo.
Corremmo velocissimi fino a vedere un campi da calcio che percorendo la strada in senso inverso non avevamo notato. La stessa -e abbastanza ovvia- idea spuntó in noi, e contemporaneamente virammo verso il campo. I nostri inseguitori ci stavano per raggiungere, urlavano ed io avevo le lacrime agli occhi per il terrore.
Il campo. Il campo. Il campo. Mancava poco.
Vedemmo che all'entrata c'erano degli adulti, genitori, probabilmente. Io scattai in avanti e disperata mi attaccai alla giacca di uno di loro:"La prego! Quei ragazzi ci stanno inseguendo e vogliono farci del male, mi aiuti la prego!"
Ero disperata, voce rotta e lacrime che scendevano per la mia faccia.
Anche Antonio provava a chiedere aiuto, finché il "mio" adulto con un aria autorevole si rivolse ai nostri inseguitori un po' in diparte:
"Fermi!"
Si immobilizzarono subito.
"Sono cose da ragazzi.." disse un altro signore.
"Già"
"Lasciamo stare..?"
Vidi i sorrisi cattivi spuntare sulle facce dei tre ragazzi, afferrai la mano di Antonio e lo trascinai via. Avevo una paura folle, pensavo di non aver mai corso in quel modo in tutta la vita, non capivo perché i tre volevano farci del male.
Raggiungemmo il centro avendoli distanziati di cinque o sei metri, urlavo di aver bisogno di aiuto, ma facce fredde e inespressive ci guardavano inespressive, facendosi da parte.
Avevo quasi perso le speranze quando riconobbi in lontananza i miei genitori.
Cosa ci facevano a Recoaro? Un giretto.
Mi gettai tra le braccia di mio papà, per riorendere subito dopo la mano di Antonio.
"Ci stavano rincorrendo!"
Mio papà si guardò intorno e vidi i tre ragazzi fissarci guardinghi, oer poi disperdersi.
"A che ora avete la corriera?" Chiese mia mamma.
Non potevo dire loro che ero venuta in treno "E voi?"
"Alle 8.45, fra poco" disse.
" Noi alle 9." mentii.
" Volete prendere la nostra?"
"No, è tutto apposto."
I miei si diressero verso la stazione delle corriere e noi verso quella del treno, stringendoci forte la mano.
Alle nove il treno partì e noi guardavamo fuori, seduti abbracciati.

L'Alice sbagliata - ovvero - viaggio di notte nel mio paese delle MeraviglieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora