«Ce vengo io alla cena di Natale».
Quelle parole giungono alle orecchie di Simone mentre se ne sta seduto alla sua scrivania, intento a compilare tabelle di dati e controdati che gli sarebbero serviti per la riunione d'ufficio di quel giorno.
Di solito è uno molto preciso, che non si riduce all'ultimo se ha una scadenza ben definita; tuttavia, in quei giorni ha la testa altrove, forse anche a causa di quella cosa che ha raccontato ai suoi genitori – a suo padre, in realtà, che in seguito si è ovviamente incaricato di riferire anche a sua madre – qualche settimana prima.
È iniziato tutto da una semplice telefonata.
«Ma sai che Anna è fidanzata?». La voce di Dante gli arriva un po' lontana dall'altro lato della linea – probabilmente ha appoggiato il telefono con il vivavoce da qualche parte mentre si dedica ad altro.
Da quando Simone si è trasferito a Bologna per lavoro, quasi tre anni prima, è diventata un'abitudine quella di sentirsi col padre a fine giornata. L'uomo non l'ha mai detto esplicitamente, ma Simone sa che è il suo modo per dargli sostegno e per assicurarsi che stia bene dopo quello che è successo.
E anche per aggiornarlo sugli ultimi gossip della famiglia, a quanto pare.
«No papà, non lo sapevo» risponde distratto Simone. Sono le 22:37 di un mercoledì di fine novembre, è intento a leggere un'e-mail appena arrivatagli ed è ancora in ufficio, a quell'ora popolato solo da lui – e dalla donna delle pulizie, suppone. Quindi, in tutta onestà, la vita sentimentale dei suoi cugini è l'ultimo dei suoi pensieri, grazie tante.
«E da quasi tre anni! Non so come abbia fatto tua zia Beatrice a non farsi sfuggire nulla, sarà stato faticoso per lei, pettegola com'è». Si sente lo scorrere dell'acqua e il rumore di stoviglie che tintinnano tra loro. «Probabilmente ce lo farà conoscere a Natale. Tu vieni, no?».
«Sì papà, certo che vengo» sospira, incastrando il cellulare tra spalla e orecchio e iniziando a digitare una risposta sul suo pc portatile. Cosa porta le persone a rispondere a un orario del genere e per giunta dopo dieci giorni dalla richiesta iniziale, Simone non saprà mai spiegarselo, ma forse è solo il suo animo da perfettone a parlare.
Sta per chiedere al padre se possono risentirsi quando tornerà a casa ma Dante continua.
«Da solo?» chiede, con tono solo apparentemente disinteressato.
Simone si blocca con la bocca mezza aperta e le dita a sfiorare i tasti del computer. La domanda lo lascia un attimo interdetto perché con chi mai dovrebbe andare?, e forse è quel silenzio prolungato che porta Dante a proseguire.
«Simone, mamma e io siamo preoccupati. È vero che non devi per forza stare con qualcuno, e dopo ciò che è successo è comprensibile che tu abbia bisogno di tempo, ma sono passati due anni da quando...».
Le orecchie cominciano a fischiargli, il cervello pare spegnersi per alcuni secondi e le parole del padre gli arrivano a tratti, come se ci fosse dell'ovatta che ne impedisce il giusto passaggio.
Simone quelle stesse parole le ha sentite cento, mille, troppe volte, e anche se è consapevole che i suoi genitori vogliono solo che stia bene e che vada avanti, a volte vorrebbe che si facessero i fatti loro e lo lasciassero semplicemente in pace. È un adulto, saprà cosa è meglio per lui, no?
Eppure, se pensa ai giorni che trascorrerà a casa per le vacanze, con i parenti pronti a tempestarlo di domande sul perché e come mai e ma un ragazzo bello come te e guarda i tuoi cugini, gli viene quasi da urlare.
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A Christmas confession
Fanfiction«Simone, non ce sta niente di che parla'. Ce vengo io co' te» risponde risoluto dando un leggero colpetto con due dita alla sua mano, prima di alzarsi e abbandonare anche lui l'ufficio. Simone resta per qualche attimo a fissare il punto in cui la ma...