Sapevo che avrei fatto meglio a non ascoltarle. Se avessimo passato una semplice serata sul divano con del gelato alla mano come avevo proposto, tutto questo non sarebbe successo.
«Non voglio uscire, possiamo rimandare?»
Arianna scuote la testa mentre Rebecca si limita a mandarmi un'occhiataccia.
«Dai ragazze, sapete che ci sarà anche lui...».
«Abitate nello stesso paese, ci sarà sempre» risponde ferma Rebecca.
«Se ne dovrà fare una ragione, non hai ucciso nessuno» dice con voce calma Arianna mentre si sistema il mascara.
Annuisco, so che ha ragione. Quando arriviamo al bar ci sono davvero pochi ragazzi. Ci sediamo sulle sedie esterne, le mie amiche hanno caldo, io non voglio correre il rischio di incontrarlo e di dover spiegare nuovamente che no, non ho cambiato idea e che sì, so che soffre, ma non posso tornare, non voglio.
«Ditemi tutto ragazze» ci dice il barista.
Arianna gli sorride e ordina tre Spritz.
«Molto potenti, grazie — mi indica — è finalmente tornata sulla piazza» aggiunge.
«Ariii!» La blocco, alzando forse più del dovuto la voce.
Lei mi fa spallucce, continua a sorridere a Federico, il cameriere.
«Sei una stronza, perché gliel'hai detto?»
«Pensi non si sappia in giro?»
"A chi dovrebbe interessare?" penso.
«Poi dai, lui ci conosce da quando abbiamo sedici anni e sottobanco ci passava i drink. Bisogna tenercelo in buona» spiega.
Scuoto la testa. Federico ci porta i tre Spritz, si ferma a parlare qualche minuto con Arianna per poi lasciarci da sole. Lo bevo come se fosse acqua, pessima idea visto che avevo mangiato davvero poco a cena. Rebecca mi rimprovera con lo sguardo, ma è troppo tardi. Arianna, invece, mi segue e dopo neanche un'ora mi ritrovo a bere il quarto drink. Inizio a percepire delle sensazioni strane, penso di meno, il cuore sembra essere meno pesante e ultima cosa: sorrido. Non sorridevo da un po', non sinceramente. Forse anche il sorriso da ebete che mi ritrovo è finto, è frutto dell'alcol, ma non importa.
«Oh no» urla Arianna.
Non faccio in tempo a girarmi che Marco si avvicina. Faccio due passi indietro.
«Hai bevuto?» Mi chiede lui.
«Perspicace» lo prende in giro Rebecca.
«Possiamo parlare?»
Annuisco con la testa anche se vorrei urlargli di lasciarmi in pace. Di non scrivere ai miei amici, alla mia famiglia e di rispettarmi. Non lo odio, lo voglio solo lontano. Mi prende per il braccio e mi porta qualche metro fuori dal locale.
«Dimmi perché, perché lo fai?»
"Fare cosa, andare avanti?" penso.
«Non puoi lasciarmi, eri tutto per me...»
"E pensi che non lo sappia? Che non sia stato difficile capire che non eravamo la cosa giusta? Che non facevi per me?" Continuo a pensare.
«Non sei più la mia...».
A "mia" esplodo.
«No, ora basta!» Urlo.
Vedo degli sguardi concentrarsi su di noi. Non sopporto queste cose.
«Non ne parleremo qui, goditi questa serata» sussurro.
«Non me ne frega di quello che dice la gente» alza la voce.
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RACCONTAMI UNA STORIA
Short Story«C'era una volta una mucca Vittoria, morta la mucca, finita la storia». Era questa la storia che mia mamma recitava quando le chiedevo di leggermi qualcosa prima di andare a dormire. Forse per questo, crescendo, ho deciso di scrivere delle storie tu...