IL TAVOLO DA PRANZO

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Un tavolo da pranzo

Un vecchio tavolo da pranzo, pesante, malridotto dai continui cambi d'uso e ormai logoro e sfiancato, giaceva sfinito fra le ciarpamerie di un vetusto rigattiere. Nessun pregio nè valore artistico, persino ingombrante da portare via; poichè nessun acquirente gira fra i mercatini domenicali con il carretto o un furgone.

Io si, mi interessa ascoltare i racconti che i tavoli da pranzo sanno raccontare. Profumi di farina, di pasta fatta in casa, tovaglie ricamate, grida di bambini che ci giocano sotto, attorno, e a volta anche sopra, quando i grandi non vedono. Non possiedo un laboratorio di restauro, uso il garage, qui scarico le tensioni del lavoro e della convivenza con il genere umano.

Quando termino il restauro di uno di questi tavoli, che come i grani di un rosario si susseguono, cerco un conoscente a cui regalarlo, mi serve liberare il garage per accogliere e curare un nuovo ferito grave. Il garage è una tenda della Croce Rossa sul campo di battaglia. Un avamposto con una missione umanitaria: "Salvare questi giganti". Con le uniche armi della pazienza e di pochi attrezzi.

Rovesciato sul pavimento il pesante tavolo, si inizia con lo smontare le gambe, che sono le più martoriate. Saranno però le ultime ad essere restaurate, precedenza al ripiano e al sottoripiano.

Polvere di segatura e colla, trementina, stucco, antitarlo, olio di gomito: ricetta di una pozione magica. Manca solo il pentolone. Lunghe serate di carta vetrata ci aspettano mio caro.

Il ripiano è formato da due superfici sovrapposte, che nel tempo si sono distanziate, crepe e fessure hanno creato un intercapedine fra i due strati. Il ripiano superiore, un tempo impiallicciato in piuma di mogano, suona come un tamburo scordato e trema come il dente di un bambino. Quello inferiore, in massello sempre di mogano ospita intere generazioni di tarli, che si considerano ormai a casa loro da immemore tempo.

Qualcuno dei vecchi proprietari, per non far ballare il ripiano, ha pensato bene di riempire l'intercapedine con dei fogli di carta; smontate le assi tarlate, scopro che non si tratta di fogli di carta, ma di lettere. Sono in totale quattro lettere, incuriosito le apro per leggerle, forse non dovrei, ma la curiosità è forte. Due sono scritte con calligrafia maschile e sono perfette, senza errori e cancellature, insomma scritte in bella copia; le altre due invece sono scritte e riscritte, ci sono cancellature e riporti, aggiunte e correzioni e si vede che sono state scritte da mano femminile. Sono lettere d'amore. Non è semplice leggerle, perchè la scrittura è svolazzante, l'inchiostro è sbavato e in alcuni tratti svanito. Il tempo e l'umidità hanno fatto il resto. Si colgono alcuni passaggi, come per esempio: "Concedimi di passeggiare lungo i solchi dei tuoi pensieri più intimi, lasciami essere come è l'amore: dolce e tempestoso. Forte eppur fugace, bellezza, estasi, tormento. Non si riesce a leggere... Donami la possibilità di far vibrare tutte le stelle dei tuoi cieli. Liberami da questa magia che a te mi conduce, e a cui non voglio resistere, tu fonte di turbolenze e rimestamenti, caos e creatività, vita e dolore, vita e passione, vita e risate, vita e futuro..." poi non si capisce bene e più avanti "Davanti a due semplici occhi marrone, mi scopro commosso e indifeso, occhi caldi color del bosco, ci giocavo dentro da bambino, e guardandoli, sento ancora il profumo dei castagni, del muschio, dei funghi e i raggi di sole che filtrano fra il fogliame mi fanno chiudere i miei di occhi e con gli occhi chiusi è ancora bello perdermi dentro il dolce abbraccio del bosco.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 29, 2022 ⏰

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