Era la notte del 17 Ottobre, mi trovavo nella mia città, a Gela, nella mia amata Sicilia.
Avevo appena terminato un'altra delle mie giornate lavorative, ero stanca e stavo nel bagno pubblico del Self Service presso il quale lavoravo, "l'Arlecchino" è il suo nome.
Mi davo una sistemata rapida e cambiai velocemente gli indumenti, per raggiungere le mie amiche che stavano in Piazza Salandra a trascorrere tranquillamente il loro sabato sera da urlo...
Arrivata lì, trascorsi la notte insieme alle mie amiche tra risate, selfie e passeggiate infinite...
Le ore scorrevano veloci e le strade si facevano sempre più buie e vuote... "sono le 3:50 e non sono ancora rientrata a casa, mia madre mi ucciderà" pensavo, mentre scorrevo i filtri su Instagram per scegliere il più bello.
Era tardi e io avevo ancora 50 minuti a piedi da affrontare per raggiungere casa...
A quel punto mi resi conto dell'incoscienza e mi alzai..."Ragazze, io vi devo salutare" dissi...
"Mia madre mi aspettava per le 2 ma arriverò all'alba se non mi affretto a rientrare..."
Le ragazze mi guardarono perplesse, non sapevano che sarei dovuta rientrare a piedi e le macchine di tutte loro erano piene.
Sul vialetto della San Francesco proprio in una delle panchine accanto alla nostra, sedeva Sofia, mia cugina.
Mi sentì dire che ero completamente a piedi e mi rispose urlando:"Tu non te ne vai da nessuna parte da sola, ti faccio accompagnare da uno dei miei amici"...
Non avevo proprio voglia di salire in sella con uno sconosciuto, soprattutto nel week-end quando tutti i ragazzi bevono svariati drink come se non ci fosse un domani, allora rifiutai e iniziai a camminare verso casa...
Camminai per circa 200 metri e improvvisamente vidi uno scooter sfrecciare verso di me... Non riuscivo a capire di chi si trattasse, le luci erano forti e chiarissime e la velocità con cui si avvicinava era spaventosa.
Erano le 4, iniziai a sentire la paura mentre i fari si facevano sempre più vicini...
Il cuore batteva in maniera martellante, quasi mi usciva dal petto...
Mi si fermò accanto, il ragazzo che stava in sella mi guardò e disse:"Sei tu Federica?"... e dopo qualche secondo di silenzio risposi.."Sì, chi sei?"...
"Sono Rocco. Tua cugina mi ha detto che avevi intenzione di tornare a casa a piedi, ma sei sicura di volerlo fare con quei tacchi ai piedi?"
Mi si colorò la faccia di mille colori dalla vergogna ma poi risposi sempre più convinta:
"Certo! Riesco a camminare con i tacchi, adesso devo andare a casa, è tardi per me."
Lo schivai ma lui mi afferrò per un braccio e mi chiese incessantemente di salire sullo scooter...
Dopo diversi tentativi di rifiuto, accettai.
Mi avvicinò il casco e lo indossai o almeno cercai di indossarlo...
"Come si incastra il laccetto rosso?" mi ripetevo nella mente... Mentre il ragazzo sorrideva sotto baffo, consapevole della mia incapacità nell'incastrare il laccetto del casco...
Stava ridendo di me e io stavo facendo una delle mie figuracce.
Diciamo che mettere il casco non mi è mai riuscito bene, dovrei imparare...
Stavamo perdendo tempo e io dovevo rientrare immediatamente.
"Per favore puoi aiutarmi a incastrare il laccetto?" chiesi, abbandonando il mio orgoglio ad occhi bassi...
A quel punto lui scoppiò a ridere, mi agganciò il casco e disse:"Dai, sali" iniziò a camminare...Sullo scooter c'era molta tensione da parte mia e molta tranquillità dalla sua parte, notai che addirittura seguiva un percorso che raddoppiava la strada piuttosto che affrettarsi a farmi rientrare, mi chiedeva cosa facessi nella vita e addirittura se fossi impegnata con qualcuno... Quando risposi:"no, non lo sono e non voglio più esserlo..." mi rispose..."una bambolina come te? davvero?"
Risi molto, era impressionante la sua capacità di farmi ridere in un momento così critico...Mi guardava dagli specchietti in continuazione e ogni qualvolta me ne accorgevo mi nascondevo dietro le sue grandi spalle...
Giunti al mio quartiere lo feci accostare qualche metro prima del mio palazzo cosicché mia madre non sentisse il rumore e non si svegliasse, spense il motore e io scesi rapidamente, tolsi il casco e glielo agganciai nell'apposito spazio poi lo guardai e sorridendogli gli dissi:"Ti devo davvero un favore, mi hai salvato la vita stasera, grazie di tutto!" e lui mi rispose:"Si ma così mi fai stare in pensiero, lasciami il tuo numero così una volta rientrata mi fai sapere se è andato tutto bene con tua madre..."
"E' una bella scusa per avere il numero, sei fantastico ma no, non ti darò il mio numero" e lo salutai ridendo...
Abitavo al secondo piano di un condominio, feci le scale a piedi scalzi con i miei tacchi a spillo in mano, se mia madre si fosse accorta dell'orario probabilmente non sarei neanche qui a scrivere... Giunta al secondo piano iniziai a far girare la chiave all'interno della serratura di quell'orribile porta in ferro, molto antiquata e rumorosa e pregavo affinché mia madre non mi sentisse rientrare.
Fortunatamente rientrai tranquillamente e corsi in camera a cambiarmi e subito dopo andai in bagno a struccarmi...
Qualche minuto dopo ero finalmente distesa comodamente sul mio letto, quando vidi il display del mio cellulare illuminarsi... Erano le cinque del mattino:"chi può essere?" pensai afferrando il cellulare che tenevo collegato al caricatore vicino al mio letto...
Era il ragazzo che mi aveva dato il passaggio, Rocco.
"tutto bene?" mi scrisse su Instagram, un social network molto diffuso tra noi ragazzi...
STAI LEGGENDO
IL CIELO NON HA LIMITI DI VELOCITÀ
Short Storyun ragazzo che sogna la sua palpitante giovinezza in sella ad uno scooter. una cicatrice nell'anima però segnerà l'autrice. non una donna tra tante, ma l'unica capace di accarezzare le sue angosce trasformandole in forza.