Capitolo 2

6 1 0
                                    


22 Dicembre 2020

Sono passati più di due mesi, da quel giorno. Il giorno in cui ho avuto, per la prima volta una tipica fitta. Tipica per il Sarcoma di Ewing, un tumore alla tibia, statomi diagnosticato un paio di settimane fa.

Da quel giorno la mia vita è cambiata, e, da come ho capito, quello era solo l'inizio. Il dottore mi ha spiegato che dovrò essere ricoverata in un ospedale specializzato in tumori e malattie gravi. Questo ospedale si trova in Sicilia, lontanissimo dalla mia Roma. Ormai ho 17 anni, e posso cavarmela da sola, quindi ho deciso di partire senza i miei genitori: hanno già molti problemi, non voglio che cambino vita solo per colpa mia. L'ospedale dona affitto ai malati, quindi sarà come stare in un hotel un po'... diverso. Li ho rassicurati che starò bene, e che farò tutte le cure. Loro volevano venire a trovarmi ogni settimana, ma sono riuscita a spostare il tutto a due settimane. Abbiamo problemi economici, soprattutto per colpa della malattia, e non possono permettersi di spendere circa duecento euro ogni settimana. Peraltro siamo nel periodo natalizio, dove la gente parte per le vacanze, e i prezzi dei voli aumentano. Sarà il primo Natale, che passerò senza di loro. Ho detto che li chiamerò tutti i giorni, e che gli racconterò tutto, ma non lo farò: so che soffrirò, e non voglio che si preoccupino. So che sarà difficile, e che potrei morire, anche senza loro accanto. So che dovrò curarmi, ma non posso arrendermi.

Partirò domani, e spero che vada tutto bene.


23 Dicembre 2021

Stanotte non ho dormito per niente. Insomma, non c'è molto per cui avere ansia, ma domani conoscerò il posto dove passerò molti mesi, avrò una camera e una compagna di stanza, farò delle visite e spero che la situazione non sia peggiorata ulteriormente.

Mi preparo in fretta, carico la valigia sull'auto, e parto.

Dopo un'ora di viaggio in auto arriviamo all'aeroporto, dove devo salutare i miei genitori.

Mamma piange, papà pure. Marco, mio fratello, mi sorride, per incoraggiamento. Mi abbracciano tutti come se fosse l'ultima volta. Io cerco di farmi forte, e gli faccio credere di stare bene. Devo fingere. Devo far finta di non stare male, devo far finta di credere che andrà tutto bene, e devo far finta che questa potrebbe non essere l'ultima volta che li vedo.

-Hai preso la valigia?- chiede mia mamma.

-Sì, mamma, tranquilla-

-E i documenti?-

-Sì, mamma-

-E delle giacche? Qua sembra far freddo ... -

-E' quasi Natale, mamma, è ovvio che faccia freddo ... comunque le ho prese-

-E ... -

-Mamma. Basta. Tranquilla. Starò bene.-

Lei mi abbraccia, piangendo.

-Ti voglio bene, tesoro-

-Anche io, mamma-

I miei salgono in macchina, e, lentamente, se ne vanno. Li saluto con la mano, e, anch'io mi avvio verso il gate. Prendo un aereo, anche se ho paura di volare, e, per tutto il tempo cerco di non pensare a niente, ma, come sempre, i pensieri mi catturano, mi legano ed è come se mi togliessero l'aria dai polmoni. Sono sfinita. Dopo un'ora, il pilota fa atterrare l'aereo in un modo a dir poco pessimo. Vedo l'aeroporto pieno di persone con cartelli, per ritrovare le persone care, ma nessuno cerca me. Sono sola. Completamente sola. Vado verso la zona autobus e prendo l'autobus che mio padre ha detto che avrei dovuto prendere. Dopo due ore abbondanti di viaggio, arrivo all'ospedale.

Me lo immaginavo più grande, immerso nella città, tra gas e fumi vari, e invece ... è solo un piccolo ospedale, di circa tre piani, immerso nella natura. C'è un campo di ... olivi, credo, e ci sono tanti alberi ben curati. L'esterno dell'edificio è bianco, come quasi tutti gli ospedali. Entro, timorosa, e, la pace che c'era fuori, resta anche dentro. Non è un ospedale come gli altri, pieno di grida e dolore, ... questo sembra gioioso, non so perché. Certo, la gente sta male comunque, ma qua sembra che la situazione non sia così grave.

Accendo il telefono, e rileggo l'e-mail dove mi dicono dove andare:

Dott.ssa Anita Frizzi, secondo piano.

Salgo le scale, e cerco dappertutto, ma non trovo questo studio. Questo ospedale è più grande di quanto credessi. L'interno, però, è colorato: ci sono pareti gialle, verdi, rosse, blu ... quindi dovrebbe essere più facile orientarsi, una volta conosciuto il posto. Continuo a cercare, e inizio ad andare in panico, senza nemmeno sapere il perché. Non posso arrivare in ritardo il primo giorno, e devo trovare quello studio. Inizio a correre, per trovarlo prima.

Mentre corro, scontro un ragazzo altissimo e sono contenta di aver finalmente trovato qualcuno a cui chiedere informazioni.

-Tutto ok?- mi chiede.

-Ehm ... si ... cioè no. -

- Sì o no?-

Rido: - Sono nuova, e dovrei andare dalla dottoressa Frizzi, ma non trovo il suo studio-

-Ah. Frizzi. - cambia espressione.

-C'è qualche problema?-

-Nono ... solo che ... niente ... se vuoi ti accompagno io-

-Grazie!-

Mi fa segno di seguirlo, con la testa. Ero passata davanti quello studio due volte, ma non l'avevo proprio notato ... che sbadata! Ringrazio ancora il ragazzo che mi aveva aiutato, busso alla porta, ed entro.


SECONDO CAPITOLO... ANCHE QUESTO MOLTO MA MOLTO FRETTOLOSO ... MI SCUSO TERRIBILMENTE, MA QUESTE SONO COME DELLE PICCOLE INTRODUZIONI CHE PORTERANNO, POI, AL VERO E PROPRIO LIBRO. DAI PROSSIMI CAPITOLI LA NARRAZIONE CAMBIERA', E SPERO VI PIACCIA. QUESTA E' LA PRIMA STORIA CHE PORTO SU WATTPAD, E SPERO VI PIACCIA. RIPETO CHE E' ANCORA TROPPO PRESTO PER SMETTERE DI LEGGERE QUESTA STORIA, PERCHE' NON SARA' TUTTA COSI'. GRAZIE MILLE PER LA COMPRENSIONE!

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 08, 2022 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Abbi cura di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora