Attraverso te

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La prima volta che lo aveva baciato lo aveva preso per la nuca e lo aveva spinto verso di sé: era stato un bacio disordinato e veloce, nemmeno romantico, ma dopo averlo fatto, si sentì come se fosse tornato a respirare. Ma una vocina cattiva gli urlava "è sbagliato, è sbagliato" e trattò la persona più bella e buona del mondo come uno straccio vecchio e strappato.
Ha dovuto fare i conti con la separazione netta tra loro due, causata da lui, dalle sue parole e paure, dal suo brutto carattere.
La prima volta che provò gelosia fu sempre a causa sua, di quel ragazzo che era entrato nella sua vita così troppo velocemente.
Si era dimenticato di lui, si era fidanzato con un altro. La sua mente diceva "meglio così, si merita di più di un ragazzo così rotto come te", il suo cuore piangeva "ma voglio che stia con me..."
Aveva anche preso a pugni quel ragazzo li, nemmeno si ricordava il suo nome, Simone lo aveva bloccato: gli aveva stretto i fianchi, poi le spalle e lo aveva trattenuto indietro.
Manuel poteva sentire il suo fiato caldo sul collo e i suoi tremolii. Quando sentì la sua voce che gli intimava dolcemente di calmarsi e di respirare, Manuel abbassò il pugno sporco di sangue e saliva e corse via. Non poteva farsi vedere così, non da lui almeno.
La prima volta che aveva studiato una materia ben volentieri fu filosofia, al quarto anno.
Il terzo era stato un anno di assestamento, almeno con la filosofia.
La immaginava come una donna fugace ed avvolgente, una tenera amante che lo ammaliava con i suoi intricati discorsi come dedali*.
Quella donna lo aveva sedotto e conquistato, stava studiando Kierkegaard e la sua concezione della scelta.
Nel frattempo, un paio di occhi scuri lo guardavano soddisfatti.
La prima volta che rivelò al mondo, almeno al suo piccolo mondo, chi fosse veramente fu in un pomeriggio di gennaio.
Lo disse prima a sua madre, Anita.
Lei lavava i piatti e canticchiava Battisti, lui giocherellava con le dita e sperava che a sua madre non le venisse un colpo.
"Ma', te devo parla'..."
Anita si era voltata e gli aveva sorriso "Dimmi, Manuel...!"
Manuel si era semplicemente seduto e aveva buttato fuori tutto: le sue paure, le sue ansie, le sue paranoie e insicurezze.
Anita ascoltava attenta, senza perdere mai il filo del discorso o qualsiasi informazione che suo figlio le stesse donando.
Quando Manuel finì di parlare, lei lo abbracciò fortissimo e non disse una parola. Manuel solamente ricambiò l'abbraccio.
La prima volta che aveva capito quanto amasse Simone, quanto amasse un ragazzo, fu quando lo vide fuori in giardino, seduto sul muretto con il debole sole di marzo a bagnargli la faccia. Lui aveva gli occhi chiusi, un sorriso delicato, le guance appena rosse.
Manuel perse un battito e strinse la maglietta all'altezza del petto. Gli veniva da sorridere. Voleva contemplare quella vista per ore ed ore, all'infinito. Un po' come l'eterno ritorno di Nietzsche*.
Ma quando provò a dirgli cosa provava veramente, che aveva contemplato e accettato completamente ciò che era, che era disposto e pronto per creare qualcosa di grande e bellissimo insieme a lui, Simone semplicemente disse "Andrò da mia madre per gli studi..."
Sentì il suo cuore spezzarsi e un magone formarsi al centro della gola, ingoiò quel rospo, sorrise falso e disse "So' contento..."
Quella fu l'ultima conversazione civile che avevano avuto, due giorni dopo Simone era su un aereo diretto a Glasgow. Non si erano nemmeno salutati.
Manuel aveva perso solo tempo.

Nei mesi successivi, dormì veramente male. A volte, si sdraiava sul letto di Simone e si addormentava con il suo profumo alle narici.
Aveva iniziato l'università, facoltà di filosofia, e aveva capito che l'unico modo per non pensare a tutte le tarantelle che aveva messo su era quello di studiare e leggere.
Ma dopo poco, tutto ciò cominciò a non bastare più.
Una sera, a tavola con Anita e Dante, Manuel interruppe quel silenzio quasi normale ed esordì con "Voglio anna' a Glasgow"
"Ma che dici, Manuel...?"
"Ma', devo parla' con Simone. Devo dirgli quanto me manca..." abbassò leggermente lo sguardo "devo dirgli quanto lo amo...".
Dante ed Anita si lanciarono un'occhiata complice, sorridendo leggermente, dissero soltanto "Allora, vai...!"

Sapeva qualcosa di inglese? No.
Era andato lì senza pensare? Si.
Doveva essere accompagnato di qualcuno che almeno conoscesse un minimo ciò che stava leggendo? Assolutamente.
Si aggirava per l'aeroporto di Glasgow senza meta, un vagabondo tra la modernità.
La sua arma, in quella strampalata gita all'estero, era Google Translate che smanettava ansioso con quegli occhi incuriositi e impazienti che, appena sentivano le sue imprecazioni in italiano -più romano, in realtà- sorridevano e chiedevano "Are you italian, aren't you?"
Manuel capiva solo "italian" e, di riflesso, rispondeva "Yes", che era l'unica parola che sapeva in quella lingua estranea.
E come se non bastasse, nevicava tantissimo a Glasgow.
"Cazzo..." ingoiò almeno altre dieci imprecazioni in climax, ma come un miracolo proprio per lui, il tassista era italiano -siciliano, per essere più precisi-.
Manuel gli fece leggere la via in cui doveva urgentemente andare e il tassista, di nome Franco, gli sorrise e lo fece salire in auto.
"Ti ci porto io, va'..."
Glasgow non era Roma, ma nessuna città poteva essere Roma. Impresa difficilissima, impossibile, titanica.
Ma la neve che cadeva dolcemente sulla Cattedrale di San Mungo era così incantevole che anche Roma sfigurava, ma solo per un millesimo di secondo.
Quella città sarebbe stata presto dimenticata, Manuel era in quella città soltanto per una persona, conosceva quella città per una persona, che era il ragazzo che aveva accettato di amare. Non sopportava più quella civile indifferenza e quelle chiacchierate che si sono ridotte a nemmeno un misero "ciao".
"Da chi devi andare, se posso sapere...?" chiese il tassista Franco per intavolare una conversazione: non era usuale incontrare un italiano a Glasgow.
"Da un ragazzo..."
Franco, dallo specchietto, fece una faccia maliziosa e Manuel non poté nascondere il suo lieve rossore sulle guance.
"Deve essere una persona speciale se ti ha fatto venire qui senza che tu sapessi 'na parola di inglese...!"
"Lo è..." lo sussurrò, Franco sorrise e riprese la marcia, e la conversazione si concluse lì.

Attraverso te -Simuel FF-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora