Origine

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«È legato al tuo disturbo bipolare, Daniel.»
Sputa fuori quelle parole come se fossero la cosa più ovvia del mondo.
'Dimmi qualcosa che non so! Qualcosa che non mi dici tutte le volte che ci sediamo uno davanti all'altra a parlare di qualcosa che non ha un fine.'
Dice sempre le stesse cose ma non trova mai una soluzione, anzi una l'ha trovata: imbottirmi di farmaci di cui nemmeno ricordo il nome.
Quella roba calma solo momentaneamente i demoni e l'oscurità che mi porto dentro e di certo non è questo l'obiettivo finale, ma io non sono un dottore quindi la mia opinione vale meno di zero.
Non capisco di cosa parla e usa termini che nemmeno sapevo esistessero. Non ha ancora capito che voglio solo una cura per potermene andare da qui. Non riesce a comprendere il dolore che provo e più cerco di spiegarle come la penso, più la sofferenza dentro di me cresce fino ad inghiottirmi facendomi diventare minuscolo, quasi invisibile ma soprattutto facendomi sentire ancora più "complesso" come mi ha sempre definito lei.

«Dottoressa, non capisco cosa c'è che non va in me." Azzardai a chiederle un giorno durante le nostre prime sedute e la sua risposta fu: "Non c'è nulla che non va in te, Daniel. Sai, alcune persone sono più complesse di alte e hanno bisogno di un aiuto ma non c'è nulla di sbagliato in questo»

Com'è possibile che non riesca a trovare qualcosa che possa aiutarmi definitivamente?
Mi limito ad annuire aspettando che l'ora finisca. Come faccio da anni a questa parte, dopo aver capito che parlare con lei non mi ha portato esattamente a nulla. Resto in silenzio in attesa che l'universo decida di cambiare il mio destino.
Non ho intenzione di parlare oltre anche perché sembra che tutto quello che provo sia legato a uno dei miei tanti disturbi.

Quali sono?

Non me li ricordo nemmeno più!

Ora capisco come sono finito al Greystone Park Psychiatric Hospital e fa male.
Più questo ricordo si fa strada nella mia mente più inizio a stare male. Respiro a fatica e rivedo quelle immagini, come flashback, che non riesco a togliermi dalla testa nonostante siano passati anni. Ma anche dopo tutto il tempo che è trascorso quei ricordi vivono ancora dentro di me, pronti a ricordarmi che non me ne libererò mai e che dovrò, prima o poi, imparare a conviverci.
Le sue grida, la sua voce, il suo disprezzo e io non posso fare altro se non portarmi le mani nei capelli biondi e rannicchiarmi su questa sedia, di velluto colore bordeaux, che spero possa proteggermi da questo dannato inferno.
La voce di Ellen si fa sempre più lontana e ovattata. Cerco di aggrapparmi alle sue parole ma quei ricordi mi avvolgono e mi portano con loro in quello che è l'ennesimo flashback negativo.
Non vedo nulla ma sento delle braccia prendermi, sollevarmi dallo sgabello e portarmi in fuori dall'ufficio della dottoressa Miller.
Cerco di dimenarmi ma piano piano la stanchezza prende possesso del mio corpo e prima che io capisca dove mi stiano portando, cado in un sonno tormentato che mi porta indietro nel tempo, nel passato, quel passato che non vuole rimanere tale.

Sono immerso nel buio e quelle rimembranze sembrano ancora più vicine. Tanto da farmi tremare e desiderare di non essere mai arrivato fino a questo punto, desiderare di avere la mia vita indietro.

Ma quale vita?
Quale vita voglio indietro?

'Aiutatemi! Sono qui' cerco di urlare, con tutta la forza che mi rimane, per farmi sentire qualcuno ma so che non mi sentirà mai nessuno.

Mi abbandono a quel senso di pseudo tranquillità. È diventata un'abitudine, poiché succede molto più spesso di quanto dovrebbe.

Ho un mal di testa tremendo, apro gli occhi e cerco di mettere a fuoco l'ambiente intorno a me.
Sono nella mia camera, ho una flebo attaccata al braccio e c'è un silenzio inquietante, quasi subumano ma dato il dolore che sto provando non mi dispiace affatto.
Mi soffermo a guardare fuori dalla finestra. Sta piovendo e il cielo è ricoperto di nuvoloni grigi tendenti quasi al giallo. Oltre a quelli non si vedeva granché perché Graystone è situato in campagna, lontano dagli occhi indiscreti della gente.
In una piccola cittadina: Leavenworth in Washington.
Un lampo attraversa il cielo colorandolo di venature, come se si stesse fratturando in mille pezzi.

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