capitolo 4

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...e quando mi accorsi quanto era bella la vita da innamorati, mi ricordai una cosa: i cupidi non possono amare chi proteggono.
-"Sono innamorato di lei"
-"Non puoi!"
Mi ripeteva il mio subconscio.
Parte del mio cuore iniziava a sgretolarsi. Perché non potevo averla? Perché non avrei mai potuto stringerla a me? Perché non avrei mai potuto immaginare il mio futuro con Jeanette? Era un amore non corrisposto, se così si può dire.
E il momento in cui soffrivo di più era la notte, quando la guardavo dolcemente dormire e dove le mie lacrime potevano scorrere tranquille sulle mie guance senza la sua presenza. Senza che lei potesse abbracciarmi, senza che potesse guardarmi e ripetermi quanto ero speciale. La notte la vedevo come mezzo di conforto, come un momento in cui potevo essere me stesso e cullarmi tra le stelle. Quando vedevo quelle cadenti e desideravo che l'amore non dovesse essere così doloroso. La notte la vedevo come mezzo di tregua nel giorno complesso che passavo. Ma era anche il momento in cui soffrivo di più: quando sentivo battere il mio cuore indebolito dall'amore nel silenzio pesto della notte. Ed era qui che mi cullavo tra le mie stesse braccia e mi lasciavo andare in pianti disperati, ma avendo solo una goccia di speranza: lei.

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