Camminata veloce, respiro affannato e capelli gocciolanti. Inizia così la mia storia.
Alberi spogli di vita, rami soli. Attraverso il prato pisciato del triste parchetto sotto casa, piove.
Il mio petto imbrattato di profumo, ora, puzza di cane bagnato, e le scarpe, appena lucidate, sono impastate nel fango. Passa la voglia di resistere ai pensieri, e un piccione, dal volto stupidamente interessante, mi ricorda il motivo della mia uscita.
Iris aspetta un mio abbraccio, e io, banalmente, necessito un suo pericoloso bacio.
L'uccello marcio, sopravvissuto alla vita, è più simile a me di quanto si possa pensare.
Vivo per inerzia.
Ricordo la prima uscita con la mia lei.
Durante una caldissima giornata d'estate, il castello Sforzesco di Milano, osservava le nostre teste dall'alto. I cuori battevano forti.
Imbarazzato dal suo sguardo, l'unica cosa che riuscì a dire fu un delirante commento su quel piccione malaticcio che si era interessato a noi. Il ghiaccio si spezzò e, tra una chiacchiera profonda e una meno intelligente, l'amore, di cui tanto avevamo bisogno, accarezzò le nostre labbra con delicatezza, esaudendo il desiderio di un timido bacio.
Ricordo ancora l'odore estivo del parco, le persone che, con audacia, correvano avanti e indietro per lo sterrato, i cerbiatti innamorati dinanzi a noi, ma soprattutto, la sensazione di completezza che provai. Indescrivibile.
La pioggia cade forte sulla mia testa, sembra quasi voglia aprirmi il cranio curiosa di scoprire ciò che si trova all'interno. Troverebbe un miscuglio di pensieri irriconoscibile, pieno. Ricordi, riflessioni, pensieri da scrittore, sceneggiature inventate sul momento e, ancora, paure, paranoie. Tante paure. Simile all'Apeiron di Anassimandro, sorgente del mondo, e per me, fonte di male.
Sinceramente, non credo che le gocce di acqua piovana rimarrebbero soddisfatte scoprendo che neanche il sottoscritto riesce a interpretare sé stesso.
Non ho nome, non ho soprannomi, non ho forza.
Cessa il martello sulla mia testa, quando, inzuppato e sporco di fango, metto piede in stazione. Il treno mi aspetta. Io aspetto il treno.
Non arriverà.