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«Non posso aiutarti.» guardò un punto distante.
«Perché?» controllai l'ora per l'ennesima volta.
Indossava una polo bianca con le strisce rosse orizzontali. Attirò la mia attenzione solo per la farfalla ricamata sulla spalla.
«Perché mi caccio nei guai anche io.» rispose.
Sembrò dare per scontato la risposta, e per questo mi imbarazzai.
Cercai di schiacciare l'ansia girando intorno all'albero che emanava un piacevole odore della corteccia. Feci uno, due e tre giri.
«Cosa dovrei fare adesso, secondo te?» corrugai la fronte in una smorfia preoccupata.
Un venticello soffocante mi investì.
«Sicuramente girare intorno a questo albero non ti aiuterà.» mi afferrò il polso.
Controllai l'ora. Mi mancavano quindici minuti.
Tirò fuori il telefono.
«Scambiamoci i numeri.» mi fece vedere il suo.
Sorrisi. Era lo stesso Giorgio di sempre.
Mi diede una pacca sulla spalla.
Cercai di fare una strada meno visibile. Per non dare nell'occhio. La strada per le gare di corsa, le farfalline, il solletico dell'erba secca. Mi accompagnarono fino alla casa. Osservai. Non c'era nessuno nel giardino, e le persiane, a parte quella della mia stanza, erano chiuse. Scivolai all'interno del giardino. Sotto ai miei piedi, la terra era bagnata. La nonna ci era passata per annaffiarle. Corsi tra le piante e saltai nella camera. La porta della camera era chiusa.
Sentì delle voci. Buttai in un angolo le scarpe e il marsupio, e cercai di sistemare il letto in fretta. Fu una questione di secondi. Il cuore mi batteva forte. Chiusi l'armadio con dentro i due cuscini proprio quando entrò lei nella stanza. Il cuore continuò a battermi più forte.
Mi scrutò dall'alto al basso.
«Cosa hai fatto nell'ultima mezz'ora?» Mi si avvicinò. Profumava.
«Ho dormito. Perché?» feci finta di niente. Nascosi la mano tremolante dietro la schiena.
«Niente.» si affrettò a dire. Diede qualche occhiata qua e là per la stanza e disse a Tommaso di seguirla. Guardai Alex che si intrufolò nella stanza in quell'istante.
«Sei tornato in tempo.» mormorò passandomi accanto. Mi avvicinai alla porta e la chiusi.
Ora Alex doveva raccontarmi tutto. In pochi istanti mi trovai davanti a lui. Mi fece il segno di sedermi.
«Racconta.» mi sporsi verso di lui fino a cedere e cadere accanto a lui. Trattenne la risata. Arrossii leggermente.
«Tommaso ha scoperto il trucco. Voleva farti passare grossi guai, ma sei tornato in tempo.» Sorrise.
«Che spia...» roteai gli occhi.
Un po' me lo aspettavo. Lui sapeva cosa ha fatto e non voleva che uscisse fuori tutto.
«Mi dispiace che tu non l'abbia visto!» gesticolò e mi colpì qualche volta.
Iniziai a ridere.
«Calmati!» balbettai tra le risate.
Mi sembrò di avere ancora dieci anni, io e lui sempre insieme. Non come fin'ora, senza nemmeno rivolgerci la parola.
«Da te com'è andata?» mormorò.
Mi tornò in mente quel momento, tra me e Giorgio. Il suo sguardo, le parole che ci siamo scambiate.
Mi guardai intorno.
«Ha accettato di aiutarci. Ho il suo numero per parlarne.»
Sembrò pensarci. Annuì con forza.

A quell'ora arrivò il momento di pranzare. Tutti riuniti. Persino mio nonno era lì, su una delle sedie. Non l'avevo ancora visto, in quei giorni. Me ne vergognai un po'. 'Un saluto non poteva farmi del male, no?' mi dissi.
Era accanto a me. Mi feci coraggio. Quando notai che gli altri erano occupati nelle loro chiacchiere, mi sporsi lui.
«Come stai?» Presi un'altra forchettata di pasta.
«Bene.» gracchiò.
Me ne tornai sul mio posto. Non potei lasciar stare, così lo guardai di nuovo.
«Ho sentito che sei stato male, cos'è successo?»
Mangiai un altro boccone di pasta. Lo vidi fare altrettanto.
«Polmonite.» parlò con la bocca piena.
Roteai gli occhi. Se non voleva parlarmi, bastava dirlo! Quel suo cercare di ignorarmi mi infastidì. Mi alzai in piedi.
«Ho fatto.» borbottai.
Attirai l'attenzione di tutti senza nemmeno volerlo. Cercai di sorridere un po'. Pensai che presentandomi meglio davanti a loro, mi avrebbero preso piùsul serio, quando parlavo.
«Ho finito di mangiare.» mi corressi.
Mia madre mi fece il segno di sedermi. La guardai con l'aria interrogativa. Tornai a sedermi.
«Dobbiamo parlare tutti insieme.» aggiunse. Mangiò un altro boccone di pasta.
L'ansia mi salì ai livelli assurdi e il cuore mi cominciò a battere più velocemente.
Voleva parlare ancora di quella cosa? Sicuro, non era successo altro, anzi. Mio nonno sembrava riprendersi. Anche se la sua voglia di chiacchierare era pari a zero. Lo potevo pure capire, ha rischiato di lasciarci le penne, qualche settimana prima. Ma il modo in cui mi ha risposto non mi scese giù del tutto. Gli guardai uno per uno. Nessuno di loro sembrava preoccuparsi per quello che sarebbe successo dopo. Erano illuminati nel parlare. Alex mi sorrise, quando notò che lo stavo guardando. Pensai che fosse una fortuna, aver ripreso i contatti con lui. Era come un alleato segreto. Quest'idea mi eccitò parecchio.
Mia madre posò la forchetta. Ci fu una pausa di silenzio. L'aria era tesa a tavola. Ogni rumore sembrava essere fuori luogo. Uno dopo altro, finirono anche gli altri di mangiare.
«Ora che avete finito tutti, devo parlarvi di qualche cosa.» Mi tremò la mano. La nascosi sotto il tavolo.
'Non ricominciare' chiusi addirittura gli occhi, per non vedere le loro facce.
«Parto dalla più importante: torneremo a casa un mese prima.»
Alzai lo sguardo. Eravamo tutti e tre confusi. Perché? Non era mai successo prima, perché proprio quest'anno?
«Come mai?» sbottai d'improvviso e mi sporsi verso di lei.
Non mi sembrò una coincidenza, ma non lo dissi. Non volevo andarmene, io volevo solo stare con Giorgio.
«Papà tornerà a casa prima.» rispose indifferente.
Mi ritirai a sedere. Non volevo tornare a casa, lì non avevo Giorgio con il quale passare le giornate. Ero solo, nella mia città. Nessuno mi parlava mai, nemmeno i miei compagni di classe. Qui ero riuscito a farmi un amico. Che non potevo incontrare mai per via della mia punizione. Schiacciai quei pensieri per vedere cosa stava succedendo intorno a me.
«...Non cambierò idea.» sentii solo la fine della frase di mia madre.
Tommaso incrociò le mani e guardò un punto oltre il tavolo.
«Possiamo continuare?» Ci guardò tutti e tre, uno per uno.
L'unico ad annuire fu Alex.
«Il nonno tornerà a dormire con me.» disse la nonna, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo.
Festeggiai tra me e me: sarei tornato nella mia stanza, da solo.
«Dato che Tommaso ha problemi a condividere in pace la stanza con voi -indicò me e Alex-, ci andrà lui.» per poco non mi strozzai con l'aria.
Ero io il problema, perché non mi ci ha mandato? Tommaso rimase in silenzio. Forse gliel'ha chiesto lui? E perché, lui e Alex non litigavano mai. I nonni si alzarono dalla tavolo nello stesso momento.
Lui se ne andò senza commentare.
«Ricordati l'ultima cosa.» ai riferì a mia madre.
Lei annuì. Ci fu qualche secondo di silenzio, mentre la nonna usciva dalla stanza.
«Samuele, voglio incontrare quel ragazzino.» disse d'un fiato.
Fui invaso da una speranza improvvisa. Era così facile?

Spazio scrittrice
Come state?
Scusatemi per questo gigantesco ritardo. Spero vi piaccia lo stesso, e se non avete letto l'annuncio in bacheca, d'ora in poi i personaggi hanno 14 anni ( parlo di Samuele e i suoi coetanei, Tommaso ne ha 16 ). Cercherò di non farvelo notare, ma vi chiedo di chiudere un occhio, quando succede.
Vi è piaciuto? In questo capitolo accadono un po' di cose, spero di non confondervi hahahhah.

E niente,

Buona lettura personcine!

Come Le Rondini In VoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora