Era il momento.
La sfortuna voleva che ero stata presa
Erano due anni ci tenevano nel Condominio. Ricordo la faccia di mia madre mentre venivo trasportata via a forza. Non era davvero dispiaciuta, ma faceva finta di esserlo. Hanno portato via me e mio fratello. Anche se ci facessero uscire, non credo che tornerei mai da lei, comunque.
Non tutti sopravvivevano al primo mese. Avevo tredici anni, e mio fratello ne aveva solo sei...
– No! – gridai, ma nessuno mi stava ascoltando – Non potete portarmelo via! No! Non ce lo permetto!
– Stai buona, ragazzina. È per il tuo bene – mi presero per le braccia, io mi dimenavo e piangevo. Volevo tornare da lui.
– Che cos'ha? – gli chiese l'uomo che mi teneva.
– Lasciatemi! – urlai.
– STAI ZITTA! – tuonò l'altro uomo. Quello che esaminava mio fratello parlò: – È morto.
In quel momento avrei voluto cadere a terra e piangere tutte le mie lacrime, piangerne così tante da non riuscire neanche più a respirare.
– Di cosa? – chiese il primo.
– Di... – il dottore fece un rapido esame, poi si allontanò di scatto – La malattia! Allontanate il corpo, ci infetterà tutti!
Arrivarono due guardie da fuori e presero il corpo di mio fratello.
– Che gli volete fare? – chiesi. – Che gli volete fare!? – mi dimenai.
– Buona, è meglio così.
Aprirono i finestrini del treno che portavano al Condominio.
– No! No! Non potete farlo! – urlavo ma era tutto inutile.
Le guardie buttarono fuori il corpo.
– È meglio così. – chiusero il finestrino, mi lasciarono andare e all'uscita chiusero le porte, lasciandomi sul pavimento in lacrime.
A quel tempo avevo undici anni. Appena finito l'anno di Villa. Sul treno per l'arrivo al Condominio. E ancora, a due anni di distanza, quella scena mi tormenta i sogni, come uno scarabocchio di penna nera su un foglio completamente bianco. Non sarei mai riuscita a liberarmene, mi ricordo ancora ogni parola pronunciata da chiunque, e ogni volta che lo sogno, mi sveglio in lacrime.
