È da qualche settimana che Manuel sembra flirtare spudoratamente con Simone a tutte le ore del giorno, praticamente ogniqualvolta la possibilità gli si presenta, ma Simone — che del non illudersi quando si tratta di Manuel Ferro è divenuto un esperto — ci ha ormai fatto l'abitudine, per cui si limita a sorridere, arrossire e sbuffare. Non esattamente sempre in quest'ordine ma sempre con la stessa precisione.
Riesce addirittura ad immaginare i commenti del suo migliore amico mentre guida verso casa sua con quella stretta camicia bianca e gli occhi leggermente truccati.
Ha da poco preso la patente e Manuel sembra gradire particolarmente la sua guida a giudicare dal fatto che non perde occasione per costringerlo a dargli passaggi ovunque, letteralmente ovunque, e quella sera quindi non fa eccezione.
Devono trovarsi alla casa delle vacanze di Giulio, poco fuori Roma, alle nove circa, per una festa che dovrebbe essere di carnevale ma che si è rivelata alla fine semplicemente un'occasione per ubriacarsi in compagnia ed è per questo che alle otto lui si ritrova sotto casa di Manuel.
A Manuel gira un po' lo stomaco, non ha neppure pranzato. Dice di non aver fame, ma non si spiega il perché.
Inizia a sentirsi ancora peggio quando apre la porta della macchina di Simone e i suoi sensi vengono letteralmente assaliti. Riesce a sentire soltanto il suo profumo, riesce a concentrare lo sguardo soltanto sul suo torace, sulla camicia bianca che sembra voler esplodere sul suo petto — o forse è lui ad essere troppo drammatico.
La situazione peggiora quando alza gli occhi e li incastra nei suoi e li trova più grandi, intensi, belli.
Boccheggia, apre e chiude la bocca alla ricerca di aria e questo si fa sempre più strano è l'unico pensiero del più piccolo che semplicemente alza un sopracciglio e «Manu?» domanda.
«Ciao, sì, ciao Simò, andiamo.» farfuglia lui, sentendo il fastidio allo stomaco peggiorare sempre più.
Lo osserva per tutta la durata del viaggio muovendo lo sguardo tra le sue braccia e le sue cosce ogni volta che una mano si sposta a cambiare marcia o che i piedi si spostano sui pedali e si sente sempre peggio perché crede che lui il coraggio non lo troverà mai: né per ammettere a sé stesso di aver perso la testa per il suo miglior amico, né per ammettere al suo migliore amico di aver perso la testa per lui.
È un po' per tale ragione che la maggior parte del tempo la trascorrono in silenzio, un silenzio interrotto solo dal suono della musica e da qualche battutina di entrambi che in fin dei conti non possono far a meno di battibeccare come una vecchia coppia di sposi.
Quando però arrivano alla villa Manuel proprio non ci sta a separarsi da Simone, anche perché qualcosa dentro di lui lo spinge a restare il più vicino possibile all'amico per evitare che chiunque possa avvicinarsi a lui per i motivi più disparati.
Così «Simò andiamo a bere un po'?» propone, sembrando una persona nuova, rinvigorito principalmente dal fatto che non è più costretto a condividere uno spazio così stretto con l'altro.
«Ma, Manu, solo io e te? E gli altri?» ribatte Simone, turbato.
Sono pur sempre ad una festa di classe, in fin dei conti.
«Eh vabbè, dopo pensamo agli altri, mo' stiamo un poco solo io e te.» spiega allora lui e, afferrandogli prepotentemente un fianco, se lo tira addosso, sentendo un brivido percorrergli la schiena.
«Sei caldo.» mormora anche, facendo letteralmente fermare il cuore di Simone quando poi avvicina il naso al suo collo per inspirare il dopobarba che lo stava torturando da quando ha messo piede nella sua macchina.

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Drunk poet
ФанфикManuel si ubriaca ed inizia a ripetere le cose più cringe di cui ha memoria, nel tentativo di conquistare Simone.