La promessa

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1693, Contea di Essex

La luna era così grande nel cielo che sembrava stesse per cadere addosso alla folla radunata nella piazza per assistere all'impiccagione della strega. L'evento era stato anticipato per evitare che la sua congrega potesse provare a liberarla.
Ogni cosa nella notte appariva troppo vivida e profonda in quella luce pallida. Persino il respiro mutava in una nuvola di vapore così densa e gonfia da essere irreale. Nessuno degli astanti emetteva un suono, troppo ansiosi di sbarazzarsi della donna che aveva provocato tante sciagure nel villaggio.
Anche la strega stava muta. Aveva seguito docilmente il boia con le mani legate dietro la schiena, senza che dai lineamenti raffinati trasparisse la paura. Gli occhi intelligenti e verdissimi fissavano un punto preciso tra la folla. Si trattava di un uomo incappucciato; anche lui non smetteva di fissarla. Una sorta di conversazione muta stava avvenendo tra di loro. Un addio e una promessa.

Un alito di vento agitò le chiome fulve della donna. Lei allora offrì il collo da cigno al cappio con un sospiro. Il prete, accanto al boia, cominciò a blaterare formule sacre. L'uomo incappucciato sogghignò.
Fu la corda troppo sottile, o forse l'altezza del patibolo eccessiva, fatto sta che la testa della donna fu troncata di netto dal nodo scorsoio, e rotolò volando tra la folla che cominciò a urlare per il disgusto.
L'uomo incappucciato la guardò con un misto di nostalgia, poi girò le spalle alla macabra scena e s'incamminò fuori dal villaggio, verso il bosco. Era tempo di lasciare quel posto.

***

2022, Praga

Elisa camminava sui ciottoli ovattati dalla neve rabbrividendo. Era buio e faceva freddo; in pieno inverno il sole non sorgeva fino alle otto. Eppure era incantevole. La neve che cadeva e l'ora mattutina dipingevano una Praga spettrale, come un'antica lastra fotografica, tutta argento e foschia. Sulla grande strada lungo il fiume, i tram e gli autobus passavano, dando alla città un sentore di modernità, ma nelle stradine silenziose la pace invernale sarebbe potuta provenire da un'altra epoca. Neve, pietra e luce.

La ragazza aveva negli occhi verdissimi una luce tutta nuova, anche se di tanto in tanto un piccolo morso d'amarezza alla guancia la spegneva. Una fitta di struggimento, a cui non sapeva dare un nome, si intrometteva in tutto ciò che faceva, come se alla sua vita mancasse qualcosa. Anche in quel momento, in cui stava per recarsi all'appuntamento che avrebbe potuto dare una svolta alla carriera, quell'ansia senza nome si intrometteva. Ma lei, come sempre, l' accantonava, risoluta, pronta a fare finta che non esistesse.
In una mano teneva una tazza di caffè e con l'altra il cappotto ben chiuso. Da una spalla pendeva una cartella con dentro dei progetti e i capelli sciolti, lunghi e rossi, trattenevano un merletto di fiocchi di neve.

Il cliente le aveva dato appuntamento in una casa nel quartiere della Città Piccola. Evitò di fermarsi ad ammirare estasiata le case e i palazzi, il cui stato di conservazione era straordinario, nonostante ci fosse passata la guerra e fossero trascorsi secoli.
Seguì il cartello con su scritto cesta ztracena e cercò il numero 666. Lo trovò con facilità, in fondo al vialetto.
La grande casa aveva un aspetto singolare, finestroni a trafori si spandevano in un cortile quadrato, con al centro un pozzo buio con ballatoio intorno. Dal giardinetto incolto ricoperto di muschio proveniva un lucore strano, inquietante e affascinante al tempo stesso.

Suonò il campanello con il nome del cliente. Le aprì una donna molto bella dall'aspetto austero. Gli occhi di un celeste chiarissimo la scrutavano dall'alto in basso.
«Buongiorno, sono Lisa Angelini, la restauratrice.» Le porse la mano. L'altra la ignorò.
Dopo aver inarcato un sopracciglio biondo chiaro, la donna si decise a parlare. «Il Signore l'aspettava da tempo.»
Senza aggiungere altro, le voltò le spalle e s'incamminò per un lungo corridoio. Elisa sentì l'impulso di non lasciarla andare e si affrettò a seguirla. Arrivate in un ampio salone, la bionda le fece cenno di aspettare lì e poi sparì.
Si guardò intorno a disagio. Il soffitto a volta, i mobili di antiquariato e gli oggetti di valore rendevano l'ambiente opulento. Al soffitto uno stupendo Chandelier in ottone del '700, alle finestre zineffe anni'30 in foglietta d'oro, vetrinetta artigianale con intarsi primi '900, cassettone '800 siciliano "Luigi Filippo" con specchio dorato, tavolo e sedie in radica primi '900, divano con chaise longue e tappeti persiani.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 30, 2023 ⏰

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