Insieme

824 50 16
                                    

Mi guardo e osservo i lividi viola in bella mostra che mi colorano le braccia.
È cosi che Peeta ha reagito ad un mio bacio.
Lui me lo aveva detto che stavano ricominciando i flashback, ma io non gli ho dato retta. L'ho baciato dritto sulle labbra e lui mi ha scaraventato a terra. Gli occhi neri, le mani strette in un pugno, un ghigno sul viso. Mi ha insultato dandomi della bugiarda. Dell'ibrido. Della manipolatrice.
E dopotutto me lo merito.
Le strilla di Prim e di Rue si fanno strada nei miei incubi ogni notte. Ma Peeta non c'è più a consolarmi. Da quando mi ha quasi strangolata se ne sta a casa sua ad aspettare la morte. Haymitch viene ogni giorno, cosi come Sae.
Peeta.
Lontano dai miei occhi. Cosa potrebbe fare un ragazzo depistato? Cosa farà a se stesso?
Quando eravamo a Capitol City le manette lo riportavano alla realtà e si tagliava i polsi con quelle. Non immagino cosa passi nella mente di quel ragazzo.

All'improvviso sento aprire la porta e un Haymitch sorprendente sobrio si scaraventa sulla mia poltrona.
Stavo mangiando uno stufato di carne fatto da Sae prima che lui mi bombardasse di domande. E la maggior parte riguardano sulla mia salute. Sul mio igiene. E soprattutto di Peeta. Io lo ignoro, come faccio da fin troppo tempo. Lo stufato è veramente ottimo. Sae si è superata oggi.
«Peeta sta lentamente morendo». Sussulto a quelle parole. Peeta sta morendo?
Devo saperne di più.
«In che senso?» chiedo con la bocca ancora piena del delizioso stufato.
«Nel senso che da quando ti ha... alzato mani, mettiamola cosi. Lui si è rinchiuso in quella casa da settimane. E ti ho vista tutti i giorni mentre ti posizionavi sulla sua porta, convinta che avresti bussato, e poi te ne andavi codardamente (si può dire? Boh)
Katniss lui è triste. Si graffia, si picchia. Fa di tutto per scacciare i flashback che affollano di continuo nella sua mente.» dice Haymitch. E io rischio di piangere. Come ha fatto a sapere che andavo alla sua porta ogni giorno?
«Cosa credi che possa fare io, Haymitch. Cosa gli dirò di fare. Di smettere? Lui non ascolterà mai la ragazza che odia! Non può! E poi sono sicura che se gli confessassi cosa provo veramente per lui...» e ora le lacrime rischiano di scendere veramente. Non ho alcun segreto con Haymitch. Lui sa che amo Peeta. Ma non osa dirglielo per ordine mio. Perche sono sicura che se lui scoprirebbe tutto, scapperebbe. Perche lui non mi ama. E non c'è disperazione più grande.
Haymitch scoppia a ridere. Credevo che questa fosse una conversazione seria.
«Voi due mi fate morire dal ridere. Veramente! Ogni volta che vado da lui mi dice sempre la stessa cosa. Che tu lo odi per quello che ti ha fatto e blah, blah. Lui ti ama! Lo vuoi capire! Sei molto brava con l'arco e a convincere la gente ad unirsi a una rivolta, ma sei una stupida in fatto di amore. Cara mia, svegliati! Sono i suoi flashback che ti tengono lontana da lui. Non lui che cerca di lontanare te!» urla ancora divertito Haymitch.
Sono arrabbiata, innamorata, felice, confusa. Nella mia testa navigano molte emozioni. Dalla più bella alla più brutta.
E mentre corro verso la casa di Peeta riesco a formulare solo un pensiero: lui mi ama.
Quando arrivo alla sua porta busso con troppa foga. Ad un tratto mi rendo conto che non ho il coraggio mi giro e vado verso casa. O almeno ci vorrei andare. Haymitch mi minaccia con una scopa. "Codarda" formano le sue labbra. Non devo dargliela vinta. Vado di nuovo alla casa di Peeta e busso ancora più forte.
«È aperto, Haymitch. Quante volte te lo devo dire»
Sentire la voce di Peeta è una sensazione strana. È sempre la sua voce, ma credo che sia più profonda.
Apro lentamente la porta. Le condizioni in cui sono ridotte questa casa sono esorbitanti. Ci sono piatti sporchi sulla cucina. Polvere sugli scaffali. Le finestre sono chiuse. E c'è un vago profumo di ascelle non lavate.
Mi avvicino al tavolo e trovo Peeta seduto che giocherella con un pezzetto di spago.
Non riesco a vederlo. C'è pochissima luce qui, ma mi rendo conto che non ha la maglietta. Arrossisco un po'. Non si è accorto che sono io.
«Stanotte l'ho sognata di nuovo. Era bella. Aveva la lunga treccia che le scendeva sulla schiena e gli occhi grigi che si illuminavano. Mi guidava verso un posto. Non so il perché, ma io la seguivo. Poi non so cosa sia successo. L'ho presa e...» Peeta fa alcuni gesti con la mano che significano che nel suo sogno... mi ha strangolata.
«Ansimava. Annaspava per cercare aria. Ed io vedevo che soffriva. Io stavo capendo che era sbagliato. Stavo facendo qualcosa di sbagliato. Ma le mie mani si muovevano da sole. E poi è morta tra le mie braccia. Un incubo. Mi sono risvegliato sudato. E giuro su Dio che stavo andando da lei. Giuro,Haymitch» incomincia a piangere. Singhiozza e io mi rendo conto che è la prima volta che lo vedo piangere. Per me.
Vorrei abbracciarlo. Vorrei sentire la sua pelle a contatto con la mia. Le sue labbra premute sulle mie. Ma non posso. La sua reazione sarebbe di nuovo come quella di prima. E io non posso permettermi di farlo soffrire di nuovo.
D'un tratto Peeta alza la testa e mi fissa. Lo ha capito.
Non riesco ancora a vederlo.
«Ciao» mi limito a dire, sperando che i suoi occhi non siano diventati neri.
Tira su col naso e si alza.
«Ciao» dice. Mi guarda stupito. Con occhi fissi sui miei. Come se fossi la creatura piu bella che avesse mai visto. Come se ci fosse davvero qualcosa di bello da vedere in me.
Ho mille cose da dire ma l'unica cosa che mi viene in mente è quella di aprire le finestre e togliere quelle maledette tende che non mi permettono di osservarlo. Quando le tolgo e osservo Peeta mi vengono i conati di vomito. Il suo petto è pieno di graffi abbastanza profondi. I polsi sono entrambi tagliati e sul viso ha molti graffi fatti con le sue stesse unghie. Come può ferirsi per uno stupido flashback? Mi rendo conto che potrei urlargli in faccia. Potrei picchiarlo per essersi ferito in quel modo. Ma l'unica cosa che riesco a fare è piangere.
Mi piego in me stessa sul divano e incomincio a fare quei strani singhiozzi.
Peeta si avvicina e si assicura che io non sia un ibrido, poi si siede e mi abbraccia. Le sue braccia sono ancora calde e forti. Il ricordo di mille istanti monta come un onda. Di tutte quelle volte in cui quelle braccia sono state il mio rifugio dal mondo. Istanti non pienamente apprezzati allora ma cosi dolci nella mia memoria.
Mi giro e lui non osa guardarmi. «Perche ti sei allontanato?» riesco a dire singhiozzando.
«Non volevo farti del male, Katniss. I flashback si fanno sentire più spesso e io non riesco a controllarmi. Prendo la prima cosa che mi capita e la distruggo» dice cominciando a piangere anche lui. È così debole in questo momento che mi potrebbe rivelare tutto se glielo chiedessi.
«Hai distrutto te stesso. Il tuo corpo.» gli tocco il viso e mi ritrovo a togliere ogni traccia di lacrime.
«La tua faccia.» sussurro.
Mi accoccolo nel suo petto e sento che la puzza viene proprio da lui.
«No, vattene Katniss. Non voglio che si ripeta di nuovo» mi allontana.
«No!» urlo.
«Tu hai tentato di uccidermi. Vero o falso?» chiede tremando.
«Falso, come puoi...»
«Noi abbiamo dormito insieme quelle notti nel treno. Vero o falso?»
Mi concedo un sorriso. Se lo ricorda.
«Vero»
«Tu mi hai abbandonato nell'arena perché volevi salvarti solo tu e mi volevi fare morire li. Vero i falso?»
Questa è proprio una pugnalata al cuore. Come avrei potuto abbandonarlo nell'arena quando la mia unica missione era quella di salvare lui. Cosa gli hanno messo in testa? Mi rendo conto che non c'è stata una risposta alla sua domanda. Incomincio a parlare ma lui se ne già andato nel paese dei depistati.
«Bugiarda!» mi accusa.
Le iridi azzurre sono state sostituite da delle grandi e profonde pozze nere.
«Sei solo una bugiarda!»
E quando sto prevedendo il peggio, che per me è finita, Peeta si accascia a terra graffiandosi selvaggiamente la faccia. Le cicatrici che si stavano formando sulla pelle chiara si sono riaperte facendomi vedere la scena più orribile che abbia mai visto.
Gli blocco i polsi e sento lui gemere di dolore perche gli ho toccato pesantemente i tagli.
«Fermati, Peeta! Che fai smettila!» gli ordino.
Lui mi spinge via facendomi cadere.
«Vattene via!»
Mi alzo e vado verso la porta. Faccio finta di sbatterla e invece mi nascondo dietro un mobile. Sono arrivata fino a questo punto.
Lo sento sussurrare qualcosa. Mi avvicino.
«Mi chiamo Peeta Mellark. Ho 17 anni. Ho fatto gli Hunger Games. Sono stato depistato. Katniss Everdeen non è un ibrido. Io sono un ibrido. Io amo Katniss Everdeen. Non gli farei mai del male» sussurra con le orecchie tappate dalle mani, e mi accorgo che se farò qualche passo falso lui non mi sentirà.
Ripete quelle frasi all'infinito.
Questo è sicuramente un consiglio del dottor Aurelius. Per tenerlo aggrappato alla realtà.
Poi si alza e si accascia sul divano sfinito. Credo che stia dormendo. Esco dal mio nascondiglio circa una ventina di minuti dopo. Mi avvicino lentamente a lui senza svegliarlo. I graffi sono presenti anche sulle spalle.
Gli accarezzo la schiena chiara.
«Tu non sei un ibrido, Peeta. Sei solo stanco e devi dormire. E quando ti risveglierai starai meglio» sussurro.
«Avevo detto di andartene» dice lui debolmente. Non potrà farmi del male anche se lo volesse. È troppo stanco.
«Io non ti abbandono, Peeta. Mai»
Sento una piccola risata di compiacimento. Sorrido anch'io e continuo ad accarezzarlo.
Peeta si gira su un fianco e mi prende la mano, bacia tutte le nocche e io mi accorgo che ha il viso coperto di sangue
«Oh, Peeta ma tu...» non finisco la frase che sono andata già in cucina a prendere il necessario per guarirlo. Trovo un disinfettante e del cotone. Mi piombo su di di lui, che mi aspetta già seduto sul divano ad aspettarmi, e comincio la mia missione.
Lo sento alcune volte lamentarsi, ma la maggior parte del tempo lo scopro fissarmi, come quando eravamo piccoli e lui non riusciva a parlarmi. Ora invece, o almeno prima del depistaggio, riusciva a convincere le persone con un suo discorso. Riusciva a convincere Capitol City. Riusciva a farmi innamorare piano piano. Peeta mi ha conquistata con lentezza infinita. E ora, mi rendo conto che tutto questo era inevitabile.
«A cosa stai pensando?» chiede.
Stavi pensando a quanto ti amo, Peeta.
«Stavo pensando che se mi faresti alcune domande io ti guarirò. Tornerai il vecchio Peeta, te lo prometto. Devi solo fidarti. E chiedermi di tutto» mento, pero sembra convinto di ciò che ho detto. Cosi prende un lungo respiro e incomincia a parlare.
«Tu hai distrutto il distretto 12. Vero o falso?»
«Falso» dico. Devo aggiungere qualcosa. Qualcosa che lo convinca davvero.
«Come avrei potuto distruggere il distretto quando io ero nell'arena con te? Siamo usciti da li e l'hanno distrutto. Non potevo distruggerlo neanche se lo volessi.»
Peeta non batte ciglio quando gli pulisci il polso.
«Tu amavi Gale. Vero o falso»
«Falso». Non ho mai amato Gale. Forse credevo di amarlo, ma non ne ero sicura. E ora ho capito che non riuscivo ad amare Gale perché io in realtà io amavo Peeta. Già da tempo. Il mio cuore era suo ormai.
Peeta sorride.
«Katniss, posso fatti una domanda... No dai lascia stare è stupido».
All'improvviso la curiosità mi sta mangiando viva. Cosa vuole dirmi.
«Dai Peeta. Dimmi, potrò farti capire cosa è vero e cosa è falso!»
«Va bene.» dice.
«Allora...noi due abbiamo mai fatto... sesso?»
Le mie guance si colorano immediatamente.
«No! No! Perché questa domanda?» la voce mi trema.
«Perche l'altro giorno ti ho sognata. Io ti stavo rincorrendo e tu ad un certo punto ti sei fermata. Ti sei tolta i vestiti e ti sei accasciata a terra, nuda. Mi è venuto questo dubbio. Come facevo a sapere come era fatto il tuo corpo. Non l'ho mai visto. O si? »
«No! Peeta, come ti salta in mente» mi affretto a dire.
«Scusa era solo per chiedere » dice quasi dispiaciuto.
Mi alzo rossa dalla vergogna e poso tutto il materiale in cucina. Posto insolito per mettere delle medicine.

Voglio portare Peeta a casa. La sera sta calando e io voglio averlo accanto questa notte.
«Resti questa notte... con me?». Spero con tutto il cuore che dica di si.
«No, Katniss scusa ma io...» non lo faccio finire che lo bacio sulle labbra. È da un bel po che non lo bacio ed è una sensazione strana. Quasi nuova. Gli accarezzo il viso e mi accorgo che lui sta ricambiando il bacio con un po troppa foga. Desiderio? Disperazione? Forse entrambi perche mi prende i fianchi e li fa avvicinare ai suoi. Mi stacco dal bacio, senza fiato, e gli circondo il collo con le braccia.
«Ti prego»

Quando arriviamo in casa mia, Peeta si fa una doccia e resta in bagno mezz'ora, giusto il tempo di togliere ogni traccia di sporco. Lo sento canticchiare una melodia e resto vicino al bagno ad ascoltarlo finché sento un colpo e la doccia si spegne. Ci sono dei piedi che toccano terra e io sono già sparita nella mia stanza.
Cerco un pigiama adatto e lo trovo.
Rosa, con dei piccoli fiori sul petto. Non ho bisogno di farmi una doccia. L'ho già fatta stamattina e non ho nemmeno sudato. Tranne quando Peeta ha avuto un attacco. Li ho temuto il peggio.
La porta del bagno si apre e un ondata di vapore esce da li, e in seguito Peeta.
I capelli biondi e bagnati sono appiccicati in fronte. Gli occhi azzurri mi fissano. Alcune gocce gli colano sul viso che poi vanno a finire sul pavimento appena lavato da Sae.
I miei occhi si spostano verso il basso e mi accorgo che è coperto da un solo asciugamano che gli circonda la vita. Arrossisco subito e abbasso lo sguardo più in basso. Verso i suoi piedi.
Solo ora dopo moltissimo tempo passato con Peeta , nell'arena, nelle notti nel treno, nella grotta, nella spiaggia, mi accorgo di quanto sia attraente.
Di quanto sia attratta, non solo caratterialmente ma anche fisicamente, di lui. La sua bellezza è esorbitante.
Si avvicina al letto e cerca il pigiama.
«Sai dov'è?» mi chiede. Io sono ancora messa li a guardarlo, quando lui scoppia a ridere.
«Dai, Katniss. Mi hai visto più di una volta mezzonudo, no?» riesce a dire ancora ridendo. Sbuffo e vado a prendere il suo pigiama che è di sotto.
Lo prendo e glielo do.
«Grazie» dice. Peeta si veste velocemente.
Si stende goffamente sul mio letto e si toglie la protesi. Apre le braccia.
«Tu non vieni?» chiede sorridendo.
Senza esitare mi fiondo nelle sue braccia, questa volta profumatissime, e lo abbraccio più forte che posso. Ci ritroviamo con una mia gamba sopra il suo bacino. Le sue braccia attorno a me. Le mie labbra a stretto contatto col suo collo.
Ho voglia di parlare, però non so cosa dire.
C'è un silenzio imbarazzante.
«Peeta, continua con le tue domande. Posso aiutarti se hai qualche dubbio» dico e sono sicura, o almeno spero, che non avrà attacchi questa sera.
«Va bene. Ma ti annuncio che io sono già molto stanco» dice.
Peeta prende un lungo respiro. Ci pensa un po e poi parla.
«Quando eravamo nella seconda arena, io sono morto. Vero o falso?»
«Vero. È stato Finnick, poi, a salvarti»
Sembra sereno.
«Hai tentato di uccidermi. Vero o falso?»
«Falso. Ho sempre cercato di proteggerti»
dico un po arrabbiata. Non ho mai tentato di ucciderlo, anzi.
«Tu mi amavi. Vero o falso?»
No. Non l'ho amato. Non ho mai pensato a quello. Ero troppo impegnata a far sopravvivere Prim e mia madre. Non potevo pensare a quello. Ero troppo impegnata in una guerra. Troppo impegnata con Gale, mia madre, Prim, far sopravvive lui stesso. Troppo, troppo, impegnata per innamorarmi. Ma ora l'ho capito. Io dormivo con lui perché mi sentivo al sicuro tra le sue braccia. Lui mi tiene al sicuro. Mi sento rinascere ogni volta che mi sfiora. Gioisco quando lo vedo. Lo amo quando mi guarda. E a questa domanda credo proprio che risponderò un falso.
«Falso.» dico deludendomi di me stessa.
«Oh... credevo che tu» non riesce a finire la frase. C'è molta tristezza nella sua voce.
«Io ti amavo. Vero o falso?»
«Vero. Tu mi hai sempre amato. Solo che io non riuscivo a capirlo. Io... credevo di essermi innamorata di te, prima, solo che non riuscivo ad ammetterlo a me stessa. Ed ero occupata. Troppo occupata con Prim, mia madre, te. Troppo occupata a tenervi in vita» gli rivelo.
«Capisco». Peeta si gira su un fianco e io lo abbraccio da dietro.
«Tu mi ami. Vero o falso?» sussurra.
E io, senza esitare, gli rispondo.
«Vero.»
Peeta si gira e mi bacia.
«E tu, Peeta... tu mi ami. Vero o falso?» sussurro.
«Vero» dice sorridendo.

InsiemeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora