I fiori come parole

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King era conosciuto per la sua parlantina inesauribile, al punto tale da essere davvero fastidioso anche per i suoi amici, nonostante negli anni fossero riusciti a farci l'abitudine, ignorandolo completamente quando iniziava a blaterare senza senso, eppure in quel momento era muto come un pesce, seduto nel lato del passeggero con la testa poggiata contro il finestrino freddo, nella speranza di alleviare il martellare costante che sentiva nelle tempie. I suoi occhi scuri e allungati erano puntati sullo schermo ormai spento del suo cellulare, come se attraverso quel nero immobile avesse ancora potuto leggere l'ultimo messaggio che gli era stato inviato da Ram, il quale lo aveva guardato allontanarsi a bordo di quell'auto diretto verso sua nonna.

"Non ero ubriaco ieri notte".

Quelle cinque parole erano state sufficienti a far sprofondare il cuore di King, dilaniato tra pensieri irrequieti che rimbalzavano come palline da ping-pong nella sua mente che ripercorreva, suo malgrado, gli eventi della sera passata. Egli ricordava perfettamente il peso sulla bocca dello stomaco che si era trascinato dietro da tutta la giornata, sin da quando aveva allontanato bruscamente Ram dicendogli di godersi il viaggio con i suoi amici, un sospiro fuoriuscì dalle sue labbra, era difficile per lui poter stare al suo fianco quando aveva realizzato che non poteva più fuggire dalla consapevolezza di volere qualcosa di ben oltre l'amicizia e provava un profondo dolore per questo, dopotutto sembrava sbagliato avere quel tipo di idee verso qualcuno che si fidava tanto ciecamente di lui, si sentiva come se avesse tradito la fiducia di quel ragazzo taciturno. Questo spiegava la pessima decisione che prese quella stessa sera, ovvero affogare nell'alcol le sue preoccupazioni, ovviamente non aveva pensato a quanto fosse poco sicuro a causa delle sue già precarie condizioni di salute, con i punti alla testa che già gli avevano dato dei problemi da sobrio e neppure aveva riflettuto sul fatto che spesso gli ubbriachi parolano troppo, ecco forse sarebbe meglio dire che non aveva pensato affatto.

Per questo la nottata era terminata con lui che veniva trascinato dal più alto nella tenda che condividevano insieme e disinibito da quello che aveva ingurgitato, aveva finito con il cercare di spingere via Ram in maniera davvero brutale sia nelle parole che nei gesti e solo nel silenzio dell'abitacolo, con la mente non più appannata, si era reso conto dell'espressione addolarata del ragazzo che amava o di come gli avesse detto che non se ne sarebbe andato finché non gli avesse detto il motivo, in preda alla sbronza non aveva neppure percepito come la sua voce avesse tremato, nel capire come lo aveva fatto sentire una fitta dolorosa lo spinse incosciamente a stringere tra le dita il tessuto della propria magliettal ora che era lucido poteva afferarre tutti i dettagli che non aveva colto la notte. Prese un grosso respiro per poi espirare profondamente, lasciando che le parole che disse riaffiorassero alla sua mente: «Perché è una tortura! Mi sento tormentato» «A causa mia?» rammentava di aver annuito, sapeva che non era colpa sua ma non sembrava riuscire a fermarsi: «Si!Perché mi fai stare bene, è una tortura» aveva ignorato l'espressione abbattuta di Ram e aveva continuato impossessato dalla frustrazione che lo aveva perseguitato per settimane: «Lo sai quant'è difficile per me tratteneremi quando ti sono vicino?» e ancora una volta aveva ripetuto che era una tortura «Perciò voglio che tu mia stia lontano, così non dovrò più provare questo dolore, è questa la ragione, ora lo sai, soddisfatto?Sei soddisfatto?!» aveva urlato spingendolo e se normalmente la sua forza non avrebbe potuto smuovere di un centimetro quel lottatore di box professionista, in quel momentò basto perché cadesse.

Poi però Ram si era alzato e per qualche assurda ragione King aveva creduto che fosse una buona idea tirarselo contro e baciarlo e se tutto quello che era successo quella notte era leggermente sbiadito, ma comunque rintracciabile nei suoi ricordi con un po' di sforzo, il momento nel quale si era allontanato e le grandi mani gentili del più alto si erano posate sulle sue guancie, con i pollici che le avevano accarezzate brevemente, per poi avvicinarlo al viso del loro proprietario in un altro contatto, era impresso a fuoco nella sua mente. Le loro labbra si erano unite ancora ed ancora in quella piccola tenda, con un calore rassicurante che ancora permaneva nel suo petto, chiedendosi il motivo per il quale fosse riuscito a notare la dolcezza nei gesti del più giovane solo in quel momento, scosse la testa per liberarsi dei troppi pensieri che la affollavano e si voltò contro il finestrino, osservando la natura abbracciare la strada che stava percorrendo, pregava che in qualche modo potesse dirgli come comportarsi ed ecco che, come ad esaurire le sue preghiera, una rivelazione mise a tacere tutto il suo panico, lasciandolo spiazzato: Ram aveva detto che quella sera non era ubbriaco, ciò significava che era cosciente di quello che stava facendo quando aveva scelto di baciarlo. Forse ricambiava i suoi sentimenti?

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