Ilaria ha sempre vissuto a braccetto con il vento, un intreccio di materie che si mescolano in una sola, virtuosamente sempre in movimento. Il suo corpo si sfumava nell'etere quando le particelle di sudore, brillanti di luce riflessa, si volatilizzavano, e il sole dipingeva col rimbalzare sfrenato dei suoi raggi un'opera d'arte unica, che le donava un'aura divina. Vento favorevole per lei, sempre ispirata, spinta da quel dinamico spostamento di nulla; armoniosa magia, donatrice della vita perfetta che stava avendo. Era convinta che fosse stato proprio lui, con una lieve brezza, a continuare a spingerla fino a quando è dovuta nascere, e si è dovuta fermare, in quell'esatto punto immacolato. Il destino, famoso per la sua crudeltà, non è altro che un inesorabile raffica, un vortice di affanni e avversità; ma con lei era un delicato spiro di Zefiro, quel dio di cui era la prediletta, che soffia fresco da Ponente, e il cui contrasto con il tepore solare provoca un brivido di piacere che fa intirizzire la pelle, delicato stratagemma per riportarti alla realtà così da ricordarti della fortuna di esser vivo.
Il padre era un omino a cui i capelli restavano aggrappati precari soltanto ai lati, e il cui esile corpo faceva tuttavia emergere una smisurata bontà. Aveva avuto successo in uno di quegli ambiti come la chimica, o forse la meccanica (non se ne era mai interessata davvero), e così riusciva sempre ad accontentare la moglie con i suoi desideri onirici di viaggi in paesi bizzarri, frutto di una fantasia alimentata dalla voglia di fare esperienze piene; esplosioni di meraviglia. A Ilaria non era mai piaciuto viaggiare, non era nel suo gusto correre alla ricerca di ricordi da creare, le piaceva la vita a casa, con le persone che amava e le sue abitudini, giornate schematiche e non sfiancanti; e poi il vento soffiava diverso dalle altre parti, facendole smarrire ogni riferimento. Andava sempre a finire che ritrovava in quella nuova corrente d'aria il suo amico fidato solo quando arrivava il momento di ripartire, perdendosi così il relax e il fervore della vacanza. L'unica cosa che riusciva davvero a emozionarla di quei bruschi spostamenti era il volo in aereo; quel mostro di ferro con due ali innaturali che solcava i cieli, e le permetteva di osservare il mondo dall'alto verso il basso, cullata da quella burrascosa sinfonia ad alta quota.
Altre volte aveva volato.
La prima volta a sette anni: il giorno in cui riconobbe definitivamente la centralità del vento nella sua vita; amore finalmente corrisposto. Il padre, dall'animo avventuriero, la aveva portata con sé a fare skydiving. Intanto che aspettava di raggiungere un'altitudine accettabile osservava stupefatta l'aliante che veniva trainato dal loro velivolo, pronto a librarsi in modo naturale nell'aria, senza l'artificiosa mano umana; ci si rivedeva senza rendersene conto. Stava attaccata al petto del papà con una tutina che le stringeva la pelle. Seppur non libera di muoversi, la velocità con cui il vento entrava dal portellone e si infrangeva su di loro si portò via ogni pensiero. Si lanciarono e sentì addosso a sé tutto il peso dell'innocenza che il mondo nascondeva, la purezza le accarezzava il viso con particolare affetto, riservato; si sarebbe potuta addormentare. Quando il paracadute si aprì l'aria lo gonfiò come un pittore riempie una tela e restarono lì a galla, scendendo dondolandosi docili nel cielo. La magia si concluse di colpo, al contatto con la terra, e con il rumore del paracadute che si sgonfiava coprendoli. Entrambi vuoti d'improvviso.
Perché tornasse dovette aspettare nove anni, quando le venne offerta l'opportunità di provare il deltaplano e, senza nemmeno pensarci, accettò. Poteva muoversi ovunque volesse nell'infinità, con quella vela triangolare che sferzava l'aria gentilmente. Libera come un'aquila, o una cicogna dal bianco candore delle piume. Per quella mezz'ora Ilaria era superiore a ogni cosa, vincolata solo da sé stessa. Irreale come i problemi di ogni giorno rimasero ancora ancorati a terra. Ad aspettarla.
La gente è convinta che si comincia a vivere quando si nasce, coraggioso gesto del nostro corpo; i più temerari arrivano a pensare che sia il giorno del proprio concepimento, nove mesi prima. Lei era certa che l'inizio fosse stabilito dal primo ricordo.
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Tiểu Thuyết ChungUna raccolta di ciò che scrivo, principalmente brevi racconti; inquietanti o solo dinamici.