Anche a voler ricostruire a ritroso la sequela di eventi che mi avevano portato a trovarmi in quell'assurda situazione, non saprei da dove cominciare.
Ricordo che Chicca, accomodata sulle mie gambe, era intenta a raccontare un'assurda storia del terrore, perfettamente calzante per la notte di Halloween che stava arrivando e, mentre tutti la ascoltavano incantati, io invece mi perdevo ad osservare la figura che mi sedeva difronte.
I gesti ripetuti, 'infilare e sfilare anelli argentati dalle dita affusolate - che, per la delicatezza delle azioni, parevano una danza ipnotica - diventavano movimenti in grado di affascinarmi e calmarmi allo stesso tempo.
Da un po' di tempo mi ero accorto che su Simone mi ci focalizzavo in maniera ossessiva, osservandolo come se fosse la prima volta che lo vedevo e distraendomi così dal resto, compreso il contatto delle mani sottili di Chicca che si accavallavano sulle mie attorno al suo esile busto.
La stringevo con leggera veemenza, aiutandola a non perdere l'equilibrio precario che aveva sulle cosce e premevo il viso nell'ansa del collo in modo tale da poter strofinare il naso sulla pelle liscia.
"Smettila Manu dai", mi disse lei civettuola e io mi acquietai non fosse altro perché il desiderio di dare spettacolo perdeva qualsiasi senso se gli occhi che volevo addosso venivano meno.L'avere costanti attenzioni e la paura che ciò non accadesse mi avevano sempre accompagnato come un'ombra: il bisogno di sapermi visto, forse per colmare tutte le volte in cui da piccolo non lo ero stato.
Tanto mi bastava, anche solo l'illusione di un affetto, l'importante era non farmelo scoprire, non darmi mai il tempo di vedere che tutta la premura altro non era che un mero abbaglio.Per questo mi rendevo abile anche io in quella finzione, praticandola fino a renderla impossibile da svelare e creando così l'idea di me che gli altri si aspettavano, che io ormai mi aspettavo.
Eppure con Simone mi pareva sempre di non riuscire nell'intento, di costruire un'immagine fittizia, ma solo per vederla distrutta con facilità spaventosa.
Era stata proprio il terrore di mostrarmi per davvero che mi aveva allontanato da quello che saremmo potuti essere ed era sempre il terrore di perderlo del tutto a tenermi però ancorato a quello che ancora speravo potessimo diventare.Nei mesi addietro non mi ero comportato bene nei suoi confronti, anzi, si può dire che avessi adoperato con lui il peggior atteggiamento possibile, ritraendomi dopo essermi fatto avanti e illudendolo solo per poi dargli del visionario.
Dentro di me poi, sapevo di provare delle sensazioni forti, ma mi parevano anche troppo vaghe per riuscire a definirle, o forse semplicemente volevo evitare di farlo, come se più tentavo di capirle, più scoprivo dettagli e particolari che era meglio ignorare.
Mi limitavo allora ad osservarlo da lontano, guardandolo solo se lui non lo faceva, ma corrodendomi le viscere e logorandomi lo stomaco nel non sapere mai se il gioco veniva ricambiato.
Anche quella sera all'inizio non fui da meno, ma dopo un po', sconfortato dalla sua espressione cupa, calai di nuovo gli occhi sulle mie mani strette a quelle delicate di Chicca e le scrutai attentamente.
Per quanto ci provassi ad apprezzare ciò che avevo davanti, finivo comunque per immaginare scenari diversi, dove le mani che carezzavo erano pur sempre delicate, ma più grandi, magari chiazzate pure da una lieve peluria e seguite da dita lunghe e mascoline.
Le stesse dita che avrebbero avuto una cura inedita nello sfiorarmi, nel risalirmi il braccio e arrivare fino al viso per stazionare lì leggere, o nello scendere sicure verso parti di me che avrebbero toccato con una bramosia capace di farmi dimenticare qualsiasi altro pensiero in un attimo, compreso il fatto che non fossimo più un io e una lei a tenerci per mano, ma un io e un lui.