Passarono settimane, mesi.
L'inverno freddo, ormai, era al suo apice.Kageyama riuscì a risolvere i malintesi con la band dopo aver rinunciato alla sua paga serale in favore di una spartizione equa tra gli altri membri del gruppo che, per colpa sua, si erano dovuti esibire in ritardo quel sabato sera, rischiando il posto fisso al pub.
Aveva ancora bisogno di una bella somma per potersi permettere di comprare una macchina. In casa la situazione era sempre la stessa: i suoi genitori discutevano continuamente, sia per questioni economiche che non. Parlare di altre spese non era fattibile, ma Kageyama non ne dava una colpa a nessuno.
Semplicemente, le cose erano così.
Ma forse era proprio questa assenza di un vero e proprio colpevole a cui addossare la colpa di tutti i suoi problemi che l'aveva spinto, negli anni passati, a sviluppare una sorta di indifferenza nei confronti del mondo.
Non c'era possibilità di cambiare le cose. Aveva imparato ad accettarlo.
Semplicemente, faceva ciò che era necessario, senza lamentarsi troppo.
Era un altro dei soliti e monotoni sabato sera al pub, quando lo rivide. Perso nella canzone che stava esibendo sul piccolo rialzo in legno, lo intravide di sfuggita oltre i vetri del locale. Inizialmente, fece fatica a riconoscerlo.
Un ammasso di ricci rossi smossi dal vento. Una giacca azzurra larga a coprirgli il corpo esile. Un volto pallido inespressivo. Delle Converse gialle sgualcite. Forse, non fece poi così tanta fatica.
Fu colpito all'istante da quei colori che, nell'insieme, stonavano al punto tale da riuscire a fargli arricciare il naso.
Ma, per qualche strano motivo, più cercava di non guardarlo, più il suo sguardo finiva catturato da quella disarmonia visiva. Quasi come quando, su di una parete completamente bianca, si intravede una macchia. E non la si riesce più ad ignorare.
Il rosso iniziò ad infestare la sua vita così, come l'impersonificazione vera e propria di una macchia di colore all'interno di un quadro grigio.
Perchè dopo quel sabato, il corvino riconobbe quel ragazzo anche il lunedì successivo, nell'aula studio che frequentava solitamente dopo la scuola. Si spaventò, quasi certo che prima, quel ragazzo, non avesse mai messo piede lì dentro.
Sapeva, però, di essere nel torto. Non lo aveva mai notato, semplicemente. E quasi si sentì stupido a non aver mai fatto caso a un ragazzo del genere. Con tutto quell'ammasso rosso in testa e quelle scarpe gialle ai piedi, sembrava impossibile.
L'ultimo posto libero ad occhio era proprio accanto a lui. Kageyama si sentì stranamente seccato. Con tutti i tavoli occupati da studenti disperati alle prese con le solite sessioni di studio intensivo prima degli esami di metà anno, quella sedia era l'unica ad essere vuota.
Ironico.
Se ne fece una ragione, e ringraziò che l'altro nemmeno parve accorgersi della sua presenza quando il corvino prese posto alla sua destra.
Passò un'ora, e Kageyama era quasi certo di aver memorizzato gli ultimi capitoli di storia in programma. Quasi, perchè ancora non riusciva a rispondere in modo esaustivo a tutte le domande fornite dal professore come esercizio di pratica. Si rabbuiò, annoiato all'idea di dover ripetere mentalmente, per l'ennesima volta, tutto da capo.
E si distrasse.
Il ragazzino accanto a lui non si era smosso. Continuava a concentrare l'attenzione sul foglio per metà scarabocchiato che aveva di fronte. Kageyama, in realtà, non era certo se fosse sveglio o meno. La chioma rossa gli impediva di vedere gli occhi dell'altro, ma sbirciò, per pura noia, le scritte sul suo quaderno.
STAI LEGGENDO
𝗪𝗵𝗶𝘁𝗲 𝗦𝗶𝗹𝗲𝗻𝗰𝗲 | 𝗞𝗮𝗴𝗲𝗵𝗶𝗻𝗮
FanfictionKageyama sapeva solo un paio di cose sul suo conto: aveva i capelli di un rosso simile a quello della buccia delle carote, frequentavano la stessa aula di studio comune il lunedì pomeriggio e aveva sempre ai piedi le solite Converse gialle sgualcite...