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A passo rapido e deciso, Munemasa percorre il corridoio dell'albergo, seguito da Roberto.
L'ex giocatore brasiliano fissa la schiena del compagno. Il loro legame, nato da una reciproca diffidenza, si è evoluto col tempo.
Munemasa, come lui, si è affezionato a Tsubasa e, ne è sicuro, lo ha odiato per la sofferenza inflitta al piccolo campione.
Solo il tempo ha permesso a entrambi di capirsi e di costruire un solido rapporto di stima.
Eppure, Munemasa non gli ha mai mostrato i suoi occhi.
Ha sempre nascosto le sue iridi dietro le lenti scure.
E lui, Roberto, non comprende perché.
Quale sentimento lo spinge a nascondere il suo sguardo?
Qualche istante dopo, l'asiatico si ferma davanti alla porta di una camera, prende la tessera magnetica e la apre.
Entrano e Munemasa, con un gesto fermo, chiude l'uscio alle sue spalle.
– Qui staremo tranquilli. – spiega, il tono esageratamente calmo.
Roberto corruga la fronte, perplesso. Riesce a sentire nelle sonorità della voce nervosismo.
E continua a non comprenderne la ragione.
Munemasa porta la mano destra agli occhiali e, con un gesto calmo, quasi da attore teatrale consumato, li abbassa.
Un unico, gemmeo occhio, dai riflessi smeraldini, risalta sui lineamenti decisi del suo viso, mentre una lunga cicatrice dilania l'altro.
Il brasiliano resta immobile e lo fissa. Tante cose, finalmente, gli sono chiare.
Vedendo il silenzio del compagno, l'ex calciatore nipponico sorride, ironico.
– Ti faccio schifo? – chiede.
Roberto si scuote dai suoi pensieri e, per alcuni istanti, riflette. Tale domanda gli sembra quasi idiota.
Eppure, capisce la paura di Munemasa.
Ha paura di vedere riflessa nel suo volto una debolezza inesistente.
Teme il ribrezzo del suo interlocutore.
– Posso toccarla? – chiede, cauto.
L'occhio dell'altro si spalanca, stupefatto. La reazione di Roberto lo sorprende.
E gli da' serenità.
– Certo. – dice, il tono vibrante d'una quieta felicità.
Le dita di Roberto, gentili, si posano sulla cicatrice e la accarezzano. Ogni barriera si infrange, sotto quel tocco.
Sente più vicino quell'uomo impenetrabile.
Perché, in fondo, loro sono simili.


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