Capitolo 35

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Cal

Vederla così furiosa faceva risvegliare lati di me che credevo dormienti, ma una sua sola occhiata piena di sfida ed eccoli che si risvegliavano.

Non erano lati buoni, gentili o calmi. Semmai tutto il contrario. Sapevo da dove venivano, non ero così malato da non riconoscerlo, ma non sapevo controllarli. Erano violenti, distruttivi e corrodevano la mia anima da quando ne avessi memoria.

Non volevo che venissero fuori con lei, non lo volevo proprio, cazzo, e forse quella era l'ennesima prova che mi diceva di starle lontana.

«Non so che altro dirti e non so che fare. Andava tutto bene prima che arrivassi tu». Me ne uscii senza filtrare i miei pensieri.

Come prima cosa, non era per niente vero che andasse tutto bene. Tutto troppo monotono e troppo noioso. Un bodyguard di uno strip club... che patetico. Ma non me la passavo così male. Seconda cosa, ritrovarmi lei di fronte, era stata la cosa migliore e peggiore che potesse capitarmi.

Ma i motivi di certo non potevo dirglieli.

Se fosse ferita o meno dalle mie parole non lo diede a vedere. «Posso assicurarti che neanche per me è una passeggiata dopo averti conosciuto». Incrociò le braccia al petto più per il freddo che altro, mentre notavo come il suo nasetto solitamente bianco fosse arrossato per le temperature basse. Aveva gli occhi blu un po' lucidi per il gelo e la pelle tirata, mentre i boccoli neri le incominciavano quel viso perfetto da bambola. «E poi, cazzo, ti provoco ogni tanto, non mi pare di averti fatto chissà che!»

Se solo sapesse...

«Be', forse mi so scocciato di sentirti dire o vederti fare sempre le stesse cose».

Bugie, bugie e altre bugie. Ennesimo tentativo di allontanarla che non andò a buon fine. Gliene davo atto, nessuna era mai arrivata a quel punto con me. Di solito si stufavano al primo "no".

Ma la mia Crystal... lei no, era un osso duro.

Quell'aggettivo possessivo bruciò persino nella mia mente, visto e considerato che non lo sarebbe mai stata.

«Ma per favore! Se le tue parole fossero vere, per cortesia, smettila di essere incoerente!»

«Come scusa?» Sibilai tra i denti.

«Già, sei un incoerente del cazzo Cal! Non farmi pseudo scenate di gelosia o attacchi verbali sul fatto che si stata con qualcun altro». Era furiosa e glielo leggevo negli occhi.

Mi dissi che forse era meglio così, ma più di quello non sapevo che altro fare. Per la sua incolumità era meglio allontanarla, ma ogni volta risultava sempre più difficile. La desideravo con ogni particella del mio corpo. Volevo penetrarla fino allo sfinimento, fare segni indelebili su  quella pelle bianca e lasciarla senza fiato più e più volte. Volevo conoscere tutto di lei. Sogni, incubi, paure, desideri.

Volevo sapere cosa l'avesse spinta a scrivere quella poesia così struggente e il motivo delle sue lacrime subito dopo. Quando l'avevo vista su quel palco, tutta sola e completamente indifesa, avrei voluto andare da lei. Quando era scesa, mi ero avvicinato, cercandola tra la gente, ma proprio quando ero ad un passo da lei... l'avevo vista affianco a Baker e, be', non era il caso di interferire.

Mi chiedevo sempre perché fosse lì. Perché faceva la stripper? Perché rideva con le altre ragazze e subito dopo smetteva come se si fosse ricordata che non poteva farlo? Perché ballava, si metteva a nudo di fronte gli altri come se si stesse punendo di qualche peccato del passato? Perché sembrava che non potesse accettare la felicità per quella che fosse?

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