Riuscì a vedere sedie, di legno, e una miriade di fili, delle forbici, delle lame.... ma una cosa in particolare catturò la sua attenzione: una falce. Era nera, lunga all'incarica quanto lei, solo leggermente più piccola. Era sottile, ma sembrava molto pesante; sulla lama, nera, ma allo stesso tempo luccicante e con decori di metallo grigio, vi era inciso il suo nome a caratteri corsivi: "Nekros". Elegante, esile, proprio come lei. Una voglia irresistibile di impugnarla si faceva spazio sempre di più nella sua mente, ma per ogni parte di lei che si faceva avanti a prenderla, una retrocedeva intimorita da quell'antro e da quell'arma micidiale e crudele.
Le Parche la osservavano, attendendo con calma e pazienza che Nekros si adattasse a quel luogo scuro e lo iniziasse a considerare come casa sua. Si erano messe a filare, intrecciare e tagliare, ognuna calata nei rispettivi compiti, ma non perdevano d'occhio la ragazza e i suoi pensieri.
Qualche minuto dopo, Atropo posò le sue forbici lunghe e taglienti e si avviò con passo leggero e lento verso Nekros. Si tolse il cappuccio e la prese per mano, portandola nel ventre più profondo dell'antro. Nekros fissava inorridita il volto vecchio e bruttissimo della parca e retrocedeva spaventa, ma ogni suo tentativo di resistere a quella forza disumana era vano.
Il muro si aprì in una stanza, tonda, spaziosa, al contrario delle altre non opprimente, ma accogliente e senza alcuna ragnatela. I muri neri erano coperti, in parte, da un armadio chiaro, di vimini. Le ante rivelarono una divisione in cassetti. Un manchino nero, che indossava una veste nera, era al lato destro del letto grigio e un comodino con sopra un candelabro a cinque braccia d'argento al lato opposto.
Atropo le strinse ancora di più la mano, si tolse il cappuccio che le copriva il volto e, come in una magia, sprigionando una luce nera, assunse l'aspetto di una donna giovanissima e bellissima. I capelli le scendevano lunghi e neri come le piume di un corvo sulla schiena, creando dei boccoli verso le punte.
Era snella e alta, con una carnagione chiara e degli occhi viola attraenti e lucidi. Il seno era messo in risalto dalla veste nera, con dei ricami alla vita, che scendeva fino alle caviglie.
Parlò con voce suadente e autoritaria, ordinando a Nekros di indossare l'abito del manichino.
Lei obbedì, senza riuscire a dire di no. Abbandonò il suo abito candido al manichino, e indossò quello nero.
Aveva le maniche lunghe, e arrivava fino alle caviglie. Le metteva in risalto la vita con dei ricami, gli stessi che erano anche ai polsi, al collo e alla fine dell'abito.
Un mantello nero senza decori, con un grande cappuccio, era sull'attaccapanni, pronto ad essere indossato.
Ora la voce mistica e innaturale di Atropo le ordinava di prendere la falce, che rispose al tocco leggero della sua mano candida facendo brillare l'incisione del suo nome. Era leggerissima, al contrario di come sembrava, forse perché, come le spiegò Atropo, era stata fatta per lei e quindi solo lei poteva impugnarla: chiunque altro avesse voluto prenderla, non ci sarebbe riuscito perché la falce si sarebbe fatta pesantissima. Nekros era come ipnotizzata, tanto da non accorgersi nemmeno della falce che era apparsa in camera sua dall'antro.
Si osservò allo specchio di fronte al letto. L'abito le donava particolarmente e metteva in risalto il suo bel viso latteo e i capelli rosso sangue.
Le altre Parche apparvero nella stanza. Cloto si tolse il cappuccio ed emanando una luce violacea ringiovanì anche lei. La era pelle chiara, gli occhi gialli, i capelli biondi, quasi bianchi, la voce innaturale e mistica.
Poi Lachesi, con una luce grigia, divenne una giovane bellissima, con i capelli grigi, come argento luminoso, gli occhi verdi e la stessa voce delle sorelle.
Nekros era completamente ipnotizzata. Le Parche si riunirono attorno a un bastone con su un teschio che era emerso dal nulla. Dalla bocca del teschio uscì un fumo scuro che condensò in un'immagine. Nekros cercava di capire cosa fosse quell'immagine. Le Parche avevano la bocca aperta che emetteva, con gli occhi, una luce bianca molto forte.
L'immagine divenne più chiara e si rivelò una persona, piccola piccola, davanti ad un'altra persona. Le arrivava appena alle caviglie. Iniziò poi a crescere, diventando sempre più grande, fino ad arrivare alla sua altezza, senza più fermarsi. A questo punto prese la falce che aveva in mano ed estrasse l'anima da quell'uomo con delicatezza, prendendole la mano e conducendola con delicatezza sotto terra.
Le Parche a questo punto chiusero la bocca e il loro viso si riempì nuovamente di rughe, tornando alla bruttezza primitiva.
Nekros strinse automaticamente la falce e rabbrividì.
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Nekros
RandomLa storia di una semplice ragazzina destinata a diventare ciò che ancora oggi temiamo: la Morte. Una fiaba avvincente, meravigliosa, d'amore e malinconica, che mette in risalto i lati più nascosti, oscuri, dolci, crudeli e sensibili dell'animo umano...