Ero immobile sul letto enorme a fissare il tappeto. Troppo scioccata per capire che odore ci fosse nell'aria o per mettere a fuoco ciò che avevo intorno. L'unica cosa che riuscii a intravedere, con la vista sfocata che mi ritrovavo, furono principalmente il tappeto e la piccola lampada accanto a me.
Fuori diluviava e la stanza era poco illuminata a causa della luce fioca e malmessa.
Il letto era comodo, ma, sinceramente, qualunque cosa, compreso il pavimento, sarebbe stato meglio di quello che era il mio letto qualche ora fa. Mi girava ancora la testa e mi faceva male tutto.
Cercai di non fissare più il tappeto e di guardare in faccia mia zia.
Riuscii a riconoscere gli occhi blu scuro. Aveva il viso stanco e preoccupato.
«Cos'è successo? Veramente intendo.» disse.
Si preoccupava per me. Lo faceva veramente e la adoravo per questo, ma non volevo crearle problemi. «Niente.» risposi titubante.
Mi scrutò con un'occhiata e mi fece quasi male. «Jamie, lo sappiamo entrambe che tu non sei pazza.»
Distolsi lo sguardo per non piangere. Era vero, non era colpa mia. Non lo era. «Ecco...» strizzai gli occhi. Potevo dirglielo, in realtà? «Non posso. Dopo tutto quello che le ho fatto...non la posso tradire così.»
Mi venne accanto e mi strinse la mani con forza. Mi trasmise una certa sicurezza. «Lo sai che ti puoi fidare di me. Io ti voglio bene sul serio.» anche quello era vero.
«Ho rovinato la vita di mia madre esistendo. Non posso certo biasimarla, se mi ha abbandonata.» non riconobbi la mia voce quando tirai fuori un urlo straziato.
«Lo sai che non è colpa tua, ne abbiamo già parlato» disse con tono caldo, stingendomi con le braccia ossute.
Le lacrime mi scendevano a dirotto e non riuscivo a fermarle.
Ero da sempre la bambina perfetta che ogni genitore voleva, avevo sedici anni ed ero una studentessa modello. Lo facevo solo per mia madre, certo la scuola mi piaceva, ma il mio obbiettivo principale era quello di impressionarla. Lei mi odiava, l'ho sempre sentito solo guardandola negli occhi. Non l'ho mai accontentata in nulla e ogni santo giorno mi ripeteva che ero una stronza e che le avevo rovinato la vita nascendo.
Lo accettavo, ma perché cazzo ora la sto ancora difendendo?
Mio padre se n'era andato prima della mia nascita e mia madre ha sempre detto che, una volta scoperta la gravidanza, lui non l'ha più voluta. Io soffrivo a causa del suo odio e i miei unici rifugi erano la scuola, gli amici e la musica.
Mi era rimasta solo la musica, ultimamente.
Singhiozzai silenziosamente.
Si mise a piangere mentre io fissavo il pavimento. «Se solo avessi saputo, se lo avessi saputo prima!» strinse gli occhi. «Jamie, ti giuro che sono venuta a trovarti, ma quando tua madre me lo ha detto eri già in...» stava tremando.
«In manicomio.» era così interessante, il pavimento.
Mia madre mi aveva mandato in coma, dopodiché in un 'centro di riabilitazione' per tre mesi.
Seh, manicomio.
Con la situazione familiare che avevo non era stato difficile per lei dichiarare che mi auto lesionavo, usando i miei tagli come lasciapassare. L'hanno creduta, senza ricerche o altro, l'avevano creduta.
Non sapevo nemmeno quanto potesse essere legale una cosa del genere!
Ma non ero autolesionista...o pazza.
Mia madre non usava solo le mani su di me e se solo avessi protestato le cose non sarebbero finite così.
Ma ancora una volta, la mia ingenuità mi aveva fregata.
Quando mia zia scoprì che mamma non mi avrebbe più voluta, non esitò a firmare qualche documento per portarmi via da lei. Lei la conosceva quanto me e sapeva di cos'era capace.
«Va tutto okay zia. Ora sto bene.» non era esattamente vero. Lo sapevamo entrambe.
«Quella non è una madre.» e io sono sempre stata troppo cieca per accorgermene.
«Lo so.»
«Starai meglio qui.»
«Lo so.» sospirai «Axel...grazie...mmh...di tutto.» non ero stata abituata a chiamarla zia, era... Strano
Mi mise una mano sulla guancia, accarezzandola.
Le poche volte che mia madre mi toccava, era per tirare schiaffi.
Rabbrividii. «Da domani avrai una vita migliore. Te lo prometto.»
Anche lei si illuminò. «Aspettavo solo che me lo chiedessi.» mi baciò sulla guancia e mi abbracciò. «Sono contenta che tu sia qui.»
Sorrisi. «Buona notte.»
Sorrise. «Buona notte.»Cercai di chiudere gli occhi per addormentarmi ma, ogni volta che lo facevo tutte quelle scene riapparivano nella mia testa.
Quando riaprii gli occhi vidi un soffitto giallino, cercai di alzare la testa ma mi faceva troppo male, quindi alzai la mano per poggiarla sulla testa, come se, in qualche modo, potesse alleviarmi il dolore o darmi conforto.
Non riuscii ad alzarla.
Ero legata al letto, mani e piedi.
Un infermiera entrò.
Dovevo stare calma. «Dove cristoddio sono?» ma uscì un uro.
Respiravo a fatica, attraverso una specie di tubo che si attaccava alla bocca e al naso. «Stia calma, signorina.»
Feci un profondo respiro e in quel momento mi accorsi della porta maledettamente blindata.
«Okay. Ehm...sono...calma.» volevo urlare, mamma non poteva farmi questo, no. «Posso sapere dove sono?» respirai. Volevo svenire.
Poi mi fece un debole sorriso, come si aspettasse la mia domanda, come se lo avesse detto migliaia di volte. «Lei è in un centro di riabilitazione.»
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Spero vi piaccia!

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Sparkling
De TodoFinti sorrisi, finte adorazioni, finti amici, finta vita. Ma aprii gli occhi troppo tardi, quando tutto fu già crollato, quando niente aveva più senso. Tutto ciò mi portò semplicemente all'autodistruzione. Eppure, dopo tutto, volli rischiare anco...