Le ragazze camminarono per un lungo percorso, cercando di non essere viste, ma decisero , ormai sfinite di fermarsi.
***
"Uff, che faticaccia camminare."-Kai
"Certo tu ormai ti sei abituata ad andare con la macchina, sfaticata"-Alex
"Ehy, voi due smettetela. Ho un forte mal di testa e questo non è il momento di iniziare uno dei vostri soliti litigi."-Eva
"Wof!"-Casper Piagnucola.
"Fermiamoci Alex, Casper è stanco"-Sasha
"Okay."-Alex
Le ragazze appiccano un fuoco , con dei pezzi di carta trovati nei dintorni, e con i fiammiferi di Alex, che ormai si porta dietro da tanto tempo.
"-Su, mangiamo"-Eva
"Zuppa?"-Kai
"Zuppa."-Sasha
"E chi la prepara?"-Alex
"Eh."-Eva
"Non di nuovo io'-Alex
"Mi sa di sì."-Sasha
"Ma voi non volete muovere nemmeno un dito? KAIII!! SVEGLIA!!"-Alex
"Eh?!"-Kai si sveglia improvvisamente da un piccolo sonnellino fatto mentre le ragazze conversavano
"Kai cucina muoviti"-Alex
"NoooOooooOooo!"-Kai
Alex le prende il braccio e posiziona la sua mano sul fuoco, minacciandola che se non avesse cucinato, le avrebbe bruciato la mano.
"WOWOWO! Calmati. Cucino io"-Kai
"Alex sei troppo aggressiva in questo periodo, tutto bene?"-Eva
"Troppi pensieri per la testa, troppe cose da fare. Ho il presentimento che qualcosa sta per accadere, e ne sono certa. Io non sbaglio mai"-Alex
"Cos'hai per la testa? Se vuoi raccontare noi ti ascoltiamo."-Sasha.
Tutte si raggruppano in forma circolare attorno al fuoco, e ognuna comincia a parlare del proprio passato. Alex teneva un forte peso di cui sentiva la necessità di scaricare.
"Beh, sarete un po' scioccati dalla mia storia, però spero che ciò che vi racconterò non cambierà la mia idea su di me..."-Alex
Sin da bambina, il mio sorriso è sempre stato là, stampato sul mio volto. Anche dopo una grande delusione, non l'ho mai smesso di mostrare, anche se dentro, chiudevo in una cella con sbarre potenti e spesse, il mio dolore. No, non ero timida, o introversa, ma anzi ero e sono la persona più solare al mondo.
Ho sempre sofferto i miei chili in più, ma non dal punto di vista salutare, ma per il fatto che nella società questo era visto come uno sbaglio, qualcosa di cui me ne dovevo vergognare. Alle elementari, spesso venivo collocata come ultima nella lista "le ragazze più belle della classe" ma non per la mia bruttezza facciale, ma per il mio peso. Guardavo le mie bambole mentre giocavo e mi chiedevo, ma perché? Perché io non sono così? E spesso questa cosa tormentava i miei pensieri , soprattutto di notte, come se qualcuno, una figura fosse lì, vicino a me, a dormire accanto al mio letto, e che stesse continuamente ripetendo queste parole nella mia testa.
Soffrivo, e non lo davo a vedere, forse per non mostrarmi debole, odiavo mostrarlo davanti altri altri, soprattutto a chi mi riteneva sottomessa. La cosa che piu mi turbava era il mio sentirmi diversa, non avevo niente di diverso dagli altri, solo un po di carne in più , cosa cambiava? Continuai il mio percorso scolastico, e qui che cominciarono gli atti di bullismo.
Qualche giorno dalla loro bocca sentivo il mio nome , di solito seguito dalla parola "maiale," o da "cicciona di merda". Un giorno in particolare, alcuni dei miei compagni di classe, cominciarono a picchiarmi...Il motivo? Ero grassa. Per loro ero solo una stupida e insignificante palla di lardo, nient'altro.
Cominciarono a tirarmi pugni sul volto, lanciandomi per la stanza e scaraventandomi a terra, passandomi tra uno e l'altro come un pallone da basket , deridendomi. Io non valevo come persona per loro. Ma io ero cosciente che era il contrario. Da quel momento mi accorsi che quella a dover cambiare era io, non il mio fisico , ma il mio modo di rispondere a coloro che ostacolavano il mio percorso di vita. Io ero meglio degli altri. Mi sarei promessa che chiunque si sarebbe messo in mezzo, l'avrei "fatto fuori " non uccidendolo come omicidio , ma uccidendo l'importanza del loro giudizio sul mio conto.
Mio padre è sempre stato il tipo "non rispondere con le parole, rispondi con i fatti, picchiali e fai vedere chi sei!" Anche se mia madre non era d'accordo, lei rispetto a lui era più pacifista, ma la maggior parte delle volte non le davo ascolto , non perché non le volessi bene, ma sembrava più conveniente fare ciò che mi dicesse papà.
Mio padre è sempre stato per me una figura di riferimento.
Un idolo.
E per questo mi alzai, presi la sedia accanto a me , e gliela suonai diverse volte sul corpo, causando a tutti loro varie lesioni. Lividi e graffi. Scorse del sangue, ma non mi importava. Io ridevo per le loro facce, spaventate, terrorizzate dall'idea che io potessi ucciderli , non so cosa mi avesse fermato a farlo. Qualsiasi cosa che era inerente ad omicidi e sangue mi è sempre piaciuto. Ero tutta ciccia, ma la forza e il cervello ce li avevo.
Da quel giorno nessuno più mi fece male. Tutti mi stavano lontano, e la cosa mi piaceva, "lo sai che Alex ha picchiato due ragazzi..." giravano voci su di me che raccontavano dell'accaduto, più ne sapevano meglio era, in questo modo nessuno mi avrebbe più infastidito. Furono chiamati i miei genitori, ma loro erano d'accordo con me.
Dei miei genitori , posso dire poco. Mi hanno sempre supportato in qualsiasi cosa facessi, eravamo una famiglia ci volevamo bene , anche tanto. Mia mamma era una pasticciera, del quartiere chiamato "Il quartiere delle Delizie" quando si passava per di lì, si sentiva un odorino che ti obbligava a fare un giro al suo negozio. Torte e dolci di tutti i tipi , era una grande cuoca.
Mio padre, un militare, un uomo che amava mia madre più di chiunque altro, che avrebbe dato la vita per lei, si sarebbe fatto a pezzi per mia mamma.
Era un uomo forte, sia dal punto di vista psicologico che fisico, da lui ho avuto le basi della difesa corpo a corpo, mi insegnò alcune tecniche, prima del suo addio per la guerra in Albania. Mia sorella è sempre stata accanto a me, era come la migliore amica che non avevo mai pensato di aver desiderato. Le volevo un bene enorme. Avevamo un rapporto magnifico.
Alla fine poi, fui etichettata come la pazza psicopatica della scuola, eh beh , come dargli torto.
Da piccola, ero una bambina strana, quando le bambine giocavano a fare le "mamme" io mi picchiavo con i maschi. Avevo strane passioni.
Insomma da quel giorno , cominciai ad allenarmi, frequentai un corso di arti marziali di cui diventai in poco tempo leader. Ottenni la cintura nera.
Gli anni passarono.
La mia passione per la difesa corpo a corpo, aumentava e oltre alle arti marziali, frequentai il pugilato e un corso di Muhay Thai.
-
Mi cominciai a frequentare un ragazzo, che in poco tempo attirò la mia attenzione.
Non mi lascio spesso ammaliare dai ragazzi, soprattutto da uno come lui.
Era il popolare della scuola, tutte le andavano dietro, e aveva un amico che faceva parte dei tanti che una volta mi picchiarono. Lui proveniva da un lungo percorso, di dipendenza da psicofarmaci, e spesso si ritrovava chiuso in un centro di recupero mentale.
Ci fidanzammo. Spesso mi ritrovavo ad andare a casa sua, luogo in cui subivo violenza domestica. Mi picchiava e io tornavo a casa con lividi dappertutto, che io nascondevo. Mi manipolava con le sue parole "Io ti amo" , "Non lo farò più , te lo giuro" Una sera, io andai a casa sua. Tra una scusa e l'altra , ci ritrovammo in cucina. Ed è lì, che subì un abuso sessuale, che mi ha segnato per tutta la vita.
Gli dicevo "basta, smettila ho detto no." Ma lui continuava . Anche se il permesso di toccarmi non lo aveva.
Mi sembrava sprofondare, mi sentivo sporca, non ero in me.
Afferrai il coltello da cucina e glielo conficcai dritto al cuore. Lo guardavo sanguinare, e un senso di adrenalina e felicità , riaffiorava in me. Mi sentivo scorrere il sangue nelle vene. Lo pugnalai altre 37 volte. Per me quello era un gioco divertente.
Non ero in me.
Mi girai e mi guardi allo specchio.
La mia faccia era ricoperta di sangue, avevo gli occhi spalancati, e tremavo.
Cosa stavo diventando?
Cosa dovevo fare?
Lo chiusi in un sacco dell'immondizia, lo portai in macchina e lo lanciai nel fiume.
Il coltello me lo conservai, il suo sangue era sparito sopra, ma mi piaceva vederlo, mi ricordava quanta felicità avevo provato in quel momento a compiere quel gesto azzardato.
Di lui nessuno più chiedeva, la polizia aveva chiuso il caso, il suo corpo non fu trovato.
La sua famiglia era a pezzi.
Non sapevano, però, che essere mostruoso avevo dato alla luce.
-
Era il mio ultimo anno di università, avrei terminato gli studi.
Una sirena suonò.
APOCALISSE ZOMBIE, CHIUDERSI NELLE PROPRIE ABITAZIONI E USCIRE SOLO IN CASO DI EMERGENZ-
-
DOVEVO TORNARE A CASA. La mia famiglia era in pericolo.
Avrei girato l'incrocio per ritornare nel mio quartiere, e la mia casa era lì, come tutti i giorni.
Aprii la porta e...
Mio padre era lì, steso a terra, era tornato da qualche mese dall'Albania . Dopo anni di guerra ritorno nella sua città Natale per poi morire. Aveva difeso mia madre da uno zombie che evidentemente era passato per la finestra, sfondandola.
Mia madre fu attaccata poco dopo. Ero cosciente del fatto che quello fu stato un suicidio. Non sarebbe mai riuscita a vivere con l'idea che papà fosse ormai deceduto per salvarla.
Io e mia sorella , Mari in giapponese "OSTINAZIONE" , scappammo.
Mi teneva per mano, e correvamo più veloci del vento.
Il nostro quartiere era un campo minato.
Mari ed io correvamo , faceva freddo.
Quel giorno si gelava e non avevamo niente appresso, solo l'angoscia e la tristezza per la morte dei nostri genitori.
Fu una delle poche volte che piansi.
Continuammo a correre, fino a quando...
L'edificio accanto a noi cadde a pezzi.
E Mari ci finì sotto.
"Corri , vai lasciami qua, devi sopravvivere" mi disse.
Io non volevo lasciarla, non volevo andar via senza di lei, come avrei fatto?
"CORRI TI HO DETTO! TE LA CAVERAI! Promettimi che saprai cavartela senza di me. VAI! Mi urlò
"Mari, ti voglio bene" le risposi
"VAI"mi disse, con una lacrima che le cadeva sull'occhio, era evidente che aveva voglia di vivere, lei amava la vita. Però voleva la mia sopravvivenza più della sua.
-
L'apocalisse si espanse ancora di più , diventò qualcosa di globale.
Imparai a cavarmela, cominciai ad avere rapporti illegali con persone che mi fornivano soldi e provviste, in cambio di qualche lavoretto.
Mi sarei promessa che la mia vita sarebbe venuta prima di tutta quella degli altri.
Dovevo sopravvivere per Mari.
Lei era il mio motivo per andare avanti, vivere per lei.
Lungo il cammino, mi ritrovai in una strada, ricordo che stavo facendo una missione in cambio di una grande somma di tappi. Sentii piagnucolare.
La mia curiosità è sempre stata un'arma a doppio taglio, l'ho sempre fatta vincere.
Andai a vedere.
Era un cane, ferito alla zampa, che sanguinava.
Gli animali sono sempre stati la mia prima passione, amo qualsiasi essere animale , la loro anatomia e il loro modo di sopravvivere nella natura.
Il cane era ferito, e non sopportavo l'idea di lasciarlo in quello stato.
Lo aiutai, bendando la zampa e medicandola.
Lo portai in braccio , fino a quella che io chiamavo casa. Una piccola grotta nella foresta.
Era quello il posto in cui vivevo, li mi fermavo per praticare la mia passione del disegno. Usavo dei fiori per la colorazione e delle pietre.
Amavo disegnare.
Casper ormai era diventato il mio migliore amico, ma nessun bene, poteva riempire il vuoto che Mari mi aveva lasciato.
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THOSE LEFT BEHIND - Arrivò quel giorno in cui...
AdventureQuattro ragazze e un cane contro un'epidemia di proporzioni apocalittiche che infetterà l'Intero globo terrestre. La società collassa. I morti aumentano. Chi c'è dietro tutta questa storia? Alex, Eva , Kai, Sasha e Casper si avventurano nel mondo o...