CAPITOLO 2

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Dopo aver preso il cibo e da bere mi vado a sedere in un angolo vuoto del secondo tavolo. Un po' più lontano da me ci sono dei ragazzi e delle ragazze che penso siano di terza. Io li guardo senza farmi notare. Provo a controllare di nascosto il tablet per vedere se si sono aggiunte delle missioni, ma niente. Questo pomeriggio dovrò restare a casa. Prendo il telefono per sentire mia madre e farle sapere come sta andando il primo giorno.

"mamma ora sono in mensa, comunque non ho ancora delle missioni" dissi le ultime parole abbassando la voce

"ne sei sicura? come sta andando a scuola? hai già fatto amicizia?"

"no mamma, non ho fatto amicizia e penso che nessuno abbia voglia di conoscermi, ma non mi importa più di tanto, e si, sono sicura, ma mi sembra strano"

"vedremo entro pomeriggio. Dai, tesoro magari vai a parlare tu con loro"

"va bene mamma, ci sentiamo dopo" dissi, staccando subito la chiamata.

Quando faceva così non la sopportavo, Lo sa benissimo che ormai non ci provo neanche più a fare amicizia. Tanto fra due mesi saremo di nuovo punto a capo.

A papà invece non lo chiamo, penso sia in ufficio per qualche lavoro da risolvere con la società, ma non ne parla con me, quindi sarebbe inutile chiedergli.

Mi manca solo la frutta da mangiare, ma aspetto ancora un po', manca ancora mezz'ora alla fine della pausa pranzo. Dopo poco vedo un ragazzo avvicinarsi. Ha una felpa nera, un po'larga per la sua taglia, dei cargo verdi scuro e delle adidas forum. Ha dei capelli ricci e scuri, gli occhi verde smeraldo e indossa degli occhiali dalla forma arrotondata. Noto che ha già finito di mangiare o non ha mangiato proprio, visto che non ha il vassoio.

Comincio ad avere ansia, se mi dovesse parlare non saprei come continuare la conversazione. Non sono brava in queste cose. Ma ecco che mi saluta facendo un gesto con la mano. Ricambio il saluto, timidamente, e sorrido, sento le guance bruciare.

"Hey, immagino che tu sia la nuova ragazza, me l'ha detto il mio migliore amico, seduto lì all'ultimo tavolo" pensai che allora erano di quinta "Se ti va, qualche volta puoi venire e mangiare assieme a noi, anche se siamo dell'ultimo anno."

Annuisco ma senza dire nulla. Il ragazzo ancora mi fissa, e dopo pochi istanti si siede di fronte a me.

"Senti, come ti chiami?" chiese gentilmente. "Kate, tu?" posso sembrare timida, ma quando prendo confidenza sono completamente diversa da come sono ora.

"Io sono Alex, e quelli seduti all'ultimo tavolo sono i miei amici, Zack con il cappellino dei Chicago Bulls, Andrew con la maglietta degli Avengers, Matt è quello con gli occhiali e poi c'è Brian che è il ragazzo con i capelli rossi. Invece quelle due ragazze si chiamano Summer e Jade, Summer con lo skate e Jade è l'altra "

"Va bene, ma non vedo perché dovrei venire a msngiare assieme a voi" continuai io.

"Be è semplice, vedi noi siamo il gruppo di mezzo, non siamo ne poco conosciuti ne tanto, penso che la maggior parte delle persone qui a scuola ci considerino simpatici e poi perché no? Ti faresti degli amici"

Annuisco un'altra volta e nel frattempo metto la frutta nello zaino, la mangerò per merenda. Alex mi guarda provando a capire a cosa stessi pensando.

"Se ti va puoi venire anche ora, ma pomeriggio sei impegnata?" di certo non mi andava di uscire con loro, ma sicuramente sarebbe stato meglio uscire con loro piuttosto che stare chiusa in casa con mia madre. "No, non penso, perché?"

"Se ti va e se sai andare sullo skate, oggi possiamo andare col gruppo alle rampe e provare un po' " attesi qualche secondo. Penso che in fondo non è un'idea così brutta.

Accetto e tornando in classe, passo dal loro tavolo salutandoli con la mano. Ma prima di poter andare mi sento tirare dalla manica della felpa. È Alex, di nuovo. Mi spiega che per metterci d'accordo sull'orario dobbiamo scambiarci i numeri di telefono. Allora prendo il mio e glielo comincio a dettare, nel frattempo arrivano i suoi amici.

Arriva Zack che si presenta, e dopo di lui gli altri, sembrano tutti molto gentili. Quando suona la campanella Zack prende il cappello e lo stringe, dopodiché me lo appoggia sulla testa e mi fa l'occhiolino. Arrossisco molto visibilmente. Che cazzo avrei dovuto farci col cappellino? Penso che pomeriggio glielo restituirò.

Una vita in fugaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora