"Jimin, tutto bene?" esordì nuovamente Taehyung mentre sventolava allarmato la mano davanti il volto del ragazzo di fronte a lui, immobile e visibilmente confuso.Non conosceva la corretta risposta a quella domanda.
Si limitò ad accennare un leggero sorriso, l'unica cosa di cui era assolutamente certo era la presenza della sensazione sgradevole nel retro della gola e alla bocca dello stomaco che era solito provare ogni qualvolta sentisse prossima la necessità di piangere, con annesso campanello d'allarme di occhi vitrei colmi di imminenti lacrime.
Fu troppo tardi quando Jimin realizzò di trovarsi davanti la propria porta di casa, intento a maneggiare sonoramente il mazzo di chiavi con mani tremolanti che cadde inevitabilmente a terra, il tintinnio risuonò per tutta la scala del condominio. Dopo aver finalmente ammesso a sé stesso di non avere abbastanza forze per provare ad entrare - la vista gli si era ormai offuscata e faceva fatica a respirare- si lasciò cadere a terra senza particolare prudenza, stanco.
Accadde però che proprio dalla porta accanto sbucò sbrigativamente un ragazzo poco più giovane, anche lui sembrava avere una certa fretta nel cercare la giusta chiave mentre combatteva con il manico della custodia di una chitarra che non voleva saperne di rimanere ferma sulla sua spalla. Una volta spostato lo sguardo sulla figura accasciata a terra ci mise relativamente poco a rinunciare a qualunque impegno lo teneva occupato, anche se non nascondeva l'urgenza di dover necessariamente sbrigarsi, posò la chitarra e posò una mano sulla spalla del ragazzo.
"Tutto bene?"Furono quelle due ennesime parole a risvegliare Jimin dal profondo stato meditativo e che lo fecero istintivamente afferrare il polso del suo giovane soccorritore.
"NO!" chiuse gli occhi e gridò, forse un po' troppo forte, ma si sentì così leggero da non accorgersi che davanti a lui in realtà non c'era più il suo amico Taehyung da un bel pezzo.
Entrambi disorientati l'uno dal gesto dell'altro, si guardarono per una manciata di secondi che assomigliarono più ad un'estesissima ambigua pausa di riflessione.
Il ragazzo inginocchiato non fece in tempo a domandare altro che lo precedette Jimin, visibilmente in imbarazzo ed evasivo."Scusami, non volevo reagire così..." chinò il capo in segno di scuse e pensò di aver collezionato l'ennesima figuraccia - se non la peggiore - da quando si trasferì in quel condominio.
In quel momento capì che forse avrebbe preferito rimanere alla festa con Taehyung, anche se ciò avrebbe significato esibire i sintomi di un'evidente sbronza, ormai non sapeva neanche se fosse stata lei o qualcos'altro a farlo sentire così deplorevole.
E a peggiorare la situazione fu quel contesto non poco imbarazzante, era riuscito senza alcun ritegno a passare come l'ennesimo ubriacone senza speranza che torna a casa dopo aver bevuto fino a rischiare il coma etilico. Tutto ciò davanti... chi era lui? Non lo aveva mai visto prima, giurava di ricordarsi del suo vicino come una donna sulla cinquantina in compagnia di un cane di piccola taglia. Eppure davanti a lui non c'era niente di tutto ciò, si chiese se non fosse anche quella un'allucinazione causata dalla sbronza.
Quello che si venne a creare fu un silenzio fino troppo fitto e soffocante fra i due, Jimin azzardò un'occhiata veloce al ragazzo davanti a lui che aveva invece assunto un'espressione distesa e rassicurante, non nascondeva però un velo di preoccupazione.
Si guardarono nuovamente, lo sguardo attento dello sconosciuto si rifletteva negli occhi socchiusi dalle palpebre pesanti di Jimin e si sentì bruciare ogni centimetro della pelle dall'umiliazione ed era sicuro, da allora in avanti, che sarebbe stato vittima di derisione fino al prossimo trasloco.
Ruppe l'insistente rumore di fondo dei suoi pensieri proprio il ragazzo davanti a lui, afferrando il braccio del poveretto a terra fece attenzione ad aiutarlo a sollevarsi da quella posizione scomoda, ma Jimin sentiva le gambe troppo deboli per riuscire a collaborare. Una volta trovata la posizione ideale per poter fare qualche passo, il giusto per aiutarlo ad entrare in casa, il ragazzo più piccolo afferrò la mano di Jimin che stringeva le chiavi.
"Posso?"
Jimin trovò insolito riservare così tanta premura al il primo malcapitato ubriaco fradicio, in quella posizione lo sconosciuto e misterioso nuovo vicino di casa avrebbe potuto con tutta tranquillità approfittare della sua fragilità, invece si trovò sorprendentemente dinnanzi un tipo così sincero da chiedergli addirittura il permesso di aprire casa. Annuì leggermente ma quanto bastava per farsi capire.
Sentiva i sensi ancora troppo amplificati per riuscire a razionalizzare, ragionare o quanto meno provare a rivolgersi al suo aiutante gli sembrava un'azione tremendamente impegnativa, ma le parole decisero di scivolargli dalle labbra senza pensarci troppo, echeggiarono nell'appartamento come suoni lontani.
"Perché mi stai aiutando?" Jimin accennò al suo braccio che il ragazzo teneva penzoloni intorno alle sue spalle, indirizzò poi lo sguardo sul suo volto.
"Come ti chiami?" insistette vedendo imperterrito il suo interlocutore -- che tanto interlocutore non era --, piuttosto impegnato a cercare la camera da letto.
"Hey... sto parlando con te..." l'indice della mano del braccio libero si piazzò con temerarietà inopportuna sulla tempia del ragazzo, picchiettò ritmicamente fino a guadagnarsi l'attenzione che stava richiedendo con così tanta urgenza.
"Jungkook, mi chiamo Jungkook" rispose sbrigativo accennando un sorriso mentre accompagnava il corpo di Jimin sul letto.
"Bel nome, Jungkook" inspirò sonoramente osservando il soffitto scuro sopra di lui. Si sentiva leggero, i suoi problemi che tanto lo appesantivano erano come d'un tratto svaniti nel buio della stanza, quasi sembravano ricordi lontani. Sapeva benissimo però si trattasse solo di un effetto temporaneo, ma non riusciva a fare a meno di ridere fra sé e sé, quasi compiaciuto dalla capacità dell'alcol di inibire e attenuare il dolore . Jungkook lo osservava silenziosamente, vagamente incuriosito e quasi intrattenuto da quella circostanza, offrì un bicchiere d'acqua a Jimin che però rifiutò, era troppo concentrato su quel nuovo nome che lo aveva soccorso.
"Jungkook" ripeté, come per potersi ricordare quel nome una volta tornato lucido.
"Tu invece, come ti chiami?" provò a chiedere Jungkook mantenendo la giusta distanza di sicurezza per evitare qualsiasi gesto brusco o improvviso di Jimin, o peggio, che vomitasse su i suoi vestiti.
"Jimin"
"Jimin..."
Sentì una mano poggiarsi sulla sua fronte, poi tutto intorno a lui divenne piccolo, fino a sparire.
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"Mamma, perché mi hai chiamato Jimin?"
"Che domanda è?" una risata morbida accarezzò le sue gote rosee. La luce mattutina illuminava i capelli corvini della sua adorata mamma impegnata a preparare la colazione.
"E' un nome da femmina, non mi piace!"
"Ma tu sei femmina, cosa stai dicendo?"
"Mamma..." dondolava sulle punte dei piedi, le labbra contorte come a volersi trattenere, sentiva di star per commettere un colossale errore.
"E se... non fossi veramente una femmina?"
L'eco di un ceffone risuonò violento nella piccola cucina, ad accompagnarlo fu il rumore assordante della ciotola di riso che si ruppe in mille frammenti.----------
Fu la stessa luce mattutina onirica e accecante a farlo sussultare, una mano finì in fretta sul cuore e il respiro irregolare e affannato sostituì la quiete della camera.
Si pentì quasi immediatamente del brusco cambio di posizione, sentì la testa girare così forte da farlo ricadere goffamente all'indietro, combattendo con l'impulso di dare di stomaco, era troppo sfinito per potersi preoccupare di ripulire.
Approfittò della sua momentanea incapacità di muoversi dal letto per riassumere e riflettere su quanto accaduto la sera prima: si sforzò parecchio di ricordare ma nonostante tutte le buone intenzioni non riuscì a capire come riuscì a raggiungere in tutta sicurezza il letto.
Scattò d'un tratto come un interruttore nella mente di Jimin un nome a cui non seppe associare un volto, ma che lo misero inevitabilmente di fronte alla realtà -- imbarazzante -- dei fatti:Jungkook.
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(this is) home - jikook
FanfictionAccarezzandosi la pelle Jimin immaginava di venire per magia catapultato tra le braccia di qualcuno che potesse accettarlo così com'era, che potesse accogliere il suo corpo ancora così fragile e femminile. Ogni scalino che riusciva a salire lo rende...