Dolce al Punto Giusto

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La pallina colpì il soffitto con un piccolo tonfo e ricadde nella mano di Carlo. Il ragazzo si sistemò il lenzuolo sul petto, strinse l'antistress e se lo passò di mano in mano e lanciò di nuovo verso l'alto. Poi ancora. E ancora.

La melodia allegra e insopportabile della sveglia dello smartphone interruppe il suo passatempo. Già le quattro? Carlo sbuffò, allungò il braccio e passò il dito sullo schermo per interrompere la suoneria.

«Qualcosa non va?» chiese Sorieno, con voce frizzante. Il demone quel giorno si era messo a camminare sul soffitto, e lo guardava a testa in giù.

La testa di Carlo ricadde sul cuscino «Non ho voglia di andare al lavoro» mormorò. Lanciò ancora la pallina e la riprese al volo.

«Oh» il demone si sedette a gambe incrociate accanto al lampadario «Se è per così poco...»

Schioccò le dita ed echeggiò il suono di una piccola campana.

Carlo mugugnò «Che hai fatto stavolta?»

Sorieno sollevò la tuba e si lisciò i capelli con l'altra mano «Ho soltanto dato una sistematina agli orari della settimana. Oggi ha il pomeriggio libero. Si diverta.»

Carlo scacciò il lenzuolo con un calcio «Non so se è una buona idea. Non voglio poi dover recuperare le ore un altro giorno»

Sorieno aggrottò le ciglia e incrociò le braccia «Mi ha preso per un demone di quart'ordine? Quelle ore sono cancellate, non le deve recuperare.» schioccò la lingua «Ah, prima che lo chieda, no, non influirà sulla paga. Quando esaudisco un desiderio lo faccio a modino»

Si era offeso? Carlo alzò le spalle. Inutile darci peso. Tempo cinque secondi e gli sarebbe passato.

Si tirò in piedi con un lungo sospiro e si grattò la nuca. Quindi... pomeriggio libero. Scosse la testa. Boh. Eppure un tempo avrebbe saltato fino al soffitto per la gioia per quella notizia. Che cosa gli stava succedendo? Deglutì. Aveva la gola secca.

Sbadigliò e si diresse verso la cucina. Il demone fluttuò e gli si fece accanto. Ammiccò: «Cosa fa?»

Il broncio era scomparso, come volevasi dimostrare. Il solito Sorieno. Melodrammatico e prevedibile.

«Ho voglia di un'aranciata» disse Carlo. La mano di Sorieno si levò, ma Carlo la afferrò prima che potesse schioccare le dita «E ho voglia di farmela da solo».

Il demone sbuffò e volò via. Si sedette sul nulla, con le scarpe appoggiate sullo schienale di una sedia.

Carlo prese lo spremiagrumi, la tazza, il cucchiaino e mise tutto sul tavolo. I suoi movimenti erano rallentati. Aprì la dispensa. C'erano le mele, le pere, le fragole, i kiwi... ma niente arance. Alzò gli occhi al cielo. Gli toccava vestirsi, scendere in strada, andare fino al mercato e comprarle. Che palle. A meno che...

Si voltò verso il demone «Sorieno, vorrei avere delle arance. Belle mature, mi raccomando»

«Subito!»

Schiocco di dita, piccola campana, ed eccole lì. La dolce fragranza gli fece venire l'acquolina in bocca. Prese la più grande e la tagliò in due.

«Stavo pensando a una cosa» disse a mezza voce.

Il demone squittì: «Mi dica, mi dica. Non mi tenga sulle spine»

Carlo appoggiò la mezza arancia sullo spremiagrumi e schiacciò. Il ronzio della macchina riempì la stanza.

Si schiarì la voce, per sovrastare il rumore «La prima volta che ti ho incontrato ero stordito dai postumi della sbronza»

Il demonietto alzò lo sguardo, strinse gli occhi e si accarezzò il pizzetto, come per ricordare un passato molto remoto «Ricordo, sì». Esagerato. Era passato giusto qualche mese.

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