Ieri, quando sono uscita in cortile per salire in macchina e tornare al lavoro, ero arrabbiata e nervosa. Ero nervosa per i piccoli dispetti che la vita ti fa e che ti rendono tutto più difficile, come quando in posta la fila è lunga e molto lenta, o quando scatta il rosso al semaforo e tu hai tantissima fretta. Dovevo tornare a lavorare invece di stare a casa a scrivere o riposarmi e c'era caldo, tanto caldo e nel pomeriggio avrei dovuto accompagnare mia figlia a fare delle compere prima di andare a ritirare la sua pagella, quindi ero un po' arrabbiata per non avere del tempo da dedicarmi.
Poi... Poi il tuo cancello si è aperto e tu sei uscita sul marciapiede per accompagnare il cane nella passeggiata e lì mi sono bloccata, salutandoti.
Avevi ai piedi delle ciabatte troppo grandi per te, non arrivavi neanche a metà suola ed erano nere, un colore così scuro per una ragazzina di undici anni che ho subito capito: non erano tue.
Indossavi le ciabatte del papà. Ricordo di non aver pensato al suo nome, ma l'ho pensato proprio così, 'il tuo papà'. E ho capito che le cose importanti della vita sono altre. Quando mia figlia è uscita per chiudere il cancello, avrei voluto abbracciarla, perché vederti mi aveva smosso dentro, ma non l'ho fatto. Ora so che avrei dovuto; non dovremmo lasciarci sfuggire le occasioni.
Le cose belle ci sono, sono lì e spesso non le guardiamo, non ci accorgiamo di loro. Il sorriso di un estraneo, o di una persona che si conosce, possono cambiare la giornata, e anche il nostro può essere fonte di gioia per qualcuno che sta passando una brutta giorno.
A volte basta poco.
A volte basta un paio di ciabatte.
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Le ciabatte
Short StoryHo trovato questo pezzo nel pc. L'ho scritto qualche anno fa. Niente di che, uno stralcio di vita, una manciata di pensieri. Ma chi lo sa, magari a qualcuno potrebbe piacere.