Quella che vivo io non è una vita, per lo meno non è una vita che tutti sognerebbero o sceglierebbero se ne avessero la possibilità e a dir la verità non la sceglierei neanch'io, purtroppo non posso avere il controllo di niente al di sopra di me, perciò le mie decisioni nascono più da un obbligo che da una necessità.
Sicuramente la mia vita precedente era decisamente più entusiasmante e sarebbe stata perfetta come trama di un film d'azione, mentre adesso mi potrei definire come la protagonista di una storia alquanto banale e noiosa che con la sua monotonia fa addormentare gli scarsi spettatori in sala.
Per fortuna non conosco tante persone con cui poter parlare della mia vita, ma so che qualsiasi sconosciuto sulla faccia della terra mi vedrebbe come mi vedo io, la ristretta cerchia di persone che ancora frequento non comprende la mia famiglia, ogni tanto poteva capitare di trovare un biglietto di mia madre tra i soldi per le tasse universitarie che mi inviava, ma con il tempo e le mie mancate risposte, penso abbia smesso di inviarmeli. Mi chiedo spesso se la cosa giusta da fare sia ascoltare Thomas e riavvicinarmi ai miei genitori, rimugino così tanto che a volte mi convinco di essere una stupida per non aver mai preso in considerazione l'idea, altre volte mi ricordo che il mio collega non ha una situazione migliore della mia.
Staccai gli occhi dal libro su cui ero concentrata da quasi tre ore, gli sbattei più volte e diressi lo sguardo verso la finestra di fronte a me per riabituarmi ad una vista normale, rimasi qualche secondo a studiare il paesaggio che affacciava su un quartiere di periferia, in lontananza si vedeva il centro dominato da altissimi grattacieli che illuminavano la città nel buio della sera.
Non avevo abbandonato gli Stati Uniti, mi ero trasferita a New York per poter portare avanti gli studi universitari e ovviamente per cambiare ambiente e staccarmi dall'aria malsana di Washington; appena arrivata mi innamorai subito della grande mela e non potei più separarmici, forse l'unica cosa che mi convince veramente di tutta la mia esistenza è proprio l'aura magica e travolgente di questa città.
Mi accorgo di star esitando troppo e mi auto incoraggio a spostarmi dalla sedia della scrivania per controllare l'ora, l'orologio alle mie spalle sul muro della camera segna le diciannove e trenta, è giunto il momento di andare al lavoro, chiudo dunque il libro di psicologia generale e senza mettere in ordine la scrivania mi dirigo in cucina alla ricerca di qualcosa di commestibile che mi dia un minimo di forza per sopportare l'estenuante turno che mi attende.
L'unico ambiente che frequento, oltre al mio appartamento e all'università, è il minimarket in cui lavoro, mia unica fonte di guadagno e via di fuga dallo studio esasperato. Decisi di iniziare a lavorare subito dopo il mio trasloco, avevo bisogno di qualcosa di semplice e tranquillo; dopo quasi un anno, mi ero abituata al ritmo che mi ero costruita, ero riuscita a fare mio quello spazio, quelle abitudini e, anche se non completamente, quella vita. Ammetto che iniziai ad affezionarmi alla routine, diventai come una bambina con il suo pupazzo preferito, ma prima o poi bisogna crescere.
Il tragitto verso il supermercato non durò molto e, come sempre, raggiunsi il centro in tranquillità, mentre camminavo avvolta nella pesante giacca cercai di ripetere nella mia mente i concetti appena studiati per capire quanti ne avessi effettivamente assimilati. La mia carriera universitaria procedeva discretamente, le lezioni andavano veloci e l'unica mancanza era rappresentata dal tempo che mi sarebbe servito per studiare, molto spesso ero costretta a fare le ore piccole per poter arrivare agli esami sufficientemente preparata, quindi nei momenti vuoti cercavo di ripassare per risparmiare tempo.
Arrivai a lavoro dove ad aspettarmi c'era il mio amico e collega Thomas, quando arrivai lo trovai intento a posizionare sull'ultimo ripiano di uno scaffale uno scatolone pieno di confezioni di cereali. A causa del peso della scatola rischiò che gli cadesse addosso un paio di volte, non resistetti a quella vista esilarante e scoppiai in una risata che cercai di trattenere. Il ragazzo si girò e con aria spaventata mi rivolse un saluto rapido, senza indugiare oltre raggiunsi lo sgabuzzino per indossare la mia divisa e timbrare il cartellino. Al mio ritorno Thomas si trovava dietro la cassa, mi voltai e notai i cereali al loro posto, rassicurata tornai dal mio amico.
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L'Ordine
Action"Sicuramente la mia vita precedente era decisamente più entusiasmante e sarebbe stata perfetta come trama di un film d'azione, mentre adesso mi potrei definire come la protagonista di una storia alquanto banale e noiosa che con la sua monotonia fa a...