la meta non è un posto ma è quello che proviamo.

940 51 21
                                    

Repost di una One Shot ingiustamente cancellata. Due volte.

Il mio OCD non ce la fa a saperle scritte ma non pubblicate, quindi ci riproviamo. Di nuovo.

Magari non c'è due senza tre, o magari camuffandola resterà. Chissà.

Besitos 😘

PS: Contiene SMUT BRUTTO

----------

"Gli aeroporti sono luoghi di attese e transiti, smarrimenti e ritrovi, nuovi inizi e nuove stagioni. Prima di partire una parte di noi è ancora legata alla terra e alle vecchie abitudini, mentre l'altra parte ha già fatto familiarità con l'aria, lo spostamento e l'imprevisto."


Simone ha sempre amato viaggiare, spostarsi da un posto all'altro con un mezzo super veloce che gli permettesse di ottimizzare il tempo a disposizione fin da piccolo, quando in estate dopo la fine della scuola saliva su un aereo per raggiungere la madre a Glasgow dove trascorreva tutte o comunque gran parte delle sue vacanze.
Ha sempre amato la sensazione di essere a contatto con l'aria, sovrastato da essa.
Ha imparato ad apprezzare con il tempo anche il buco allo stomaco dovuto all'adrenalina scaturita dalle turbolenze, quelle improvvise che arrivano quando meno te lo aspetti, quando il cielo è limpido e non immagini che da lì a poco un agglomerato di nuvole fitto fitto e un vento che sembra nato dal nulla scombussoleranno il tuo stato di quiete.
Forse grazie a questo ha anche cominciato ad amare gli imprevisti e per questo alla fine si é ritrovato a diventare agente di Borsa, o per dirlo all'americana broker finanziario. Un lavoro che gli permette di viaggiare in continuazione e in cui l'imprevisto è sempre dietro l'angolo, non sai mai cosa può accadere tra un'ora e l'altra. Vivi sempre sul filo del rasoio, mentalmente parlando.

Manuel odia prendere l'aereo, vorrebbe poter non lasciare mai la sua amata Roma ma essendo un grafico che lavora freelance deve purtroppo allontanarsi ogni qualvolta gli viene commissionato un impiego fuori zona.
Odia doversi sedere su quei seggiolini tanto stretti da non permettere il minimo movimento.
Odia dover condividere uno spazio così angusto con uno, o se va male e il mezzo è pieno, due sconosciuti.
Odia la costrizione delle cinture di sicurezza.
Odia le spiegazioni delle hostess su cosa fare in caso il veivolo dovesse subire danni, come se qualcuno seguisse suo serio quelle raccomandazioni poi.
Odia non poter usare i dispositivi elettronici per far passare il tempo e non pensare.
Odia la sensazione di fame d'aria al decollo e i tumulti all'atterraggio.
Odia quelli che ad ogni fine volo applaudono al pilota come se avesse compiuto chissà quale impresa straordinaria, invece ha solo svolto il lavoro che si è scelto e per il quale è pagato. Nessun miracolo, signori.
Odia anche gli aereoporti: l'attesa, le file, i controlli.
Degli aereoporti odia soprattutto le persone che piangono perché si separano o si rincontrano, poco importa.
Troppo sentimentale. Troppo melenso. Troppo melodrammatico.
Troppo tutto.

La voce metallica di uno stewart rimbomba dagli altoparlanti di Fiumicino, annunciando che il volo numero 8911 per Milano Malpensa decollerà con un ritardo ancora da definire a causa delle turbolenze rilevate dal personale incaricato e che per questo motivo il gate designato ai passeggeri sarà l' L24 e non più l' L29 come disposto precedentemente.

A qualche decina di metri di distanza Simone e Manuel controllano entrambi, spasmodicamente, l'orario sui propri cellulari, ma per motivi diversi. Ovviamente.

Alla fine il tempo di attesa aggiuntivo risulta essere di circa mezz'ora.
Tutti i passeggeri completano il check in, depositano i bagagli da stiva e salgono, stipati come sardine in scatola, sulla navetta che in pochi minuti li condurrà all'aereo.
Raggiungono tutti l'apparecchio pian piano, accolti dal sorriso cordiale di benvenuto di una hostess dai capelli rossicci, pettinati in una treccia.

Volo n. 8911Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora