Nonostante le gambe tremolanti, cercai di rialzarmi , ci ero riuscito, finalmente stavo in piedi. Allungai la mano per soreggermi a quell'albero che mi era parso di intravvedere con la vista appannata a due passi da me. La brillante luce della volta celeste mi abbagliava i rossi occhi, provocando la fuoriuscita di un liquido che scivolava lievemente sul viso increspato dalla corta barba. Non erano lacrime, non aveva quel sapore di acqua salata di cui ti riempi i polmoni quando vai al mare, aveva un sapore di ferro, come la ruggine. Portai le mie sporche mani di melma per asciugarmi il viso, e quando guardai, era sangue!
Versare lacrime di sangue, non mi era mai accaduto prima, cosa mi stava succedendo?! La vista, l'udito, i denti ed ora il sangue. Il lacrimare si fermò. Un bramoso desiderio di fame si stava facendo spazio nel mio cervello, perché questo famelico e assettato bisogno di nutrirmi? E perché nel cervello e non nello stomaco? Ero cambiato, cercavo spiegazioni , ma le mie erano futili domande prive di risposta. In un secondo la mia vista si soffermò su un vecchio pozzo, forse da anni non più utilizzato. Mi recai il più vicino possibile, la mia intenzione era quella di scoprire l'espressione del viso, darmi una rapida sciacquata alla faccia. Dovevo assolutamente tornare a casa, ma non in quelle orribili condizioni, cosa avrebbero pensato i miei genitori?! Non dovevo domandarmelo per cercare la risposta, la sapevo già: mio padre, uomo di casa, gran lavoratore, sincero e fedele al matrimonio, mi considera un drogato; per lui sono un figlio irriconoscibile, ci unisce il sangue credo, Si, solo quello! Non avevo nulla di suo, la sua ammirata e apprezzata fedeltà, la sua innocente sincerità o quel senso di rigida giustizia. Ricordo i suoi racconti, quelle lunghe ed interminabili storie legate alla gioventù, le sue pericolose peripezie, il villaggio, il calcio, le ragazze, il mare, la libertà.
Le notti passate da sedicenne sballato nelle discoteche, le risse, i succhiotti, il sesso! Ecco, io mi specchiavo in quel riflesso, in quella tenebrosa ed oscura parte del suo carattere da ribelle, di giovane spericolato. E mia madre, forse lei si salva, ha sempre cercato di tenermi fuori dai guai, dalla mala vita, dalla droga e dagli altri emarginati della società. In lei vedevo una minuscola scintilla di speranza, come una brillante e sperduta lucciola nella buia e tenebrosa notte, come un belligerante pesce fuori acqua, ma nel medesimo tempo c'era. Ed io, come ogni adolescente ero ribelle, riluttante, trasgressivo e distante, dal mondo ma sopratutto dalla famiglia.
Il pensiero mi aveva totalmente coinvolto, ero terrorizzato alla sola meditazione, figuriamoci all'agire. Mi stavo lavando la faccia, grasse gocce di sangue color rosso chiaro cadevano sulla limpida acqua di quella catasta, era un insieme di acqua sporca e foglie giallastre scivolate giù dai vecchi ed alti alberi i cui lunghi rami fluttuavano come un leggero aquilone flottante nell'aria.
Rimasi a corto di idee, quando bruscamente un pensiero mi affiorò delicatamente la mente, perché non ci ho pensato prima? Controllai immediatamente le tasche e vi trovai dicciasette euro ed un biglietto sul quale un numero era inciso. Pensai subito ad Elisabetta, aspetta, come ci sono riuscito? Ed il nome? Uscito cosi dalla mente confusa?! Un improvviso rumore mi colpì violentemente il timpano con tanta ferocità da farmi cadere come un sasso sul suolo bagnato, in questo modo svenendo..