Consideravo me stessa come il male dell'universo,il tipico esempio che è meglio non seguire. Dopo la morte di Karoline ne ebbi la conferma. Se solo fossi stata un po ' più attenta lei sarebbe ancora tra i banchi di scuola e non in una fottuta bara sottoterra. Ad ogni anniversario della morte della mia sorellina qualcuno appoggia la mano sulla mia spalla pensando di rassicurarmi ripetendo la solita banale frase:"Lei lassù sta bene, è felice". Sta bene un cazzo, una bambina di dieci anni non dovrebbe trovarsi sottoterra ma tra i ciuffi d'erba a cercare i quadrifogli. Non credo nell'esistenza di un paradiso,quando muori,muori e basta. Quando muori metti un punto a tutte le tue sofferenze senza dovertene ricordare in uno spazio al di fuori della terra. Sono dannatamente arrabbiata con me stessa, lei si meritava di essere felice, anche se in realtà un po' la invidio: lei è stata assolta da tutti questi problemi mentre io sono qua a portarmi dietro tagli che non penso guariranno mai.
Mia sorella era così piena di vita,il mio esatto contrario. Amava andare al parco della mia vecchia città.
Ah...la mia vecchia città,un altro dei motivi per i quali mi sento così tanto inutile a questo mondo. Ho dei bruttissimi ricordi dei miei 13,14,e 15 anni.
"Cessa"
"Assassina"
"Troia"
"Ammazzati"
Erano solo alcune delle pesanti parole che mi sentivo dire ogni giorno, a scuola,per strada, sui sociale, venivo persa in giro in tutti i modi possibili.
Che poi, dicendocela tutta, non avevano tutti i torti, non penso esistano ragazze più grasse e brutte di me, e sì, avrei voluto ammazzarmi. L'insulto più pesante era "Assassina,hai ucciso tua sorella".
Questa frase mi mandava in mille pezzi, non pensavo avrei mai potuto scordarmi di quell'orribile pomeriggio.
Lei era lì, che faceva sentire il profumo di giovinezza fino alla panchina in cui di solito mi sedevo. Correva su e giù nel parco, rideva, saltellava, andava sull'altalena. Era così bella, con i suoi boccoloni scuri e quegli occhi chiari che le illuminavano il viso,ma la cosa più bella di lei era il sorriso, non ne avevo mai visto uno del genere. Quel giorno mi chiese di andare a prendere il gelato fragola e cioccolato come piaceva a lei, e io le diedi i soldi dicendole di andare da sola al carretto dei gelati che si trovava dall'altra parte della strada. Lei e i suoi sei anni erano entusiasti di poter svolgere questo compito senza una persona più grande. La vedevo allontanarsi dalla panchina correndo verso le strisce pedonali, quando ad un certo punto,quella giornata di sole, si trasformò in un incubo.
Una moto prese la mia piccolina e la scaraventò a terra. Corsi più veloce possibile verso di lei mentre componevo il numero dell'ambulanza. Il suo corpicino era lì steso sul cemento, in una pozza di sangue e le sue manine tenevano ancora ben strette le monete che le avevo dato. Non sorrideva più, non respirava più. Il signore del carretto dei gelati si era avvicinato e intorno a me e a lei vi erano una grancassa di persone. L'arrivo delle forze dell'ordine che accompagnavano i miei genitori è stato traumatico.
Mamma scoppiò a piangere e cadde a terra, papà rimase immobile davanti al piccolo corpicino inanime. Era così tragica la scena che mi sembrava impossibile.
Da quel giorno mamma e papà cominciarono a bere.
Un giorno tornata a casa sentivo solo urla.
Qualche mese prima sarebbe stato diverso. Avrei aperto la porta,buttato lo zaino a terra e sarei saltata in braccio a papà stringendolo forte forte,poi sarei andata in cucina e avrei salutato mamma che sicuramente sarebbe stata là a cucinare qualcosa di buono per merenda.
Sui loro volti non ebbi mai visto più un sorriso dopo la morte di Karoline.
Tornavo a casa, aprivo la porta e al posto del buon profumino delle brioches appena sfornate sentivo quello di alcool.
Mamma urlava contro papà dicendogli di essere un fallito e lui ribatteva gridandole di essere un disastro. Io salivo velocemente le scale senza salutare nessuno e mi chiudevo in camera mia.