Collegio.

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Ormai è una routine. Mi alzo alle sei di mattina. Mi lavo.  Mi vesto con la solita gonna che arriva sotto alle ginocchia di colore grigio topo, una camicia bianca, i sandali che soffocano i miei piedi e la treccia che sono obbligata a fare. Siamo nel ventunesimo secolo e mi sembra di essere ancora  nei collegi medioevali. Dio Santo. Scendo le scale e cammino verso la mensa. Appena giungo nella stanza le altre ragazze mi guardano con espressione fredda. Povera gioventù,  come la state rovinando suore del cazzo. Mi vado a sedere vicino ad Jennifer. Diciamo che non è la mia migliore amica. Ma é una buona amica. Cerco di salutarla con lo sguardo ma mi ignora del tutto. La conosco da dieci anni ormai. So che quando fa così, l'hanno molestata quelle vecchiacce. È vergognoso. Se Dio esistesse,  avrebbe già eliminato tutti questi soggetti. Ma a quanto pare non c'è. A questo pensiero faccio spallucce e Annah,  la "capa" delle suore mi fulmina con lo sguardo. Per farle il dispetto, ripeto il gesto. A questo punto Annah si alza e viene verso di me. Con cautela afferra il mio braccio e dice: "ragazze cominciate a mangiare io devo insegnare ad Ashley le buone maniere"

Usciamo dalla stanza e mi porta nel suo ufficio.

"Siediti."

dice la suora con severità.

Mi siedo.

"Ashley sei qui da quattordici anni ormai ma vedo che l'educazione non l'hai ancora imparata"
dice tranquillamente.

Mi fissa per un minuto com'è suo solito fare e dopo...

"Piegati!"

Mi piego. Apre l'armadietto dove conserva vari tipi di fruste. So che le ha collezzionate negli anni.

Non è vero il detto: "a forza di prenderle fai il callo"

Sceglie l'oggetto e senza nemmeno darmi il tempo di respirare quel coso simile ad una cinghia sbatte sulla mia schiena. Annah ha predisposto anche una regola mentre ti frusta. Devi contare quante frustate ti ha dato moltiplicarlo per la tua età dividere il risultato per il mese e alla fine devi dirgli la operazione venuta fuori e se la fai giusta ti da un voto. E dopodichè sei libera. Facile no? Ridicolo.

Vado in camera e mi distendo sul letto,  gemo. La schiena fa male. Mi alzo e mi guardo allo specchio. Il mio corpo è distrutto. Una lacrima riga il viso. Non è paura, non è tristezza. É rabbia, è disprezzo. Tiro un calcio allo specchio. Entra Jennifer in camera. 

"Mio dio come ti ha conciata quella bastarda" dice jennifer.
Si siede vicino a me e mi accarezza la schiene anche essendo sporca di sangue.

"Prima non mi degnavi nemmeno di uno sguardo e ora mi dedichi tutte queste attenzioni? Questo è egoismo."

"Sta zitta" dice lei ridendo

Alza il materasso e prende la nostra scorta di erba.

La prendo e mentre la accendo lei va a chiudere la porta a chiave.

"Che animale vorresti essere?"

La guardo ridendo

"Sei già fatta??" Chiedo io

"No dico seriamente. Io un uccello per poter scappare via da questo posto del cazzo"

"Io vorrei non essere mai nata"
Mi guarda e io non ricambio.

La sera si fa spazio io e jennifer siamo fatte ormai.

Esco dalla stanza per andare in bagno e incrociò una suora che cammina con gli occhi socchiusi e un rosario in mano. Rido. Lei mi guarda e poi ritorna a pregare. Rido di nuovo sotto i baffi e dice: "ragazzina non mi costringere a farmi diventare cattiva"

"Ma smettetela di fare le santarelline. Vi dimostrate cristiane pregando. Ma fatemi un piacere. Tanto lo sanno tutti che di sera andate nei discoclub a ballare. E le uniche vergini qui siamo noi ragazze. Fate Pena solo per questo fatto. Nascondete l'evidenza. Credete che noi siamo stupide da come ci avete educato. Ma vi sbagliate. Ora vado a pisciare cortesemente"

La zittì. Un'altra suora la chiamò e lei se ne andò sbalordita. Io sorrisi e andai a pisciare. 

Quando ritornai in stanza Jennifer era crollata e io insieme a lei. La cena la saltammo.

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