Il risveglio

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Mi trovavo nelle strette morse delle oscuri tenebre, avvolto da un clima ghiacciato, la paura ed il freddo si unirono all'unisono  causando un sudore freddo. Una lacrima salata ed innocente scivolava lievemente sulla mia guancia come fosse lava scorrevole tra le macerie di una città distrutta. Improvvisamente mi è parso di intravvedere un debole bagliore in una vicina lontananza, ecco che il respiro si fermò, riprese qualche attimo dopo; una rapida curvatura si espanse sulla mia faccia, gli occhi mi si appannarono, non sentivo più quel maledetto silenzio tombale che apportava con sé frenetiche agitazioni.

Cercavo con le dita della mano una superficie da tastare, un oggetto da toccare, un corpo da palpare, un punto di riferimento da cui trarre forza, la forza per scappare, per allontare quel incubo straziante che divorava interiormente ogni  nervo e muscolo del mio corpo fino a rimanere spoglio, nudo davanti alla verità. La verità mi affliggeva come una freccia appuntita nel cuore, era come assistere al pestaggio di tua madre nei momenti di ubbriachezza di tuo padre, quel momento in cui vorresti avere la forza, il coraggio e la potenza di agire, di difendere lei, la donna che ti ha dato alla luce, a questa luce ormai sul punto di spegnersi.

Aprii gli occhi, vidi un albero, probabilmente un abete, il silenzio era scomparso, riuscivo a sentire il lieve suono del vento che fischettiava, il cadere delle foglie color autunno sul terreno interamente ricoperto di sottili frasche, ogni caduta era una tortura lacerante che fortemente mi colpiva il timpano.

Era cambiato qualcosa, mi stavo rendendo conto delle nuove abilità: una vista più accurata, un udito più sviluppato ed una grande scioltezza dei movimenti. Un dolore dentale mi costringeva ad aprire e chiudere ripetutamente la bocca, riuscivo a sentire la punta dei canini più acuta, il palmo della mano stava sanguinando, si era creata una situazione di totale disagio. Non riconoscevo più il mio corpo, quel che è stato per 18 anni il mio sacco di ossa, quell'imbottitura di muscoli tesi ricoperti da un strato di pelle bianca mi era difficile da identificare. Mi alzai, ma le gambe tremolanti crollarono e caddi nuovamente a terra, il secondo tentativo andò a buon fine, mi girava la testa mentre gli occhi facevano fatica ad accogliere tutta quella panoramica di luce.

Intorno a me alberi e cespugli, ero in una foresta; ma come ci ero finito? Una sbronza dopo la festa di ieri sera? Ma se cosi fosse,dov'erano gli altri, perché ero solo, ed in una foresta?! L'ultima cosa che riuscivo a ricordare era il clacson dell'auto di Silvia, davanti casa ad aspettarmi per andare al ballo di fine anno. Silvia è la mia migliore amica, una ragazza carina, simpatica e molto disponibile, anche cortese. Eh si, vado al ballo di fine anno con la mia migliore amica. Sempre meglio che mal accompagnato! Insomma, non vorrei trovarmi con qualche alcolizzata, o falsa (ancora peggio), io e Silvia ci facciamo compagnia a vicenda, migliori amici da tre anni,ne abbiamo passate tante, ed abbiamo affrontato momenti da dimenticare,ma eccoci ancora qui, noi due, una serata magica ed un paio di canzoni da ballare. Non vi ho ancora rivelato il mio nome, mi chiamo Luciano, un nome un pò banale ma ricco di storie, basta pensare al grande Luciano Pavarotti, oh..magari avessi il suo dono,ma no, sono un semplice diciottenne, in cerca di un futuro migliore di quel che è stato fino ad ora.

La mia vita cambiò radicalmente da quella notte..

Una notte magicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora