Capitolo 1: L'inizio

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Il sole picchia forte sugli sogli che compongono il lungomare di Scario, scandendo a tempo il primo pomeriggio che ormai è arrivato quasi alla sua conclusione. Se a qualcuno venisse lo stimolo di osservare il grande orologio che custodisce dall'alto la piazzetta principale, non potrebbe far a meno di notare la lancetta corta che indica precisamente il numero <Quattro...>. Per vostra fortuna, è proprio uno dei pochi presenti ad alzare lo sguardo verso l'imponente costruzione che, colpa dell'orario inoltrato, si vede scappare quel piccolo spiraglio d'ombra che gli copriva il volto, offertogli proprio dall'alto campanile. Poco gli basta per farlo <Uff> sbuffare, scocciato dalla calda giornata e dalla poca voglia di prendere il sole, sostituendo così del tempo in collina dove al momento ha la casa che lo ospita. Un occhio attento potrebbe notare nel suo fisico scialbo e trascurato una voglia marroncina proprio sotto l'ascella destra, un altro meno attento si soffermerebbe invece sulla testa calva e sui grossi occhiali leopardati. Non è solo al momento, ma è il primo ad alzarsi in piedi, attento a scrocchiarsi ogni centimetro del suo corpo e a non scivolare dagli scogli che fino a pochi secondi fa gli facevano da materasso. Un'occhiata al mare, tanto cristallino quanto calmo; nemmeno quell'enorme massa d'acqua si sarebbe mai aspettata qualcosa del genere, qualcosa che appare surreale persino nei film. Ma la vita può riservarti di tutto e questo lo sa bene uno dei nostri protagonisti che adesso, braccia conserte e statuario, osserva l'orizzonte perdendosi nei suoi pensieri. Niente che possa deconcentrarlo da ciò che ha intorno, come <Ti sei svegliato finalmente> un gigante riccioluto , imponente e che riceverà la sua prima parola della giornata, insieme ad uno sguardo scocciato. Per chi se lo stesse chiedendo, sì, stanno lì dalla sera precedente ma non è questo quello che ci interessa al momento. Concentriamoci invece sull'altra figura che <Sta ancora dormendo Andrea?>  ha un nome e sembrerebbe completamente annegato nella sua dimensione onirica. O almeno è quello che pensano i due e che di risposta ricevono un dito medio a testa. <Sono sveglio cazzoni> nemmeno una parola dolce, ma un sorriso divertito invece arriva dritto da loro. I nomi degli altri due ve li svelo io: quello con gli occhiali si chiama Felice, quello con i ricci Alberto; nomi importanti e che in qualche modo passeranno alla storia, meglio non dimenticarli! Basta solo l'atteggiamento del primo presentato per far intendere agli altri <Si ja, mo ce ne torniamo su> cosa vuole fare. E così, una volta caricati ombrelloni e zaini sulle spalle, il trio si incammina verso la strada di ritorno, completamente in salita ma senza perdersi <Io prenderei un gelato prima> il peccato di gola di Alberto. È proprio qui che nasce tutto, arrivati davanti all'ingresso della gelateria e già con il buongustaio che mette mano sul suo portafogli. Lo sguardo del gelataio però appare subito strano: spento e diretto verso una meta imprecisa; il gruppo se ne accorge ed è per questo che si avvicina con prudenza, passo dopo passo e con un occhio rivolto sempre verso l'esterno. Tutti e tre annunciano in coro: <Tutto bene?>  una frase che fa traboccare il vaso. L'addetto alla gastronomia anticipa la sua corsa con un <GROWL!> urlo degno delle peggiori bestie di montagna ed ecco che subito, con uno scatto olimpionico, si getta verso i malcapitati. Nessun riflesso in loro, completamente pietrificati ma a quanto pare, hanno un angelo che li protegge dall'alto. L'uomo vestito di bianco, goffo e paffuto, scivola sullo stesso pavimento che qualcuno ha pulito da poco, riversandosi per la stradina che avevano imboccato gli stessi e regalando al gruppo preziosi istanti. Completamente in preda all'adrenalina e al panico, escono velocemente dal piccolo locale, allontanandosi subito di qualche metro dal malcapitato ancora steso a terra e con un braccio palesemente rotto. Non una parola da nessuno dei tre, bensì da una giovane ragazza con una bambina stretta in mano che, accortasi della scena, corre subito sulla zona dell'accaduto preoccupata. <Si è fatto male? Perché voi state a guardare? Dategli una mano, no?> nessun movimento da parte loro, ancora scioccati da quello che potrebbe succedere. Hanno sempre immaginato di vivere momenti del genere, un po' il sogno di ogni adolescente vivere in un apocalissi zombie, no? Però, proprio adesso che dovrebbero prendere coraggio e fare qualcosa di intelligente, non colgono l'occasione. Ed è ora che decidono di avvicinarsi alla vittima ancora stesa a terra immobile, pronti a scorgere qualcosa da una giusta distanza di sicurezza. Ma proprio appena la donna si abbassa sulle ginocchia per prestare un minimo di assistenza, la bambina scruta l'osso uscito fuori del grassone e di conseguenza, un altro urlo si unisce in quello strano pomeriggio. Peccato che nemmeno il tempo di osservare il candido viso della poppante in lacrime che [CRUNCH!] la grossa manona del gelataio l'oscura completamente, [SPLAT!] facendola scoppiare come un palloncino sotto il sole. Le cose non sembrano prendere una buona piega, ora che lo stesso si getta sulle povere carni della preda incominciando a consumare il suo pasto. Una delle scene più macabre che dei poveri ventenni potessero affrontare e chissà per quante altri notti rivedranno la stessa scena ripetersi nei loro sogni, ma non per questo rimangono ancora immobili. Subito dopo lo "scoppio", i tre stanno già correndo gambe in spalla, non girandosi indietro nemmeno per controllare l'accaduto ma richiamando comunque l'attenzione dei pochi abitanti nella zona, attirati dalle urla di una povera madre che chissà verso quale fine andrà incontro. Solo dopo un chilometro e qualche metro in più i nostri ragazzi calmano il passo, obbligati dai loro polmoni poco allenati e dalla necessità di spiegarsi cosa sia appena successo. Ovviamente non fanno caso alle cose che hanno rimasto indietro, rimanendo con lo stesso necessario nei pantaloni. Il primo a prendere la parola è il più cicciottello dei tre, Andrea, che prima rimbalza con lo sguardo tra i due per poi < È successo veramente?> esporre agli altri la prima cosa che gli passa per la testa. Gli altri due non sono messi meglio, ancora devono elaborare il tutto e il loro volto traumatizzato ne è la prova, ma in un modo si riprendono anche loro, merito forse della salita che stanno attraversando a passo svelto e che funge da ottimo calmante. Finalmente è un altro a prendere la parola, Felice, che finalmente da' una risposta allo scuro di pelle. <Già, aveva il braccio rotto e l'ha mosso come se niente fosse...non è normale> la stessa cosa viene anche condivisa da Alberto, che oltre ad annuire un paio di volte <Spero sia stata tutta impressione> in cuor suo spera che sia tutta finzione, magari una candid camera di cattivissimo gusto. Invece no, ma i tre continuano la loro scalata, fino a quando <Mh? Non lo sentite anche voi?> lo stesso Alberto non sente un rumore sospetto, un [GRUG!] grugnito di quel che sembra un cinghiale. Il trio passa l'estate in quelle zone da una vita e un cinghiale a quest'ora del giorno non l'hanno mai visto. Infatti poco dopo, vedranno chiaramente lo stesso panzone di prima ma che stavolta ha tutta la tutina bianca pregna del sangue che a quanto pare, non sembrerebbe solo della bambina. Un imprecazione arriva da tutti, ormai spaventati e costretti a correre anche a costo di perdere l'uso delle gambe. Facile a dirsi, ma difficile a farsi data la pendenza del colle che stanno scalando ma fortuna che l'adrenalina circola in loro già da un bel po'. A quello che a primo impatto sembra lo zombie di turno però poco interessa, continua come se stesse correndo su un rettilineo e in una manciata di minuti li raggiunge, a qualche paio di metri. I loro cuori ormai stanno per risalire verso la gola, pronti a volare via al riparo dai pericoli che stanno affrontando. Loro lo sanno bene, ma preferiscono non girarsi, continuando dritti per la loro strada. Manca veramente poco alla discesa che li accoglierà finalmente al riparo, o almeno, questo è quello che pensano loro, ma se continuano così non ci arriverà proprio nessuno. Lui lo sa bene, grondante di sudore e con i crampi che gli attraversano tutto il corpo ma deciso ad arrivare fino alla fine. Il fiato ancora più caldo e afoso dell'aria che li circonda arriva al collo di Felice, ormai conscio della fine che sta per raggiungere. Tutta la sua vita gli si para davanti, ricordando i momenti felici passati in famiglia, tra le sue amicizie e con le sue fiamme: ma non è pronto a morire! Anzi, è deciso a combattere e a dire la sua, a decidere quando sia arrivata realmente la sua fine. Di scatto, affidando soltanto agli altri due <Mettevi al sicuro> poche parole decide di ruotare il busto per tirare un semplice pugno a martello sul volto dell'animale. Peccato che il terreno sia completamente ricoperto di ghiaia che gli toglie lo spazio da sotto i piedi: è realmente finita amici miei, rimasto dietro e pronto a farsi mangiare da quel bestione. Invece...la grossa carcassa del ragazzo dalla voglia sotto l'ascella cade rovinosamente sulle gambe della morte che li sta inseguendo, facendogli perdere l'appoggio e lasciandolo cadere copiosamente per tutto il percorso che ha fatto dietro al trio, come un enorme pallone. Intanto gli altri due, attirati dalle strane parole pronunciate dall'autoproclamato eroe si girano di scatto, assistendo ad una delle più brutte scene, come se non avessero già viste abbastanza. Un loro grande amico che viene mangiato davanti ai suoi occhi da un gelataio schizzato. <NO!> soltanto un urlo sincronizzato dei due sopravvissuti, già pronti al peggio, rimbomba nel silenzio della montagna. Nemmeno un filo d'aria interrompe quello straziante momento, ma ci pensa lo stesso Felice che <VOLETE AIUTARMI!?> completamente in preda al panico, è riuscito ad aggrapparsi letteralmente alla sua ultima speranza: un masso in mezzo a tutto quel pietrisco. Mi sa che c'è realmente un angelo a proteggerlo, non una ma ben due volte nello stesso giorno. Ritrovatosi dopo l'ultimo momento d'alta tensione della giornata tutti insieme, si dirigono finalmente nella loro umile dimora. Ma qualcos'altro li ferma, il telefono di Andrea che squilla; il nome gli è familiare, per questo risponde subito ma dimenticatosi completamente dell'impegno preso qualche giorno fa. Fermo sul cancello che richiude saldamente alle sue spalle, si asciuga come meglio può la faccia <Uff,  Uff> ascoltando le parole che gli arrivano dall'altoparlante del telefono. Gli altri due potranno sentire senza problemi data la poca distanza che li separa e la voce è subito familiare: <Stiamo alla stazione Andreeeeea Andreeeeea>.

L'alba della nuova ScarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora