CAPITOLO XIX

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Arthur Leclerc's pov:
Vederla scappare ancora dopo ciò che mi aveva confessato mi ferì profondamente, più di quanto pensassi. Avevo provato a fermarla, a farla parlare, dopotutto me lo meritavo! Ero rimasto immobile, pietrificato e sconvolto dopo quella confessione ma ero deciso a mettere un punto a quella situazione perciò le corsi dietro, ma lei era già sfrecciata via con la sua auto «Maledizione!» avevo imprecato contro me stesso parandomi le mani dinanzi agli occhi e tirando i ciuffi sbarazzini che mi ricadevano sulla fronte. Non avevo la minima idea di cosa fare, cosa dire e dove andare. Seguirla con la macchina era impossibile, perciò mi passai la lingua sui denti e respirai profondamente tirando fuori dalla tasca posteriore dei jeans il telefono. Provai a chiamarla ma non squillava, segno che non c'era campo. Grugnii infastidito e corsi di nuovo verso il Paddock della Mercedes in cerca di Toto. Il mio sguardo studiò ogni singola persona che svolgeva un'attività diversa nonostante fosse sera, ma il Gran Premio si sarebbe tenuto l'indomani e i preparativi erano lunghi. Non conoscevo nessuno lì dentro perciò faticai a trovare qualcuno che potesse aiutarmi, ma ero così preoccupato per Isabella che avrei chiesto persino ad un muro se sapesse dove fosse suo padre «Mi scusi, sa dirmi dov'è Toto Wolff?» tossicchiai domandando gentile ad un signore dall'espressione annoiata che aveva preso a squadrarmi sprezzante dal retro di un bancone «Non so chi lei sia, signore, e non posso darle queste informazioni personali» masticó svogliatamente la gomma che aveva in bocca, biascicando rumorosamente, il che mi fece saltare i nervi ma cercai di rimanere calmo ed educato «Arthur Leclerc, piacere di conoscerla. Ho bisogno del signor Wolff, sa dirmi dov'è andato?» tentai ancora poggiando le mani sul bancone e dondolandomi impaziente sulla punta dei piedi. L'uomo non rispose, si limitò a guardarmi di nuovo con la fronte corrugata e la bocca aperta per masticare quella maledetta gomma. Solitamente ero piuttosto paziente, ma quell'uomo costituiva tutti i tratti umani che disprezzavo, perciò non ci misi molto ad insistere con urgenza «Forse non ha capito, mi dica dov'è il signor Wolff o sarà lei a pagare le conseguenze della scomparsa di sua figlia visto che al posto delle orecchie ha due tappi e al posto della bocca una dannata mucca che non smette di ruminare e darmi sui nervi!» forse avevo un tantino esagerato ma quella situazione mi metteva particolarmente nervoso e ansioso, e nonostante i miei modi sgarbati ottenni la mia risposta «La ringrazio» sbattei la mano sul bancone facendo trasalire nuovamente l'uomo e raggiunsi il parcheggio correndo e sfrecciai, viste le mie doti al volante, sino all'hotel dove parcheggiai il più vicino possibile all'entrata, fiondandomi nella hall dell'albergo. Mi guardai intorno con gli occhi spalancati e il fiato corto quando finalmente lo vidi, Toto, intento a parlare con la ragazza alla reception «Ne è sicura? Deve essere per forza passata di qui!» anche lui sembrava piuttosto teso e la povera donna della reception tentennava e giurava di non averla vista, ma chi? «Toto, ho bisogno di parlarti» mi guardò dall'alto in basso con le labbra schiuse, probabilmente pronto a dileguarmi ma gli angoli della sua bocca si allargarono in un lieve sorriso «Ragazzo, adesso non posso» mi diede una pacca sulla spalla tornando ad interpellare la receptionist che mi guardò implorante, così richiamai l'attenzione dell'uomo «Davvero Toto, è importante» insistetti ma lui sembró innervosirsi «Arthur sono impegnato come vedi» mi ammonì duro, così mi decisi a parlare «Si tratta di Isabella!» ottenni così la sua completa attenzione «Abbiamo discusso ed io, non ho la minima idea di dove sia andata» i suoi occhi si spalancarono e i muscoli si tesero sotto la camicia bianca «Era con te?! Dov'è andata Arthur, devi dirmelo!» mi prese per le spalle e mi strattonò, era davvero preoccupato «Non lo so io- l'ho solo vista andare via e così ho pensato di venire da te» mi giustificai mentre Toto sfilava dalla tasca dei pantaloni il telefono e se lo portava velocemente all'orecchio «Ci ho già provato io» lo informai mentre mi squadrava e picchiettava insistentemente il dito sul fianco in attesa di una risposta dalla figlia «Andiamo Isabella rispondi» sibilò a denti stretti e imprecando tra sé «Toto» tentai « Toto c'è una cosa che devo dirti» i suoi occhi si alzarono al cielo e un pesante sospiro lasciò le sue labbra leggermente screpolate «Cosa c'è ancora Arthur?» credevo che dirglielo potesse essere d'aiuto, infondo era per questo che era scappata, così presi coraggio e sputai il rospo «Isabella mi ha detto una cosa prima di scappare» abbassai la testa al ricordo di quel momento e mi grattai la nuca imbarazzato. A ripensarci avevo reagito piuttosto male, ma scoprire di essere padre da un momento all'altro non deve essere facile per nessuno, giusto? Avrei potuto dirle qualcosa, confortarla e dirle che ero il ragazzo più felice del mondo perché era vero, ma non ci riuscii. Non capii perché reagì a quel modo, così spaventata e inorridita, sembrava che stesse parlando con un mostro, ma io non lo ero «E?» domandò impaziente l'uomo dai capelli corvini che mi scrutava senza sosta «Eleonor è mia figlia» pronunciare quelle parole ad alta voce mi provocarono un tuffo al cuore. Ero il padre di Eleonor. Me lo ripetei nella mente un centinaio di volte e ciò mi diede coraggio. Non avrei mai voluto che mia figlia crescesse senza una madre, perciò ero intento a trovare Isabella e riportala da me, da noi, ma prima avevo bisogno di sapere se stesse bene «Tu cosa?» urlò Toto spalancando gli occhi e dirigendosi a grandi falcate verso di me «Aspetta aspetta aspetta! Io non ne sapevo niente lo giuro, altrimenti non avrei permesso che le cose restassero così» dissi la verità. Se l'avessi saputo mi sarei preso le mie responsabilità, ma ero all'oscuro di tutto. Toto mi incenerì con lo sguardo, ma si fermò permettendomi di parlare «Io voglio trovarla quanto te, lo giuro! Se c'è una cosa che ho capito in queste settimane è che io...la amo ancora. Credimi Toto, darei qualsiasi cosa per sapere se sta bene» la sincerità con la quale mi ero aperto a lui lo colpirono dritto al cuore, probabilmente, perché il suo sguardo si addolcì e sul suo volto si dipinse un lieve sorriso, ma la serietà e la preoccupazione non tardarono a ripresentarsi più forti di prima, così come la determinazione «Troviamola allora, insieme» disse incitandomi con qualche pacca amichevole sulla spalla «La macchina è nel parcheggio, se ci muoviamo potremmo rintracciare il suo telefono e raggiungerla» sorrisi incamminandomi verso l'uscita dell'albergo con Toto al mio fianco

SEI SEMPRE STATA TU || Arthur Leclerc  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora