Quel giorno faceva caldo. Doveva essere un mese intorno giugno o luglio, non ricordo di preciso. Quel momento dell'anno dove le persone si lamentano del caldo e vorrebbero solo che arrivasse un po' di freddo, per poi lamentarsi anche di quello. Sicuramente era una bellissima giornata, luminosa quasi come a voler far rinascere il mondo, tra il suono delle campane e i vari grembiuli in aria. I bambini uscivano a fiotti dalla scuola, per poter giocare almeno un po' sotto quel sole con i propri compagni. Le madri d'altro canto, non tutte vedevano di buon occhio questo protrarsi dei propri figli nella piazzetta dinanzi alla scuola e anzi sembrava quasi divederle sciogliere sotto quel sole, per loro, cocente. Pian piano quasi tutti i bambini vennero trascinati via dalle madri, più o meno alterate e fradice, tranne qualcuno, il quale genitore magari persisteva nel chiacchierare con le maestre o altri loro amici. Tra di essi c'era Luca, nove anni, moro e di carnagione abbronzata, come si confà alle persone di origine balneare. Portava una maglietta a maniche corte blu con le onde del mare e dei pantaloncini a pinocchietto tipici dei pescatori sui moli, con il grembiule che faceva capolino da dallo zaino, malamente chiuso. Aveva finito da tempo di giocare con i suoi compagni, e ora che se ne erano andati rimaneva quasi solo ad aspettare seduto sul muretto della piazzetta. Assorto nei suoi pensieri ripensava la giornata, alla sua merenda, all'interrogazione di geografia. SI chiedeva perché dovessero studiare le varie regioni da un libro, con tre immagini in croce, e poi imparare dati e politiche, quelle cose servono solo ai grandi, si diceva. Sarebbe stato molto meglio visitare quei luoghi, per capire come ci si sente su quelle scogliere, come sono quei cibi e come si comportano veramente le persone. Pensava davvero che la pratica fosse fondamentale per imparare bene una cosa: lo sapeva bene la mamma che più di tutti alimentava questo desiderio. "Da grande sarò un archeologo e andrò a lavorare in Egitto" diceva il piccolo Luca alla madre, la quale, non poteva di certo permettersi una vacanza in Egitto, ma al tempo stesso faceva comunque trovare al figlio quei piccoli kit da archeologo, dove all'interno il massimo che si può desiderare di trovare sono delle ossa deformi di dinosauri in plastica o pezzi di verto a forma di diamante. Ma lui si divertiva comunque, e voleva molto bene a sua madre, la quale, sempre impegnata a lavorare, non disdegnava di giocare all'archeologa con il figlio quando poteva. Assorto nei suoi pensieri Luca non si rese conto che una sua compagna di classe si era seduta prepotentemente accanto a lui e continuava a chiamarlo.
>Luca! Luca! LUCAAAAAAA! CI SEIIIIIIIIIIII?
L'urlo della compagna quasi non faceva sputare le cervella al povero Luca ,il quale sobbalzò subito in piedi. La bambina portava dei lunghi codini biondi, troppo ben fatti per essere mano di una semplice bambina di 10 anni, ma con quei dettagli che facevano intuire che lo fossero, e con una stravagante maglietta rosa che sbucava da sotto il grembiule la quale era portata quasi come se non ci fosse, marchiata anche da strani scarabocchi di penna blu cancellabile.
>ANNADAIII, ti ho sempre detto di non urlare cosi nelle orecchie degli altri, mi hai fatto male...
Il ragazzino si rimise composto sulla panca, mentre scrutava con occhio astioso la compagna. Era una femminuccia strana, agli occhi di Luca ,le piaceva giocare con i maschietti a calcio e prendeva per i capelli le bambine che le davano da dire. Le maestre dicevano che era un maschiaccio e doveva essere più signorina, ma lei di far la principessa non interessava. No, lei preferirebbe di gran lunga essere un favoloso cavaliere che sconfigge i draghi e aiuta i deboli, o una cosa del genere. Per questo non aveva molte amiche e le maestre la consideravano solamente una piantagrane più sviluppata delle altre. I due presero a fissarsi con aria di sfida, tensione spezzata dalla sonora risata della ragazzina. Erano andati sempre d'accordo quei due e, anche se con caratteri diametralmente opposti, erano amici fidati. La ragazza corse veloce dalla madre, una donna corvina, alta e austera, e tornò poco dopo con due caramelle all'arancia, porgendone subito una all'amico che la offrì volentieri.
>Di solito mamma non tarda mai così tanto... chissà che fine ha fatto...
>Dai su tranquillo Luca... sarà bloccata nel traffico come tutti, sai le strade sono sempre un casino questi giorni. Mamma ha quasi rischiato di essere portata in prigione dalla polizia per arrivare qui in tempo< Anna rise, con un bellissimo sorriso adornato da un apparecchio rosa.
>Non abbiamo più la macchina, la mamma ha detto che si è rotta e l'ha portata da un nostro amico che è meccanico, credo stia venendo con la bici, fa caldo, sarebbe da lei.
In effetti alla signorina Carini, la mamma di Luca, piacevano molto i mesi estivi e primaverili perché si era più liberi di fare quello che si voleva e di stare all'aria aperta, cosa che faceva in ogni momento libero, a discapito, a volte, di sembrare spesso svampita e un poco dissoluta. Luca pensava che la mamma pensasse così tanto tempo fuori per non vedere spesso, i luoghi dove il papà passava la maggior parte del tempo, ma erano solo ipotesi. La mamma diceva spesso che Luca le ricordava molto suo padre, ma il bambino non capiva il perché.
>Forse è passata a prenderti un regalo, intendo tue mamma< Mugugnò Anna masticando la sua caramella e facendo l'equilibrista sulla panca >Magari mi facesse mia madre dei regali, ma lei è sempre, "No Anna, devi impegnarti e studiare di più gne gne gne gne"<Aggiunse poi la ragazza scimmiottando la mamma, e che quasi non faceva strozzare il suo amico con la caramella.
>Beh Anna, tua mamma lo dice per il tuo bene, e poi non ti farebbe male fare un po' come ti dice lei< Rispose Luca e l'unica risposta che ebbe dall'amica fu una sua presa in giro con una mano parlante.
I due bambini cominciarono a ridacchiare e a scambiarsi pizzicotti scherzosi, per sfogarsi un attimo dell'attenzione reciproca ricevuta. Sudati e un po' stanchi, Anna si tolse il grembiule di dosso portandolo in fretta alla mamma, la quale era al telefono ormai da un po' ed aveva uno sguardo preoccupato tipico da grandi. Appena Anna tornò da Luca, la seguì anche la madre che sbuffando un po' disse
>Luca oggi vieni con noi a casa, la mamma non si è sentita molto bene ed è dal dottore, quindi per un po' di tempo dovrai stare con noi ok?
Luca non capì subito la situazione. Continuava a guardare la mamma di Anna con sguardo confuso e gli occhi lucidi. Il suo sguardo incrociava anche ogni tanto quello dell'amica, che aveva avuto la sua stessa identica reazione.
>In che... senso... non ho capito< Luca strinse i pugni e aspetto con ansia la risposta della donna. In tutta risposta, la signora rispose dapprima con uno sbuffo, e poi, aspettato un attimo riprese a parlare.
>Allora, tua mamma è stata presa sotto mentre attraversava la strada... e il tipo che l'ha fatto non si è nemmeno preso la briga di fermarsi a vedere... certo che c'è ne è di gente brutta in giro... fatto sta che tua mamma è all'ospedale e per ora sembra stare bene circa...< La donna poi fece cenno di alzarsi al bambino per andare a casa. Forse stava pronunciando qualcosa su andare a mangiare il gelato, mentre la figlia inveiva su di lei dicendole che doveva essere più sensibile con il suo amico, ma Luca non ci sentiva quasi più. Sembrava essere entrato quasi in una sorta di stasi mistica, nel quale tutto ciò a ciò pensava era la geografia, alle belle giornate d'estate, e a quanto volesse bene alla sua mamma. Solo in questo momento si rese conto, di non avere detto abbastanza volte "Ti voglio bene "alla sua adorata mamma.