Capitolo 1

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Una brezza tiepida le sfiorò la fronte. A Melody venne in mente di quella giornata al mare con Zia Tess e Nicolas. Era inverno, ma il sole di mezzogiorno le procurava sulla pelle un piacevole torpore. Si erano adagiati sulla sabbia, con lo sguardo rivolto verso il cielo limpido, sgargiante di un acceso blu cobalto come poche volte era stata capace di osservarlo. Pensò che, in fondo, il mare d'inverno non era poi così male. E chi diceva il contrario probabilmente non aveva mai imparato a saper godere delle piccole cose. O più che godere,  ascoltare delle piccole cose. Sì, ascoltare. Perché quel morbido suono provocato dalle onde che s'infrangevano sul bagnasciuga era, per Melody, una delle sinfonie più dolci che avesse mai ascoltato. E nella mente allora cercava di riprodurne le note, ne visualizzava lentamente lo spartito musicale, canticchiava piano insieme a loro, quasi sussurrando, per non rovinare quella meravigliosa sinfonia.
Melody sorrise in stato di dormiveglia. Una mano le pizzicò delicatamente l'orecchio e lei trasalì sbarrando gli occhi. Un'ondata di delusione la colpì come un pugno allo stomaco quando si rese conto di dove fosse. Guardò la strada davanti a sé con un groppo in gola. Non era al mare, non c'era nessuna onda e la brezza che sentiva non era altro che l'aria che entrava dal finestrino leggermente abbassato.
Lo chiuse immediatamente con fare infastidito. Si girò verso il lato del guidatore e Tess le rivolse un sorriso tirato.
"Siamo quasi arrivate...il navigatore dice ancora quindici minuti di strada...ho forse sbagliato a mettere l'indirizzo? Puoi controllare sulla mail che ti avevo girato tesoro?".
Melody sbadigliò e ignorò la sua richiesta. Le posò una mano sulla spalla. Sentiva zia Tess di fianco a sé sovrappensiero. Letteralmente, sentiva.
Lo sapevo che era meglio l'iniziativa di volontariato. Dio, se lo sapevo. Sarà un cazzo di covo di drogati questo..
Melody trattenne una risata e si schiarì la voce.
"Zia, stai tranquilla. Penso sia una fattoria o qualcosa del genere, è normale che non ci sia una città vicino" allungò i piedi scalzi sul cruscotto davanti a sé e aggiunse, con fare sarcastico "d'altronde è un programma di riabilitazione per dipendenti cocainomani, non certo una vacanza". Tess, dopo quelle parole, evitò il suo sguardo. Melody non aveva bisogno di guardarla negli occhi per accertarsi che fossero già umidi di lacrime. Un forte senso di colpa la pervase. Non era il momento di scherzare, quello. "Ehi, Tess..." sussurrò dolcemente, afferrandole la mano appoggiata sul cambio marcia. "Andrà tutto bene, okay? Sono solo tre mesi...ti chiamerò ogni giorno. Vedrai, passerà in fretta". Tess non rispose, ma tirò su col naso. Melody avrebbe voluto dirle che anche lei era tanto spaventata, che zia Tess e Nicolas le sarebbero mancati come l'aria e che non era mai stata lontano da casa per così tanto tempo. Ma doveva, voleva mostrarsi forte, ora più che mai. Era giunto il momento di chiudere con quella storia, una volta per tutte. Si era cacciata lei in quella situazione, e lei ne avrebbe pagato le conseguenze. O almeno questo era quello che gli altri dicevano. Lei se n'era soltanto convinta. Tre mesi e finalmente quell'inferno di psicologi, psichiatri, analisti, medici e assistenti sociali sarebbe finito. Tre mesi che se messi a confronto con quei tre lunghi ed estenuanti anni, non erano niente.
Avrebbe potuto scegliere altre soluzioni, come il programma di volontariato o ancora più semplicemente cambiare scuola e iniziare da zero. E Melody ci aveva pensato. Più di una volta. Soprattutto quando le prese in giro da parte dei suoi compagni di classe erano diventate insopportabili. Solo lei sapeva quanti intervalli aveva passato rifugiandosi in bagno, tappandosi il naso con le dita, evitando di sentire il tanfo di urina e chissà cos'altro mentre cercava di masticare i suoi m&m preferiti, quelli al sapore di burro di arachidi, schiacciata alla parete. Non riusciva mai a finirli però, perchè ogni volta che qualcuno entrava in bagno doveva trattenere il respiro e alzare le gambe affinché non si intravedessero da sotto la porta. Aveva imparato ad essere talmente invisibile che, a volte, se qualcuno la chiamava per nome, non si girava nemmeno. Non che accadesse frequentemente, eh. E di solito anche in quelle occasioni, era solo per denigrarla o lanciarle dei bigliettini con sopra gli insulti più inimmaginabili.
Ma il problema più grande era che anche durante le lezioni, quando nessuno parlava, lei sentiva. Sentiva cattiverie pronunciate a bassa voce, ininterrottamente. Le sentiva rimbombare ferocemente nella testa fino a farle venire mal di testa. Coprire le orecchie non serviva a niente. Ci aveva provato. Aveva anche provato ad indossare dei tappi per le orecchie, su consiglio di zia Tess, ma niente, era come se la sua mente parlasse per gli altri. Alcuni psichiatri dicevano fossero gli effetti della droga. Altri che fosse semplicemente pazza. Fatto sta che in quelle condizioni fu costretta a saltare un intero semestre. E quei tre mesi estivi di riabilitazione era l'ultima possibilità che aveva per non perdere l'anno. Doveva farcela. Mancava solo un altro anno al diploma e non aveva alcuna intenzione di passare più del tempo dovuto là dentro. Né di cambiare scuola e dover ripetere l'anno accademico da capo.
"Okay, ci siamo" mormorò zia Tess ammiccando verso un cartello bianco un po' sbilenco che stagliava lungo la strada. Vi era sopra la foto di un piccolo cottage di mattoni rossi attorniato da colline e vegetazione rigogliosa. Melody aveva già visto quella foto. Era la stessa che avevano messo sul sito e che aveva stampato e piegato nella tasca dei jeans, nel caso in cui avessero avuto bisogno di aiuto con le indicazioni.
"La fattoria dei Winstons: la tua nuova vita" riportava, sotto.
Melody sentì il suo respiro accellerare notevolmente non appena zia Tess imboccò una stretta stradina sterrata. Ebbe l'impressione di precipitare. Si aggrappò alla maniglia della portiera e socchiuse gli occhi.
"Tutto bene tesoro? Lo sai che puoi ancora cambiare idea vero..."
Melody deglutì dolorosamente e cercò di distendere i muscoli del viso contratti dal nervosismo. "E' solo un po' di nausea zia" rispose, fingendo un sorriso a cui, però, non crebbe nemmeno lei.
"Penso che mangiare quelle alette di pollo piccanti prima di fare queste strade non sia stata un'ottima idea".
Sforzò una risata er aggiungere una qualche enfasi alla sua affermazione, ma le uscì dalla gola una sorta di gracchio soffocato. Zia Tess le lanciò uno sguardo apprensivo, ma non aprì bocca.
Melody dovette ammettere a sé stessa che il panorama che si proiettava all'orizzonte era semplicemente mozzafiato. Vivere a San Francisco fin da piccola e trovarsi ora in mezzo a prati e colline era un cambio di prospettiva alquanto impattante. Sospirò. Purtroppo quella bellezza esauriva il suo fascino nel momento esatto in cui ricordava perché fosse lì.
Tess guidava piano, con lo sguardo fisso sulla strada,
come se potesse sparire da un momento all'altro. Svoltò una curva stretta e finalmente, circondato da una recinzione, lo vide:  un edificio più grande di quello che si aspettava, di colore rosso mattone con rifiniture e infissi in legno bianco . Melody si ricordò di un film svedese che aveva visto recentemente dove i protagonisti alloggiavano in una casa simile. Solo che lì c'era la neve, qui era fine giugno e a giudicare da come l'aria deformava le mattonelle del tetto doveva fare anche molto caldo.
Per quale diamine strano motivo aveva portato solo pantaloni lunghi e maglioni?
Prima che se ne potesse rendere conto, Tess aveva accostato e spento l'auto ai margini della recinzione. Si guardarono in silenzio. Sapeva che Tess era in procinto di dirle qualcosa, glielo leggeva negli occhi. Ma prima che potesse aprire bocca furono entrambe attirate da un urlo proveniente dal viottolo di fronte a loro.
"Carissime! Benvenute alla fattoria Winston! Finalmente siete arrivate". Si trattava di una signora paffutella, sulla settantina, che zoppicava in modo baldanzoso verso di loro. Indossava un vestito giallo a fiori che le arrivava fino alle ginocchia, lasciando scoperte le caviglie gonfie e venose. I capelli bianchi erano lunghi e raccolti in uno chignon pettinato alla perfezione. Melody non era mai riuscita a farsi un'acconciatura del genere. I capelli ricci e perennemente gonfi non glielo avevano mai permesso. Tess aprì agitata la portiera della macchina e si diresse a salutarla. Melody, invece, restò ancorata al sedile con ancora la cintura allacciata.
Quella era la proprietaria di un centro di riabilitazione per dipendenti dalla droga?
Non era possibile. Dov'erano gli omoni alti e muscolosi con i camici bianchi pronti ad immobilizzarti in caso fosse stato necessario? Non poteva essere l'unica a gestire un luogo del genere. Zia Tess e la signora si strinsero la mano. Melody le vide poi mormorare qualcosa una all'altra. La signora posò una mano sulla spalla di zia Tess con fare rassicuratorio. "Si sentirà come a casa qui" riuscì a leggere Melody in labiale. Poi entrambe si voltarono verso di lei. A Melody si raggelò il sangue. Tess le fece cenno di uscire dall'auto, leggermente imbarazzata. Doveva uscire da quell'auto prima di sembrare una pazza anche qui. Fece finta di raccogliere qualcosa da sotto il cruscotto. "Okay Melody. Conta fino a tre ed esci da qui" disse piano, ad alta voce. Zia Tess glielo aveva insegnato da piccola quando durante i temporali di notte si rifugiava nell'armadio della sua camera da letto. Era buio e silenzioso. La faceva sentire al riparo, mentre quel rumore assordante faceva vibrare le finestre. Ogni volta, quando ne aveva bisogno, contava fino a tre. Lo aveva fatto prima di uscire dal bagno della scuola e dirigersi in classe, prima di entrare in ospedale a fare l'ennesimo esame del sangue o prima del suo incontro settimanale con lo psicologo. Se quella piccola Melody a cinque anni era riuscita a sconfiggere la paura dei tuoni, lei sarebbe riuscita a superare qualsiasi cosa. Lo avrebbe fatto per lei.
Inalò profondamente con il naso. Uno. Due. Tre.
Uscì dall'auto sfoggiando un timido sorriso. Erano le quattro di pomeriggio ma il sole scottava ancora la pelle in quei punti dove riusciva a filtrare tra le fronde degli alberi. Melody si meravigliò della pace di quel luogo. Un po' inquietante a dirla tutta. Quasi si imbarazzò per il rumore che provocavano le sue scarpe sulla vietta a ciottoli che, in quel silenzio, appariva come uno scricchiolio assordante.
"Ciao Melody! Non sai quanto fossi curiosa di conoscerti. Io sono Theresa, sono sicura andremo d'amore e d'accordo in questi tre mesi!" le cinguettò entusiasta la donna accogliendola, con sua grande sorpresa, in un caloroso abbraccio.
Era da tanto tempo che qualcuno al di fuori di Zia Tess e Nicolas non la abbracciava. Theresa era tiepida e morbida. Aveva un profumo che le ricordò il sapore di un buonissimo tortino al cioccolato che aveva mangiato una volta con Nicolas in un ristorante italiano. Sapeva di dolci e di coccole. Melody si rese conto però che la durata di quell'abbraccio stava superando la soglia della normalità. Incominciò a sentirsi soffocare, soprattutto quando sentì il naso della donna posarsi sulla sua spalla come per captare un odore. Ma cosa esattamente? Era sicura di non avere cattivi odori addosso...si era lavata la mattina stessa e la canotta che aveva addosso era fresca di bucato. Si ritrasse imbarazzata, ma Theresa sembrò ignorare completamente il suo gesto.
Cercò il suo sguardo. Si era sempre ritenuta una ragazza empatica ed era particolarmente curiosa di captare i pensieri di quella donna...soprattutto dopo quello strano comportamento. Per quella che però sembrò la prima volta nella sua vita, Melody si dovette scontrare con un muro di ghiaccio. Gli occhi della vecchina era gelidi, freddi, di un colore che non aveva mai visto. Sembravano nuvole, ma di quelle minacciose, cariche di pioggia, che riempiono il cielo prima di una tempesta. Trasalì e distolse gli occhi, stringendo i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi lentamente nei palmi delle sue mani. Non sentiva niente. Per la prima volta si sentiva estranea alla mente di qualcuno. Era una sensazione strana. Era come affogare ma in un mare di ossigeno. Forse gli effetti della droga stavano sparendo?
La vecchina, noncurante del tornado di pensieri nella sua testa, le rivolse un accenno di sorriso e si diresse verso zia Tess, che nel frattempo stava recuperando i bagagli dal baule della macchina. Uno solo, in realtà. L'armadio di Melody era alquanto misero, nonostante i mille tentativi di Tess di andare a fare shopping insieme. A Melody semplicemente non interessava. Non le era mai interessato. Non capiva quale fosse il senso di abbinare colori, avere tanti vestiti...sarebbe andata avanti una settimana con gli stessi jeans e la stessa maglietta se non fosse stato igienicamente poco raccomandabile. E forse, anche questo, aveva contribuito a costruire il suo profilo da perfetta drogata del quartiere. Se la gente ti assegna una parte è bene recitarla al meglio, no?
Theresa guidò Tess e Melody verso l'entrata del cottage rivelando una sala immensa. Melody dovette trattenersi dallo spalancare più volte le labbra una volta dentro l'edificio. Non aveva mai visto una casa così. Sarà che aveva vissuto tutta la sua vita in un piccolo appartamento di città, ma mai aveva immaginato che alcune persone potessero godere di spazi così vasti. Solo le regine e i re in quei castelli descritti nelle favole dei bambini. I soffitti, tutti accuratamente in legno lucidato, dovevano essere alti almeno quattro metri, rendendo l'ambiente ancora più maestoso e imponente. L'arredamento era impeccabile; sembrava una foto di copertina di quelle riviste di mobili stile country. Melody lanciò uno sguardo a Tess e lei ricambiò a sua volta. Sapeva anche lei si stesse ponendo la stessa domanda che frullava nella sua mente. Erano sicure di essere nel posto giusto?
Theresa mostrò ogni singolo centimetro del cottage. Ogni stanza si superava per armonia e cura dei dettagli. Salite una decina di scale vicino al salotto, la donna fece cenno verso una porta chiusa. "Questa è la stanza che ti ho preparato cara" disse, abbassando la maniglia. Fatto il primo passo all'interno della stanza che avrebbe dovuto ospitarla per i prossimi tre mesi, a Melody venne quasi da ridere. Era uno scherzo? Dov'erano le brandine da ospedale che si era immaginata? E l'infermiere di servizio pronto a sedarla nel caso in cui avesse avuto un attacco isterico da astinenza?
Era bellissima. Il letto era un letto doppio con dei cuscini di cui Melody poteva percepire la morbidezza solo a guardarli. Il copriletto era stato ripiegato con una cura quasi maniacale e nell'aria si avvertiva un forte odore di disinfettante, così come nel resto delle stanze in cui avevano messo piede. Sembrava che Theresa avesse passato l'ultima settimana a pulire e riordinare ogni singolo angolo di quella casa in vista del suo arrivo. "Tutto bene? Se c'è qualcosa che vorresti cambiare basta dirlo e.." le intimò la donna ma Melody la interruppe subito "E' perfetta" sentenziò, con un filo di voce. Notò con la coda degli occhi una grande vetrata nella parete opposta della camera e si diresse lì per osservare la vista. C'erano solo colline. Colline e bosco per chilometri e chilometri. Melody aguzzò la vista per scorgere la presenza di qualche casato all'orizzonte, ma niente. Sembrava di essere su un altro pianeta. "Come fate a fare la spesa qui?" chiese voltandosi verso Theresa. Zia Tess le lanciò cauta un'occhiata fulminante e Melody arrossì, accorgendosi troppo tardi di quanto potesse suonare sfrontata la sua domanda. Ma, ancora una volta, la donna sembrò non curarsene. "Oh c'è una piccola città ad un'oretta da qui. Ma io mi sposto raramente, i miei muscoli ormai sono troppo deboli per resistere ad un'ora di macchina. Di solito è Will a fare la spesa per me. Domani lo conoscerai. Sarà lui a seguirti nelle tue attività giornaliere". Will. Eccolo il trabocchetto. Allora aveva ragione. L'infermiere c'era. Forse essendo domenica era il suo giorno libero, per questo non era in casa.
Theresa scese al piano di sotto per firmare alcuni documenti che Zia Tess aveva portato da parte della scuola, lasciando così Melody e la zia a sistemare i vestiti nell'armadio.
Melody percepiva tensione nell'aria. Nessuna delle due sapeva bene cosa dire. Per la prima volta avrebbero dovuto imparare a stare l'una senza l'altra. A Melody si strinse il cuore mentre nella testa le si proiettava quella che era stata la sua prima gita fuori casa. Andava alle elementari. Erano due o tre notti, non riusciva a ricordare. Fatto sta che dopo tre ore, quando erano ancora in bus per dirigersi verso meta prevista, le maestre disperate avevano chiamato zia Tess perché Melody aveva pianto così tanto da generare un'isteria di gruppo tra i compagni di classe, e nessuno più ne voleva sapere di passare un altro singolo minuto con quella frigna di fianco.
E Tess non se l'era fatto ripetere due volte. Si era fatta tre ore di strada e l'aveva recuperata ad una stazione di servizio. Una volta seduta in macchina, Melody si sarebbe aspettata un rimprovero o quantomeno una ramanzina, ma Tess le aveva semplicemente accarezzato i capelli e aveva mormorato con un sorriso sulle labbra "speravo chiamassero prima".
Tess era, per Melody, tutta la sua famiglia. Non c'era persona che avrebbe potuto sostituirla. Come pioggia e mare, si nutrivano l'una dell'altra. Era l'unica amica che potesse definire come tale (se non Nicolas, ma lui era il suo ragazzo, definirlo amico le pareva riduttivo) e la relativamente piccola differenza d'età aveva fatto sì che non poche persone le avessero davvero confuse come tali. Ma soprattutto, Tess era il motivo per cui non si era mai fatta troppe domande sui suoi genitori biologici. Non ne aveva mai sentito il bisogno. Tess era insieme la migliore madre e il miglior padre che si potessero desiderare. Il solo fatto di provenire dall'utero di un'altra donna non avrebbe di certo cambiato le cose. Anzi, riteneva Tess fosse molto di più di una madre. E lo notava ogni giorno, come in quel momento, mentre visualizzava nella testa tutte le raccomandazione che Tess si era preparata di farle...non dare retta agli sconosciuti, non osare comportarti male, sii educata e ringrazia sempre, non lasciare disordine in camera...Sembrava non osasse aprire bocca per timore di rivelare troppo il dispiacere di cui avrebbe sofferto nel non vederla per tutto quel tempo. Ma Melody ormai aveva imparato a leggerla, e lo sapeva già. Le si avvicinò e la sorprese in un abbraccio. "Oh Melody! I tuoi jeans..." protestò debolmente Tess al suo orecchio, riferendosi ad un paio di jeans che stava riponendo nell'armadio ma che a causa sua le erano caduti dalle mani. Melody ridacchiò, ignorandola. Sentì i muscoli di Tess rilassarsi a poco a poco sotto il suo abbraccio e stringerla a sua volta. Non era mai stata una ragazza particolarmente affettuosa. Odiava il contatto fisico, soprattutto quello superfluo. Non che qualcuno ci avesse mai provato. Oltre a Tess e Nicolas nessuno aveva un rapporto  abbastanza intimo con lei da desiderare un abbraccio. Ma in quel momento un po' rimpianse di non averlo fatto prima. Le sarebbe mancata. Da morire.
"Starò bene" sussurrò al suo orecchio, sperando di infondere una sicurezza che sapeva di non avere. "Lo so" rispose lei. "Sarò io a stare male" sentì mormorare nella sua mente. La strinse più forte. "Stai accanto a Nicolas. Invitalo a casa qualche volta. Mi ha già tempestato di messaggi. Sarà dura per lui" Tess annuì sulla sua spalla. Aveva sperato fino all'ultimo che Nicolas potesse accompagnarla fino a lì, ma purtroppo le sue responsabilità da nerd incallito e tutor della scuola glielo avevano impedito. Ultimamente era sempre più assente, ma Melody non ne aveva mai fatto un problema, soprattutto considerando ciò che lei stava vivendo. Forse era meglio così.  Aveva cercato di tenere Nicolas all'oscuro di tutto, o almeno di tutto ciò che riusciva a nascondere. Era quasi sicura però che Tess lo avesse messo al corrente della situazione. Forse era distante anche per questo. Ma, anche in quel caso, lo trovava comprensibile.
Tess si staccò dalla stretta e con le mani sulle sue spalle la guardò negli occhi.
"Tess..." cominciò, ma Melody aveva già capito dove voleva andare a parare. Era la sua ultima possibilità per salvare l'anno. Doveva cambiare, una volta per tutte.
"Io credo in te. E so che ce la puoi fare. Ci credo davvero" le baciò la fronte e Melody sentì il cuore scaldarsi. Lo avrebbe fatto. Per lei. E sperò con tutto il suo cuore che questa volta le intenzioni sarebbero riuscite ad equiparare i gesti.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 09, 2023 ⏰

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