Do You Want A Candy?

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Laughing Jack era lì, appollaiato sul davanzale della finestra di quel bambino che, ultimamente, aveva adocchiato.
Il clown in bianco e nero sorrise sinistramente, mettendo in mostra i candidi e aguzzi denti, il naso a cono a strisce bianche e nere - come le lunghe calze e le maniche del proprio abito - premuto appena contro il vetro appannato dal maltempo. Le piume sulle sue spalle erano agitate dal vento, così come i suoi scuri e crespi capelli, la pioggia lo stava bagnando totalmente, ma poco importava.
Le tasche dei propri neri pantaloni sgualciti - come il resto degli abiti, ovviamente - e che gli arrivavano appena alle ginocchia erano colme di colorate caramelle, tra le mani coperte da delle sporche garze e dalle dita nere stringeva una fisarmonica grigia come il busto del proprio vestito, un po' più scuro del foulard che aveva al collo. I suoi occhi d'un grigio talmente chiaro da parer bianco risaltavano su quella pelle diafana a causa delle profonde occhiaie che li circondavano, mentre le labbra nere rendevano ancor più macabro il suo sorriso.
Rimaneva immobile, ignorando il temporale estivo che aveva iniziato a stravolgere il paesaggio campagnolo attorno alla casa.
Un lampo intenso accompagnato da un tuono particolarmente forte svegliò il marmocchio, che si raggomitolò sotto le coperte - un caldo e morbido rifugio contro le paure notturne.
*toc* *toc* *toc*
Il piccolo Luca si strinse ancor di più nelle coperte, artigliando il morbido pelo del proprio orsacchiotto. Era un bambino intelligente, per avere solo sette anni, e quindi fece come gli aveva insegnato sua madre e tentò di trovare una spiegazione logica a quel ticchettio proveniente dalla finestra.
Dei rami mossi dal vento? No, non v'erano alberi attorno a casa propria. Grandine? Nemmeno: il rumore non avrebbe smesso così, sarebbe andato avanti anche per tutta la notte, probabilmente. Un uccellino? Nah, avrebbe sentito dei pigolii.
Cosa poteva essere, allora? Immaginazione?
Sì, si disse Luca, è la mia immaginazione.
*toc* *toc* *toc*
Il bimbo sbarrò gli occhi per poi chiuderli con forza.
'È solo la mia immaginazione, solo quella' pensò.
*toc* *toc* *toc*
"Ehy, Lucaaaaa... ti va di giocare con me?" disse una voce falsamente dolce e inquietante, euforica e calma. Una voce che proveniva dalla finestra, come il ticchettio.
Luca ci provò, ci provò, dannazione, ma non riuscì a convincersi che quella fosse solo immaginazione. Perché era troppo spaventoso, troppo reale.
"Lucaaaa... rispondi, so che sei lì. Lucaaaa..."
Laughing Jack ridacchiò, appannando un po' di più il vetro all'altezza della propria bocca, vedendo il viso di Luca fare capolino dalle coperte senza però avere il coraggio di aprire gli occhi.
Il crudele clown si passò la lingua - anch'essa a righe bianche e nere - sugli acuminati denti, allargando il proprio sorriso - un sorriso, quello, già troppo ampio per essere definito normale. Si chiese, per un momento, cosa avrebbe pensato Isaac se lo avesse visto in quei momenti, mentre 'giocava' con altre persone.
Sarebbe stato geloso? In tal caso, l'entità cosmica gli avrebbe dato dell'ipocrita: come avrebbe potuto ingelosirsi se, per mesi, si era portato a casa nuovi amici con cui 'giocare' proprio davanti a lui?
O forse sarebbe stato triste?
E se si fosse sentito solo e abbandonato? Solo e abbandonato come si era sentito Laughing Jack per ben tredici anni, chiuso in quella scatola sempre più polverosa, a perdere i propri sgargianti colori a causa del pianto e della tristezza, dell'autocommiserazione. Ancora una volta, il clown gli avrebbe dato dell'ipocrita.
Isaac... nonostante la follia, gli mancava quel ragazzo. Gli mancava il suo amico per la vita.
Il bambino non s'azzardava a guardare, così Laughing Jack decise di incentivarlo a farlo.
Con un'agilità dettata dall'esperienza, produsse un'inquietante versione di 'Pop! Goes The Weasel', lenta, strascicata, rendendola una melodia di note quasi cacofonica, eppure con un qualcosa di armonico.
"All round the mulberry bush" canticchiò, "the monkey chased the weasel... The monkey thought was all in fun..."
Il piccolo Luca, come ipnotizzato, terminò la canzoncina assieme al clown: "...pop! Goes the weasel!"
Quel piccolo cabaret andò avanti per qualche altro minuto, poi Laughing Jack fermò l'armonica, lasciando che le note musicali morissero nel fracasso del vento; i due si guardarono in silenzio.
"Suvvia, Luca, non vuoi giocare con me? So che sei a casa tutto solo, voglio solo farti compagnia. Sai, è stato un bellissimo angelo a crearmi!" disse il clown, prendendo un paio di grossi lecca-lecca da una tasca. Se ne infilò uno in bocca e ne porse uno al bimbo, facendolo picchiettare sul vetro della finestra come poco prima aveva fatto con le unghie.
*toc* *toc* *toc*
Luca lo osservò attentamente: ai suoi occhi di bambino non sembrava poi così cattivo, stava sorridendo, gli stava offrendo una golosa leccornia ed era un clown, solo in bianco e nero, certo, ma Luca adorava i clown.
Come aveva potuto aver paura?
Poggiò un piedino scalzo sul pavimento freddo e, camminando in punta dei piedi, si avvicinò all'ampia finestra. Fece per aprirla, ma poi ritrasse le mani.
"Io... non posso, Linda è in casa e non vuole che faccia entrare qualcuno, finché lei è in camera di mamma e papà col suo ragazzo. Non preoccuparti, non sono solo"
"Piccolo Luca, Linda sarebbe disposta a giocare... chessò... a 'Io Spio' anche per tutta la notte? Ti consola? Ti fa divertire?"
Il bimbo non poté non negare: la sua baby-sitter badava solo fare quelli che lei definiva 'giochi per bambini grandi' col suo ragazzo nella camera dei suoi genitori, con la musica ad alto volume.
"Vedi" continuò il clown, "questo significa che sei da solo. Voglio solo esserti amico"
Un amico? Beh, non era un male avere un amico, pensò Luca, che non ne aveva molti, da quando di era trasferito in quel paesino americano, abbandonando gli amici in Italia.
"Davvero possiamo giocare? Anche a nascondino?"
"Certo" rispose il clown, allargando il proprio sorriso. Luca sorrise a sua volta ed aprì, non senza un po' di fatica, la grande finestra, permettendo così a Laughing Jack di entrare nella sua grande stanza da letto.
Giocarono con i soldatini, giocarono a rincorrersi e a battimano, agli indovinelli e a chi faceva più capriole. Verso le tre del mattino, Luca sbadigliò, ma ancora preso dal divertimento, chiese: "Possiamo giocare a... a nascondino?"
Il clown, che già si era annoiato del moccioso, rispose: "Certo, Luca. Ma..." e lasciò la frase in sospeso.
"Ma?"
"Ma che ne dici se cambiamo un po' le regole?" Ad un interrogativo sguardo del piccolo, l'entità astrale esplicitò ciò che voleva dire. "Io e Isaac, una volta, prima di doverci dire addio per sempre, giocammo ad un gioco davvero divertente, il mio gioco preferito, si può dire"
"Che gioco è?"
"Lo scoprirai"
"Cosa c'entra con nascondino?"
"Tu ti nascondi, quando ti trovo, ti insegnerò a giocare"
Il bambino annuì e Laughing Jack si mise con la faccia al muro.
"Okay, ma non barare" raccomandò Luca, correndo a nascondersi.
"Uno... due... tre..." contava l'uomo a righe, mentre Luca scendeva le scale, attento a non farle scricchiolare. Dove poteva nascondersi?
"...quattro..."
Ad un primo momento pensò di chiudersi nel ripostiglio, ma gli sembrò banale e scontato, così optò per la cucina.
"...cinque... sei..."
Raggiunse la cucina bianca e pulita a piccoli passi, dicendosi che doveva spicciarsi.
"...sette... otto... nove..."
Con un colpo di genio, decise di chiudersi nello stretto spazio sotto al lavandino, così tirò fuori il bidoncino della spazzatura e ci si mise dentro, chiudendo le piccole ante.
"...dieci!" finì il clown, facendosi ben udire da Luce. "Vengo a prenderti" aggiunse poi, con un tono che il piccolo etichettò come inquietante - eppure il clown era così simpatico e gentile...
Laughing Jack uscì dalla cameretta e chiuse la chiave della stanza dove la baby-sitter ed il suo ragazzo si divertivano. Non aveva molta voglia di giocare, quella notte, o meglio non aveva voglia di aspettare oltre per arrivare all'apice del gioco: il finale.
Scese i gradini con lentezza, facendoli scricchiolare; le lunghe e nere unghie graffiarono il corrimano in pregiato legno.
Se prima aveva fatto in modo che Luca si fidasse di lui e che si divertisse, ora voleva fare di tutto per terrorizzarlo.
"Lucaaaa" sghignazzò, emettendo una risatina acuta.
L'entità cosmica s'immobilizzò per poter udire meglio i rumori della casa, ma non sentì molto, tranne Linda e il suo ragazzo che si stavano davvero dando alla pazza gioia, e per fortuna, si disse, la musica in quella stanza era ad un volume tale che chi era dentro non sentiva ciò che accadeva fuori e viceversa, però non era abbastanza alta da impedire di carpire il minimo rumore nel resto della casa. Un lieve cigolio arrivò dalla cucina e Laughing Jack sospirò.
Fece palesemente finta di cercarlo in salotto, fingendo di non conoscere neanche lontanamente l'ubicazione del moccioso.
"Luca, la vuoi una caramella?" sussurrò. E rise.
Era una risata malata, quella, era quel tipo di risata che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque, che ti entrava in testa e che si faceva risentire nei tuoi incubi peggiori, se avevi la sfortuna di sentirla e sopravvivere.
Luca sobbalzò: cominciava a preoccuparsi, all'improvviso l'idea di essere amico di quel clown non gli parve una delle migliori.
*toc* *toc* *toc*
Laughing Jack ticchettava con un dito sulle ante metalliche del nascondiglio del bimbo e si divertiva a sentire i suoi tremolanti sospiri e un urletto a stento trattenuto.
"Luca, ti ho trovato" disse l'uomo a righe, aprendo le ante e afferrando Luca, che vedendo il suo viso contorto dalla cattiveria urlò - un po' per la sorpresa, un po' per la paura. Lo strinse, allungando le malleabili braccia, e ridacchiò. "Sai", disse, "una volta ho fatto scoppiare gli occhi di un gatto, così. Isaac rise tanto... chissà chi riderebbe, a vedere i tuoi occhi fare 'pop'!!! Io di sicuro!"
Luca tentò di liberarsi strattonando le sue nere e larghe bretelle, tirandogli i capelli; era talmente terrorizzato da non spiaccicar parola.
"La vuoi una caramella?"
Il bimbo fece un segno di diniego col capo. Sarebbe stato meglio rimanere sotto le coperte, si disse.
Il clown in bianco e nero sbatté il piccolo Luca sul ripiano della cucina , gli si sedette sopra, sullo stomaco, tenendogli ferme le mani con una delle sue, mentre con l'altra estraeva un bel numero di caramelle assortite dalle proprie tasche e gliele infilava in gola con forza, obbligandolo ad ingoiarle per lasciar spazio ad altri dolciumi e per provare a respirare.
Si sentiva scoppiare, si sentiva impotente e l terribile sensazione di soffocamento gli aveva riempito di lacrime gli occhi, lacrime che rigavano il suo visino contratto dalla paura. Vomitò un po' di dolciumi e si senti quasi - molto quasi - meglio.
Laughing Jack si guardò attorno e adocchiò un set di coltelli a cucina. Ne prese un paio, mollando per un attimo le mani di Luca, ignorandolo mentre si contorceva e tentava di liberarsi, bloccandolo col proprio peso. Sfiorò con un dito le lame e decise che sì, facevano al caso suo. Infilzò i palmi delle mani di Luca, inchiodandole al piano di lavoro; il bambino pianse con più forza, e quando il clown impiantò altri coltelli lungo le sue braccia, voltò il capo di lato e riversò tutto il contenuto del proprio intestino sulla superficie di legno. Non riusciva a muoversi per via delle fitte di dolore, si sentiva svenire.
Laughing Jack decise di fare un lavoro veloce, si stava annoiando, Luca non sapeva giocare, non era divertente, così gli squarciò il ventre, scendendo dal ripiano.
"Vuoi le caramelle?" chiese all'oramai morente bambino.
Con le lunghe dita aprì maggiormente il ventre del proprio poco duraturo compagno di giochi, estrasse la maggior parte degli organi e vi riversò una quantità tale di dolci che, normalmente, nelle sue tasche non sarebbero dovuti starci.
Uscì da dove era entrato, cercando un altro bambino con il quale condividere il rapporto che aveva avuto con Isaac, lasciandosi dietro una scia di sangue e l'eco di una risata... un'orrenda, terribile, malvagia risata.

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