Capitolo 23 - Confessioni e Confessioni

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Calen era ancora a letto, continuava a dormire. Era più tranquillo rispetto al giorno precedente, non si lamentava più, aveva smesso di agitarsi e anche la febbre era passata del tutto. Stava riposando serenamente, recuperando da quei giorni di inferno. L'unica cosa che persisteva erano delle visioni che lo investivano in modo incontrollato, incessantemente. Da quando aveva iniziato a dominare il piano astrale Calen aveva acquisito un pieno controllo anche sulle visioni: non ne aveva più volute avere. Una volta compreso che avrebbe potuto comandarle si era deciso a non volerci più avere niente a che fare. Gli saliva l'angoscia ogni volta. Quando era solo un normale ragazzino sognava tutti i giorni di poter possedere un qualche super potere, persino sbirciare nel futuro gli sembrava la cosa più utile ed eccezionale del mondo. Adesso che aveva sperimentato sulla sua pelle quanto fosse angustiante doversi arrendere a ciò che era già stato scritto, si era convinto ad accantonare quel dono una volta per tutte.
Quella fase di incoscienza, in cui tutto il suo potenziale era esploso ed era stato lasciato libero di fluire senza restrizioni, lo aveva riportato indietro nel tempo, al tempo in cui ancora non aveva padronanza di sé. Tutti quei mesi passati a reprimere la chiaroveggenza si erano riversati su di lui in massa, ogni sogno era una predizione, ma in quello stato non era riuscito a preservare memoria di nulla.
Di nulla tranne dell'ultima visione che ebbe.
Calen si trovava in un luogo buio, non riusciva a distinguere i contorni di ciò che lo circondava. Tutto era informe, mobile, quasi liquido e fumogeno. Era seduto su una sedia per quello che poteva percepire. Era stato legato ai braccioli con una pesante corda che gli stritolava la pelle all'altezza delle braccia. Respirava affannosamente, nell'aria c'era odore di cenere e di terriccio bagnato. Dentro provava un'angoscia smisurata, una tristezza infinita, talmente forte da trasformarsi in dolore fisico. Non riusciva a prendere boccate d'aria sufficienti a colmare la sensazione di soffocare. Le guance erano umide, rigate da cascate di lacrime che ancora sgorgavano senza sosta.
Una mano nodosa e secca si era posata sulla pelle del suo viso, asciugando le goccioline salate.
Calen si era irrigidito all'istante. Non era un gesto affettuoso, tutt'altro. Alla fine un sussurro flebile gli era arrivato alle orecchie facendogli rizzare i capelli sulla nuca: «Tu. Sei. Mio.» diceva, scandendo parola dopo parola.
Calen aprì di scatto gli occhi svegliandosi dalla trance.
Inspirò a pieni polmoni strizzando subito gli occhi per una fitta pungente che si levò dal fianco sinistro. Masticò a vuoto sentendo la bocca e la gola secche, aride più del deserto.
Fece per tirarsi su, ma un peso che tratteneva le coperte glielo impedì. Spostò lo sguardo di lato e trovò Julian con la testa, coperta dal braccio, posata sul materasso e una mano incastrata alla sua.
Si fermò a fissarlo per un istante. Aveva l'aria stravolta, sfatta. Le guance si erano di nuovo coperte con un sottile velo di barba che non aveva mai pensato di radere in tutti quei giorni in cui non aveva fatto altro che stargli accanto. Si era solo cambiato per necessità dopo che Scarlett lo aveva trascinato di peso fuori dalla stanzetta. Julian si era lavato alla velocità della luce, si era rivestito e senza dire niente a nessuno si era di nuovo precipitato al fianco di Calen.
Aveva gli occhi chiusi, stava sonnecchiando. Le palpebre tremolavano impercettibilmente e il respiro pesante si infrangeva contro le coperte, calmo e regolare.
Calen gli passò una mano tra i capelli accarezzandolo con delicatezza. Lo aveva trovato un ottimo modo per dimenticarsi completamente anche di quell'ennesima visione indesiderata.
Dopo qualche attimo Julian chiuse la bocca semiaperta tendendo i muscoli come se si stesse stiracchiando. Aprì lentamente gli occhi, beandosi di quel tocco leggero che ancora lo stava accarezzando.
«Mi dispiace.» sussurrò il biondo «Non volevo svegliarti.»
Julian alzò il volto passandosi una mano sugli occhi. «Come stai?»
Calen deglutì a fatica. «Uno schifo? C'è dell'acqua da qualche parte?»
Julian annuì prima di alzarsi con uno scatto, si diresse verso il tavolo sotto la finestra riempiendo un bicchiere con la brocca che vi si trovava sopra. Tornò da Calen sedendosi stavolta sul bordo del letto aiutandolo a mettersi seduto.
Il ragazzo bevve avido. Oltre che fuori l'incendio rischiava di divampargli anche dentro, si sentiva quasi disidratato. Finito di bere posò il bicchiere sul comodino lì di fianco, scontrandosi con il suo riflesso nelle vetrate delle finestre accanto al letto.
Fu istintivo per lui spalancare la bocca e portarsi le mani alla faccia. Osservò quella macchia informe che si era dipinta sulla sua mano, sul suo braccio e sul suo zigomo. Era impressionante. Dava l'idea che un serpentello fatto di metallo incandescente si fosse divertito a salirgli addosso. Era un segno sconnesso e frastagliato, i bordi danzavano come infiorescenze sulla pelle creando un unico cordone marrone-rosso che spiccava a prima vista.
«Wow.» commentò solamente.
Julian gli accarezzò il viso toccando appena la pelle segnata. «Ti fanno male?» gli domandò.
«No.» rispose l'altro fulmineo «No, assolutamente no.» ripeté «Non sento niente, ma prima di tornare a casa devo pensare a un modo per nasconderle o mia nonna potrebbe uccidermi sul serio, altroché!» esclamò, già immaginando la faccia di Isabel e di Margaret se solo si fosse presentato indietro in quelle condizioni.
Julian si morse l'interno della guancia fuggendo il suo sguardo, non disse niente.
Calen restò per un attimo in silenzio grattando con le dita sulla stoffa del lenzuolo. I silenzi di Julian erano difficili da interpretare e lui non era esattamente un genio quando c'era tensione di mezzo.
«Non pensavo che fossero così le ustioni.» disse poco dopo, con tono mesto, quasi timoroso.
Il più grande si voltò verso di lui con sguardo criptico. «Sai cosa sono? T-tu lo sapevi?»
«Certo.» annuì «Èsmera mi ha detto che era una cosa che poteva succedere, specialmente per qualcuno dotato di tanto potere, ma era sicura che non sarebbe stato il mio caso. Era sicura al cento per cento che me la sarei cavata senza problemi.»
L'altro aggrottò le sopracciglia aspettando un seguito a quell'affermazione.
«In questo periodo non ho fatto altro che allenarmi a trasferire energia, ad aprire portali... insomma, mi ero impadronito completamente del piano astrale. Ho acquisito un buon autocontrollo, mi veniva tutto abbastanza naturale, tanto che alla fine Èsmera mi ha detto che ero più che pronto a evocare spiriti e a usare le reliquie senza particolare sforzo. Ed è stato così, a parte qualche acciacco iniziale, non ho davvero avuto problemi a gestire il mio potere.»
«Se andava tutto bene cosa è successo allora?» disse Julian.
«Mi sono distratto.» rispose lui semplicemente.
Il ragazzo continuò a guardarlo con aria interrogativa.
Calen si spostò più di lato facendogli spazio sul materasso. Gli chiese di sdraiarsi accanto a lui e, una volta che entrambi si trovarono stesi faccia a faccia, Calen si rannicchiò tra le sue braccia postandogli la testa sul petto.
«Sai, ho passato un sacco di tempo a evitare i miei nonni ultimamente, mi sono anche trasferito a vivere lontano da loro per qualche tempo proprio per evitare di coinvolgere loro o i miei migliori amici in tutta questa faccenda.» spiegò «Ero davvero preoccupato che alla lunga potesse succedere qualcosa anche a loro, mi ero raccomandato con tutti di stare lontano da Alister fino a quando la situazione non mi fosse stata più chiara. Poi lui è sparito dalla circolazione e non me ne sono più fatto un cruccio, credevo che fosse finito chissà dove per via della distorsione. Per certi aspetti ero ancora preoccupato, ma da un lato non so perché continuavo a ripetermi che la mia fosse solo una paura del tutto infondata, che tanto nessuno sarebbe mai riuscito ad avvicinarsi a loro – in un'altra dimensione per giunta– per arrivare a me. Credevo di essere diventato paranoico.»
Julian rimase in silenzio, ascoltava attentamente limitandosi a stringerlo a sé.
«Quando Alister ha detto di essere stato a Fort Lake, dai nonni io... mi si è svuotata la mente. Ho avuto così paura che per un attimo non sono più riuscito a pensare a niente, ho perso totalmente tutto il mio autocontrollo. Quello è stato il momento in cui ho perso anche il contatto con i portali e con il mio potenziale, non sono più riuscito a stabilizzarli.»
Julian strinse i denti, era adirato.
«Èsmera mi ripeteva sempre di mantenere la calma, anche Callista mi diceva sempre che meditare, sgomberare la mente e allontanare lo stress sono il primo passo da compiere per avere pieno dominio della propria magia. Non sono un tipo che perde le staffe facilmente, sono sempre stato abituato a sopportare, ad essere mansueto. Questa volta proprio non ci sono riuscito, ma non fa niente.» proseguì «Suppongo che mi servirà come lezione per la prossima volta. Si vede che non riesco a imparare le lezioni finché non ci sbatto la testa contro.» sorrise debolmente.
Julian rilassò la tensione prendendo a passare la mano sulla schiena di Calen. «Vorrei trovare un modo concreto per aiutarti. Vorrei poter essere in grado di fare qualcosa, anche solo una cosa piccola e insignificante per farti stare meglio.» mormorò.
Più che frustrato era rassegnato.
Per un attimo a Calen sembrò di trovarsi di nuovo a parlare con quel ragazzo insicuro e sopraffatto di quando era appena riuscito a tornare. Vederlo in quello stato lo faceva soffrire terribilmente.
«Che dici?» rispose con enfasi «Ora mi stai aiutando un sacco. Averti vicino mi aiuta e lo sai.» lo abbracciò forte, circondandogli la schiena con un braccio, stringendo tra le dita la stoffa della sua maglia.
«Sì, ma non mi sembra che serva a molto. Ultimamente non facciamo altro che discutere. E per colpa mia, come se non bastasse.» sottolineò.
Calen alzò il viso andando in contro a quello di Julian. Lo baciò a fior di labbra guardandolo insistentemente negli occhi. Vi leggeva dentro solo un grande senso di colpa.
«A me piace anche litigare con te.» gli disse «Ogni coppia normale lo fa, non può sempre essere tutto rose e fiori. E non è vero che è solo colpa tua, guarda me. Me la sono presa per delle cose stupide e ho urlato sia contro te che contro Callista. Ero indispettito, ma non avrei dovuto reagire in quel modo.»
«Non sono cose stupide.» gli rispose serio «Se ti hanno fatto stare male anche solo per un attimo, non erano cose stupide e avevi un buon motivo per essere arrabbiato. È tutto vero. Quello che hai detto è tutto vero. Volevamo tenerti indietro, è inutile negarlo. All'inizio abbiamo provato in tutti i modi a farti vivere il tuo viaggio qui come un'esperienza allegra, spensierata. Quando poi ci siamo accorti che il tuo coinvolgimento andava ben oltre, che si stavano sfiorando corde che dovevano rimanere sepolte, lì siamo stati costretti a rivedere i nostri piani. A mano a mano che venivano alla luce nuovi particolari su di te, su Hollow sul suo piano, in cuor nostro speravamo sempre che prima o poi il Grimorio avrebbe smesso di tirarti in mezzo. Non è mai stato così: più andavamo avanti, più ci siamo accorti di quanto tu fossi un pezzo fondamentale. Quando sei scomparso quella sera è stata dura soprattutto perché ci siamo resi conto di aver fallito. Il fatto che tu sia scomparso assieme al tuo Grimorio è stato l'apice del nostro fallimento. Non siamo riusciti a proteggere te, così come non siamo riusciti a proteggere casa nostra.» Julian fece una piccola pausa «Quando sei tornato indietro pensavamo, probabilmente in maniera molto stupida, che avremmo potuto rimediare. Non volevamo che quello che era successo a Wendes si ripetesse e anche se so che ti avevamo promesso di smetterla di essere così apprensivi, non ce l'abbiamo fatta. Non so neppure se ci riusciremo un giorno, è così e basta. Non possiamo... non posso fare a meno di essere apprensivo.»
Calen inspirò a fondo. «Va bene.» esordì poi «Ho capito che sono costretto alla ritirata. Non riesco a vincere con voi, è inutile, non ha neppure senso che io continui a prendermela. Non è che non lo apprezzo è solo che... alle volte mi sento il Calen di una volta. Quando non ero capace di fare niente, avevo paura di tutto e la mia autostima era sotto la suola delle scarpe. Non che ora sia a un livello tanto più alto, però almeno adesso qualcosina in più la so fare. Voglio solo dare una mano, tutto qui. Proteggere Erim, casa mia e tutto il multiverso è la cosa che più mi sta a cuore ora. E comunque, se proprio dobbiamo tirare le somme, possiamo dire che adesso siamo pari almeno.»
Julian arcuò un sopracciglio. «Pari per cosa?»
«Per tutte le volte in cui io ho fatto stare male te, per tutte le volte che ti ho fatto stare in ansia e per tutte le volte che ti ho costretto a trattarmi come un idiota per impedirmi di farmi male da solo. Per tutte le volte che ti ho fatto sentire in colpa per aver detto o fatto qualcosa che mi ha indispettito. Anzi, sai una cosa, non siamo pari. Penso di averne combinate decisamente più di te.» rise.
«Quelle non contano.»
«Ah no? E come mai? Perché se sei tu non ha importanza?»
L'altro tacque.
«Julian io ti amo e non voglio vederti annullato per causa mia. Non è così che funziona.»
«Che io sappia neppure farsi carico di tutto da solo funziona. Sei stato tu a dirmelo, ricordi?» ribatté.
«Mmm... vagamente.» borbottò Calen, beccandosi un'occhiataccia. «Lo so, sto scherzando.» disse subito dopo «Ma non abbiamo altre alternative al momento. Ormai ti conosco, lo so che metti la mia sicurezza prima di qualsiasi altra cosa, anche prima delle decisioni sensate. Questa volta davvero non avevamo tempo e queste» indicò le ustioni «sono state solo un imprevisto.»
Julian sospirò scuotendo il capo. «Esistono sempre imprevisti. Il punto è che non sai quanto gravi possano essere. Io metto te al primo posto non solo perché ti amo e vorrei farti vivere sotto una campana di vetro, ma anche e soprattutto perché se ti succede qualcosa, abbiamo chiuso.»
Calen lo guardò serio per pochi istanti, poi scoppiò a ridere. «Ti rendi conto che litighiamo sempre per le stesse cose? Non capisco se sia recidività o cosa.»
Julian gli pizzicò una guancia. «E ti sembrano cose su cui riderci su?»
«Sì.» rispose l'altro «Se fossero cose serie vuol dire che siamo proprio stupidi.»
«Forse la verità è che lo siamo e non lo sappiamo.» disse l'altro a bassa voce, come fosse un segreto.
«Ho l'impressione che andremo avanti a battibeccare sulle stesse cose finché non avremo ottant'anni a testa.»
«È una buona possibilità.» convenne il più grande.
«Ora siamo a posto?» gli chiese il biondo.
«Non lo so, devo decidere.» Julian gli salì sopra tenendosi issato sulle braccia per non pesargli addosso. «Hai una bella prospettiva comunque, io non credo che tu mi farai arrivare agli ottanta anni se devo essere onesto.» disse poi all'improvviso.
«Come sarebbe a dire?!» sbottò il più piccolo «Non ti permettere mai più neanche di pensarla una cosa del genere! Diventeremo vecchi insieme, non si scappa e non puoi piantarmi in asso.»
«Sì, sì, sì. Come vuoi.» lo blandì dolcemente, baciandogli la fronte.
D'improvviso alla porta bussarono un paio di colpi. Scarlett e Cassidy entrarono senza aspettarsi un invito a entrare, inchiodandosi poi sull'uscio con gli occhi sbarrati.
Fecero per richiudere il battente, ma Julian scese dal letto fermandosi a braccia conserte di fianco a Calen che, nel mentre si era tirato a sedere.
«Prego.» disse il maggiore «Avanti, fate con comodo.» indicò con un ampio gesto del braccio.
I due gli puntarono contro un indice «Possiamo mai immaginare cosa state combinando qui dentro e soprattutto che lui si fosse svegliato?» lo assalì la ragazza. «Sei tu che dovresti darti un contegno, almeno aspettate di essere in camera vostra.» disse alterata, sorpassandolo con sdegno, sedendosi sul bordo del letto vicino a Calen.
Cassidy rimase sulla soglia, guardando uno e l'altra tornare a comportarsi come idioti. Quel piccolo gesto lo riempì di sollievo. «La regina vuole parlare con te.» comunicò poi al suo comandante.
«Riguardo cosa?» chiese questo.
L'altro si strinse nelle spalle. «Non ne ho la minima idea!» esclamò «E già che ci sei, facci un bel riassunto quando torni.» detto questo, anche lui lo oltrepassò regalandogli una pacca sulla spalla.
Julian titubò per un istante.
«Guarda che non lo consumiamo.» disse Scarlett «Anzi, credo che Calen sia stufo di averti tra i piedi. Potresti non essere così egoista e lasciacelo un po' per favore? Sì, grazie!» e si alzò giusto per spingerlo letteralmente fuori dalla stanza. Quando si chiuse il battente alle spalle, i tre scoppiarono a ridere.
«È bello constatare che certe cose non cambieranno mai.» disse Calen coprendosi la bocca «Sei sempre la solita. Mi sei mancata un sacco!»
Scarlett riprese il suo posto abbracciando Calen, riempiendolo di piccoli baci sul viso. «Secondo te perché siamo scappati via dalla riunione?» gli disse lei «In realtà volevano anche noi due, ma abbiamo detto che Julian da solo bastava e avanzava e no, non mi sento minimamente in colpa. Da quando sei tornato ancora non sono riuscita a averti tutto per me.» precisò.
Calen riprese a ridere di gusto.
«Beh...» esordì poi Cassidy «... in questo caso si dice "bentornato tra i vivi", credo. Mi fa piacere vedere che ora stai meglio.»
Calen annuì. In effetti già si percepiva più energico di prima. «Mi sento solo leggermente intorpidito, ho bisogno di alzarmi e sgranchirmi le gambe.» commentò.
«Dopo quattro giorni di letto ci credo.» replicò l'amico «Ma vedi di non esagerare subito.»
Calen sbiancò di colpo. Spalancò occhi e bocca contemporaneamente, portando le mani tra i capelli. «Dimmi che stai scherzando, ti prego.» sussurrò con un filo di voce «QUATTRO GIORNI?» urlò poi «I miei nonni mi uccideranno sul serio! Mi verranno a prendere con la forza! Sono finito, sono diventato un ricercato... io, io... sono un cadavere che cammina. Come faccio a trovare una giustificazione?! Quattro giorni!»
«Dai non prenderla così a male, poteva andare peggio, no?» mormorò Scarlett titubante.
Calen la gelò con uno sguardo storto.
«Va bene, non so che altro dire.» si difese lei «Dovresti calmarti comunque, ormai è fatta non puoi mica tornare indietro nel tempo. Dovrai solo inventarti una buona scusa e sperare che ti credano?»
Calen avrebbe voluto sotterrarsi, nessuna scusa poteva reggere contro l'apprensione di Maggie.
«BUONA SCUSA?!» urlò di nuovo. Quanto si vedeva che Scar non aveva mai conosciuto Margaret. Era sicuro che se avesse visto come aveva reagito per parecchi dei suoi "incidenti" non avrebbe detto la stessa cosa.
«Devo sbrigarmi a tornare.» bofonchiò agitato.
La ragazza mise il broncio. «Lo sapevo.» disse «Ecco che te ne rivai subito.»
Calen alzò gli occhi al cielo. «Lo fai apposta, vero? Ti rendi conto che mi trovo in una situazione disperata?»
«È la verità, dimmi che non ho ragione, ti sfido.» replicò lei intestardita.
«Voi avete un vero talento per i ricatti morali e per far sentire le persone in colpa.»
Scar gonfiò le guance «Beh perdonaci se una volta tanto vogliamo fermarci a chiacchierare con te dopo quasi un anno che non ci siamo visti. Non credevamo avessimo bisogno di prenotare un'udienza anche con te. È vero che sei un principe, ma speravo potessi fare un'eccezione per noi.»
Calen lanciò qualche occhiata al suo Grimorio. Poi guardò il viso di Scarlett e di Cassidy. Tornò a posare lo sguardo sul Volume iniziando a tamburellare la punta del piede sul pavimento. Poi sospirò esausto. «Tu e il tuo sarcasmo... vi odio! D'accordo, va bene.» si arrese «Ho appena appurato che voi potreste costringermi a fare qualsiasi cosa, ve la do sempre vinta. E poi hai ragione, ormai è fatta. Devo solo... solo... no, in verità non lo so cosa devo fare, ma visto che ci siamo mi darete una mano a tirarmi fuori da questo impiccio.» sbottò convinto.
Scar sorrise animandosi. «Certo! Puoi dire che...ehm, che... sì, che...» provò, ma non le venne in mente nulla. Nel frattempo Cassidy si prese il mento tra pollice e indice, imitando una posa riflessiva in maniera estremamente esagerata. «Non sono molto bravo in queste cose, nemmeno da piccolo riuscivo a trovare scuse per saltare l'addestramento.»
Calen sospirò sonoramente. «Ho capito, mi spremerò le meningi da solo.»
«Non vogliamo metterti nei guai, ma ci mancano i vecchi tempi.» disse Scarlett «Mi manca il tempo in cui ci nascondevamo da Julian per rilassarci, per ridere, per raccontarci cose... da quando sei tornato è tutta una corsa. In sole tre settimane è successo più di quanto non sia successo negli ultimi mesi. Sento la necessità di dover rallentare, non so voi, ma è come se mi fossi trovata a vivere due vite nell'arco di una.»
Cassidy annuì «La tensione non fa bene alla pelle. Rischio di invecchiare troppo e precocemente.»
La ragazza gli tirò uno scappellotto. «Ma si può essere sempre così cretini?» commentò.
Calen rise.
Anche se si sentiva in ansia per i troppi giorni trascorsi lontano da casa, avrebbe mentito se avesse detto di non aver bisogno di quei momenti spensierati. «Io continuo a ribadire che non siete cambiati di una virgola nonostante tutto e questo è estremamente rincuorante.»
«Qualche cambiamento c'è stato.» disse Scarlett «È solo che ora, piano piano, stiamo tornando a riprenderci i nostri ritmi. Avevamo bisogno di una scossa.»
Calen assottigliò lo sguardo dando di gomito a Cassidy. «Ah sì? Che genere di cambiamenti?» indagò.
Scarlett non aveva perso l'abitudine di giocherellare con i capelli. Si erano allungati molto dall'ultima volta che l'aveva vista, ormai erano diventati una cascata di fuoco rosso che arrivava fin sotto ai glutei. Quando li raccoglieva in una coda alta faceva invidia.
«Beh...» titubò «...hai visto Sawyer e Estrella, no? Sono diventati molto più simpatici, non trovi?»
Calen aggrottò le sopracciglia. «No, no, ferma. Non ti sentirai mica in imbarazzo a dirmi che ti sei fidanzata, vero? Tu non puoi imbarazzarti per una cosa del genere!»
Scar rimase a bocca aperta e con una mano immobile tra la chioma. Ci fu un breve istante di silenzio in cui regnò un gioco di sguardi: lei lanciò un'occhiata a Cassidy, il ragazzo la evitò magistralmente fissando il soffitto. Scarlett guardò Calen in modo interrogativo e il biondo guardò verso Cass mettendolo nel sacco.
«Brutto stupido!» scattò la ragazza facendo il giro del letto, afferrando Cassidy al collo con un braccio. A Calen pareva di assistere ad un incontro tra lottatori professionisti, quella mossa era stata eseguita impeccabilmente nel giro di pochi millesimi di secondo. Ancora una volta aveva confermato che Scarlett era letale quando perdeva le staffe.
Il ragazzo dai capelli d'argento annaspava scherzosamente facendo facce buffissime. «N-non re...s...piro!» scherzò.
La rossa lo liberò bruscamente lasciandosi andare ad una specie di ringhio esasperato. «Glielo dovevo dire io, hai rubato il mio momento di gloria!» si lagnò.
«Volevi farlo prendendo il giro largo?» la stuzzicò di nuovo Cassidy «Volevi che questo momento di gloria durasse per sempre, per caso?»
Dopo tutto quel tempo, Calen non aveva ancora capito se il suo amico avesse istinti masochisti o cosa. Lei gli fece la linguaccia. «Non c'è sfizio così.» borbottò incupita.
«Per la verità non sono a conoscenza dei dettagli.» si immischiò il più piccolo «Cass non mi ha voluto dire niente di più, temeva l'avresti picchiato a morte e, in effetti... »
La ragazza si mise a passeggiare avanti e indietro, costeggiando i piedi del letto. «Non è da tantissimo che... che abbiamo deciso di approfondire la nostra conoscenza.» era incredibile come prima lo prendessero in giro esplicitamente e poi si trasformassero in un concentrato di pudore al momento di parlare dei fatti loro. Calen si trattenne dallo scoppiare a ridere a stento «Non siamo mai usciti anche perché, come puoi immaginare, di questi periodi non si può fare granché. Ci stiamo dando una possibilità direi e ne sono contenta. Klaus mi fa stare bene.» concluse.
«E io sono contento che tu abbia trovato la persona giusta per te.» replicò Calen.
«Tu credi? Che sia quello giusto, intendo.»
«Dai! Ti mangiava con gli occhi prima, figurarsi adesso. Siete sempre andati molto d'accordo, c'è intesa e solo lui può avere abbastanza pazienza per sopportarti. Poi devo ammetterlo, sono pochi gli uomini che saprebbero tenerti testa Scar e oggettivamente uno così me lo terrei stretto. Ho sempre pensato a te e un tuo probabile fidanzato durante una litigata. Non finiva mai bene per lui, con Klaus invece mi sento più tranquillo.» rispose.
Scarlett storse il naso, non provò neanche a controbattere a quell'affermazione. Evidentemente conosceva i suoi punti deboli... o forti, in questo caso? «In effetti hai ragione su tutto. Klaus è l'unico che sa come prendermi. Che ci posso fare, si vede che era destino.»
«Mi raccomando Calen: tu non dire mai a Julian che fai apprezzamenti su altri uomini.» scherzò Cassidy. Il biondo sospirò guardandolo dall'alto in basso, come se stesse parlando dell'ovvio. «Queste cose sono confidenziali, quello che ci diciamo qui dentro, resta qui dentro.» sorrise poi, coprendosi le labbra con l'indice.
«Allora se è così temo di avere anche io una confessione da fare.» proruppe il ragazzo dai capelli argento «Visto che state scoprendo tutte le carte sul tavolo...»
«Cassidy Halls.» esclamò Scarlett «Muoviti ad aprire la bocca! Quando non serve non taci mai e ora invece ti dobbiamo tirare fuori le cose con le pinze.»
«Se mi dessi il tempo, lo farei!» ribatté l'altro. Scar incrociò le braccia al petto.
«Prima di partire per l'ultima missione ho parlato con Elijah.»
La rossa sgranò gli occhi, mentre Calen si copriva la bocca.
«Parlato, parlato? Sul serio? Finalmente.» esclamò il biondo, tirandogli una pacca sul braccio.
«Sì, parlato e anche parlato.» disse il ragazzo grattandosi la nuca «Facciamo sul serio ora. Quindi ecco... evitate di essere imbarazzanti e, soprattutto, tu smettila di stressarmi!» sbottò verso Calen.
Scarlett era ancora troppo sorpresa per dire qualcosa, stava mentalmente elaborando.
«Eh no!» scattò subito Calen «Io ho intenzione di farla pagare a entrambi, quando è toccato a me non mi sembra vi siate risparmiati.»
«In realtà noi lo facevamo per Julian, tu ci sei andato di mezzo per forza di cose.» rispose il ragazzo.
«Questo non cambia un bel niente.» ribatté «A proposito, non vedo l'ora di sapere che faccia farà Julian quando lo scoprirà!» ridacchiò in un misto tra il divertito e il sadico.
«Non dirlo a me. Non dirlo a me.» ripeté Cass in un mormorio sconsolato. Già sapeva che anche lui lo avrebbe messo in croce.
«Porca miseria!» imprecò alla fine anche Scarlett «Il mio Cassidy che diventa adulto.» disse, per poi alzarsi dal letto e andare in contro all'amico per abbracciarlo.
Cass roteò gli occhi lasciandola fare. «Guarda che ho solo due anni in meno di te, non essere così melodrammatica.»
«Resti sempre il mio piccolo Cassy.» gli fece il verso.
«Piantala con questo nomignolo stupido!» sbottò l'altro.
«Cassy?» ripeté Calen ridendo ancora.
«Lo chiamavano così al tempo dell'addestramento.» rispose Scarlett.
«E di chi è la colpa secondo te?» ribatté astioso.
«Non mi avete mai raccontato di quel periodo. Da Julian è impossibile ottenere informazioni, ma anche voi non vi siete mai sbilanciati.» disse Calen a quel punto.
«Magari un giorno ti racconterò qualche chicca.» Scar gli fece l'occhiolino.
«Io preferirei che quegli anni bui restassero sconosciuti ai più. Julian non sarebbe felice di sapere che racconti al suo ragazzo del tempo in cui era una recluta.» puntualizzò Cassidy.
«Perché?» Calen non riusciva a contenere la curiosità.
«Il Julian che conosci ora non ha niente a che fare con il Julian che abbiamo conosciuto noi. Dovresti assolutamente costringerlo a farti raccontare qualcosa.» disse la ragazza.
Calen arricciò le labbra. «Certo, come no. È risaputo che Julian non vede l'ora di raccontare i fatti suoi, specialmente se non vuole farli sapere. Guarda quanto ci ho messo per farmi dire che è il futuro re di Wendes.» a dire il vero era ancora leggermente arrabbiato per quella questione.
«E tu corrompilo.» disse facendogli l'occhiolino.
«Siete diventati indecenti da quando avete trovato i vostri compagni. Vergogna!» sbottò.
«Suvvia, la finta innocenza non ti si addice.» continuò Scar «Ti rendi conto di avere il coltello dalla parte del manico? Potresti controllare Julian. Julian! Io ne avrei approfittato da un pezzo.» rise.
Calen sembrò rifletterci. «Può darsi che ricorrerò a quell'evenienza se si presenterà l'occasione.»
I tre si misero a ridere coprendosi il volto con le mani.
«Questo sa proprio di casa.» commentò Cassidy alla fine, stendendosi sul materasso di fianco a Calen, posandogli la testa sulle gambe. «Dovremmo ritagliarci più spesso del tempo per noi tre.»
«Concordo!» esclamò Scarlett, posando il capo sulla spalla del biondo.
«Niente ce lo vieta.» rispose quest'ultimo «Quando avrò imparato appieno a convivere con questa doppia temporalità, potremo ritagliarci tutto il tempo che vogliamo. Torneremo a goderci la serenità come prima.»
«Hai ragione.» disse Cass «Anche se non abbiamo più a disposizione i pomeriggi interi per sederci nel giardino della nostra ex-base, mi accontento anche di questo.»
Scar scompigliò i capelli di entrambi alzandosi dal letto. «Su Cassidy, dovremmo lasciare Calen libero di tornare nella sua dimensione.» disse «Non vogliamo metterti in guai più grossi del dovuto.»
Il più piccolo si rabbuiò per un istante. Le chiacchiere allegre lo avevano distratto dalle questioni più impellenti di cui doveva occuparsi. «Spero di sopravvivere.» mormorò in tono bassissimo, proprio mentre Scar gli porgeva il suo Grimorio.
«Te la caverai, ne sono certa.»
Calen sorrise debolmente. Afferrò il Grimorio a due mani aprendolo su una pagina bianca. Ancora non aveva inventato nessuna scusa, era sicuro che a quel punto avrebbe finito per parlarne con Isabel una volta tornato a casa. Per l'ennesima volta si era ricordato di quanto fosse fortunato a poter contare su di lei, quella era l'unica cosa che riusciva a confortarlo in questo viaggio di ritorno.
«Grazie.» rispose alla fine «Ci vediamo presto.»
E così, in un turbine di vetri colorati, il corpo di Calen si sgretolò fluttuando nell'aria.
Quando il passaggio dimensionale cessò, il ragazzo si trovò catapultato nella piccola cucina di Isabel proprio mentre questa stava preparando il pranzo.
La donna si girò di scatto lanciando un piccolo urlo e portando la mano al petto fece volare per aria il mestolo di legno che impugnava. Poi chiuse gli occhi espirando di colpo. «Calen.» pronunciò solamente, cercando di riprendersi dallo spavento.
«Scusa.» biascicò il nipote «Di nuovo.» aggiunse.
Aveva il timore che a lungo andare avrebbe causato un infarto a sua nonna. Non lo faceva di proposito, ma ogni volta finiva per spaventarla.
«Che...?» Isabel si avvicinò a lui con cura, prendendogli il volto tra le mani. Lo girò a destra e a sinistra per osservare le ustioni sulla sua pelle.
«Nulla di cui preoccuparsi, sto bene.» la rassicurò lui prendendole le mani.
«Sei stato via per quattro giorni di fila, iniziavo a essere tremendamente preoccupata.» disse lei «È per via di questo?» chiese indicando i segni sul suo corpo.
Calen annuì, prendendo a spiegarle esattamente cosa era accaduto durante la sua assenza.
Il viso di Isabel si era intristito in un batter d'occhio, per poco non scoppiò in lacrime. Calen era forse più affranto di lei. Si era reso conto che scendere troppo nei dettagli l'avrebbe solo fatta soffrire; lei che in ogni modo cercava di rendersi utile e che trovava assai frustrante il non poter intervenire per via diretta.
«Ma ora sto bene.» concluse «Non mi fanno male, davvero. È tutto passato!» esclamò, pizzicandosi la guancia con la ferita, a dimostrare che non c'erano state ripercussioni.
Isabel poggiò la fronte sulla mano. «Di questo almeno sono contenta.»
«Perché invece mi sembri altamente... allarmata?» le chiese.
Isabel sospirò sonoramente, iniziando a preparare la tavola per il pasto. «I tuoi nonni.» disse solo.
Il cuore di Calen rimbombò nella cassa toracica con forza.
«I tuoi nonni hanno chiamato per tutti e quattro i giorni. I primi due ho ignorato sia le telefonate che i messaggi. Erano stati avvisati, pensavo e invece nulla da fare. Al terzo giorno, per non insospettirli ho risposto a qualche messaggino fingendomi te, niente di esagerato solo un "sto bene" o "c'è poca rete" o "sono troppo impegnato". Ieri Margaret si è attaccata alla cornetta. Non so se sia sesto senso o cosa, ma sapeva che qualcosa non quadrava. Ho dovuto rispondere.»
Calen intanto stava meditando, sentendo a mano a mano il cuore aumentare i battiti. Un disastro, già lo sapeva.
«Ho risposto dicendo che ti eri preso una grossa influenza, con tanto di febbre e mal di gola per il freddo e che eri diventato afono. È stata una pessima idea.»
Calen già immaginava la reazione spropositata di Maggie a quella notizia. Mai e poi mai dire a sua nonna che era malato.
«Maggie si è subito fatta prendere dal panico. Aveva il timore che, con la tua malattia, il mio lavoro potesse risentirne e quando le ho detto che non era un problema prendermi cura di te, è scoppiata in lacrime.»
Calen lasciò cadere la testa sul piano di legno. Guai più grossi di quelli che poteva immaginare.
«Ha iniziato ad addossarsi responsabilità che non esistono, si è sentita in colpa per aver intralciato la mia routine e per averti lasciato andare dall'altro capo del mondo. Insomma, una cosa tira l'altra e...»
«E?» incalzò il ragazzo con il quadruplo delle palpitazioni.
«E li ho dovuti invitare qui.»
Il silenzio che calò fu gelante. Calen rimase con gli occhi sbarrati per diverse manciate di secondi.
«COSA?» sbottò poi alzandosi di scatto.
«Ho dovuto!» disse la nonna «Avresti dovuto sentirla, ha iniziato a scusarsi con me per non aver mai cercato di farti mettere in contatto con me, si sentiva colpevole di avermi esclusa. Esclusa, quando mai? I-io non so cosa le sia preso, ma mi è sembrato solo umano chiederle di venire a trascorrere del tempo qui. Io non posso assentarmi, ma loro non hanno problemi a viaggiare e l'unica cosa che mi è venuta in mente per rattoppare è stata questa. Sono stata presa in contropiede anche io!»
Calen prese a passeggiare avanti e indietro per la piccola cucinetta. Gli si era chiuso lo stomaco.
«Dimmi che hanno declinato l'invito e che mi sto facendo mille paranoie per niente.» la pregò.
Lo sguardo di Isabel però fu più che eloquente. «Hanno detto che valuteranno l'offerta.»
Il ragazzo sbiancò iniziando a boccheggiare. «V-valuteranno l'offerta?»
Era spacciato. Se non avevano declinato, c'era la possibilità concreta che si presentassero lì.
Erim non avrebbe mai aspettato e mai si sarebbe potuta permettere la sua assenza in quel momento.
A tutto quello che ne conseguiva, non voleva neanche pensarci.
«Dobbiamo trovare un modo per non farli partire. Qualunque cosa!» esclamò.
«Possiamo provarci, magari puoi telefonarli e tranquillizzarli. Prova con una chiamata video, se vedono il tuo volto sereno... e per forza di cose truccato, si calmeranno?» ipotizzò la donna.
«Sono finito.» concluse Calen «Nonna, non possono venire qui. Se vengono e scoprono la verità, io non voglio neppure immaginarlo. Non ho più il vantaggio di congelare il tempo.»
«Lo so tesoro, lo so.» cercò di consolarlo «Vedrai che troveremo un modo. Sono sicura che se sarai tu a parlare con loro, Margaret ridimensionerà l'ansia che l'ha colpita. Ti ha cresciuto lei in fondo e il non averti accanto, quando ha passato tutta la vita a prendersi cura di te, è stato destabilizzante. Sono fermamente convinta che basterà rassicurarli, vedrai.»
«Mi devo aggrappare a questa tua convinzione o rischio di avere un esaurimento nervoso.»
«Se non dovesse essere così, troveremo un modo per cavarcela. Lascia fare a me.» disse «Solo che...»
«Che?» la incentivò.
«Che devi trovare al più presto il modo di nascondere quelle.» disse, indicando verso le nuove cicatrici «Posso inventare qualche frottola, ma per quelle non saprei neppure da dove partire.»
Calen si lasciò collassare sulla sedia più vicina. Non aveva la forza per pensare a nulla se non al fatto che fosse nei guai fino al collo.




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NOTE DELLA STUPIDA AUTRICE

Rieccoci qui! Spero abbiate passato delle belle feste e che vi siate riposati a dovere.
Da oggi riprendono ufficialmente gli aggiornamenti settimanali e, come sempre, colgo l'occasione con queste stupide note di mandarvi un mega-abbraccio virtuale!
Alla prossima,
scarlet <3

RIFTWALKERS II - Il Grimorio Di Cristallo - [La Guerra Dei Due Mondi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora