Capitolo Uno

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Capitolo 1

SeaState. Sesto portale.

Ryle.

Cannella. Zucchero filato. Qualcuno stava cucinando qualcosa?

Aggrottai la fronte. L'odore era forte da stuzzicare il palato, e per quanto desiderassi che Colin avesse finalmente imparato a cucinare del cibo commestibile sapevo che non fosse così.
Sospirai stropicciandomi pigramente un occhio, fuori doveva essere appena sotto il sole e questo valeva a dire che qualcuno doveva essersi avventurato per non morire tra le ustioni dal calore del sole del mezzogiorno e il gelo nascosto nell'ombra.

«Colin porta le chiappe fuori dalla tua stanza» dissi a voce alta mentre indossavo dei boxer puliti. Osservare il mio riflesso allo specchio fu inevitabile. Passai in rassegna ogni cicatrice dal petto ai fianchi e la pelle rossa sul bicipite. Ero abbastanza certo che nel giro di qualche ora si sarebbe infettata. Sciacquai la ferita con dell'acqua pulita del rubinetto prima di indossare la divisa a motivi militari. Sentii alle mie spalle lo sbuffo di Colin. Mi seguii con lo sguardo tutto il tempo mentre mi sedevo al bordo del mio letto a mezza piazza, infilai gli scarponi lanciandogli una breve occhiata.

«Ti aspetti che ti dia il buongiorno con un bacio?»

Mi fulminò con lo sguardo incamminandosi verso l'armadio che avevamo in comune. Lo sentii borbottare un coglione mentre infilava anche lui la tuta; sogghignai.
«Lorraine ti ha chiamato?» Chiese dandomi le spalle.
«No. Avrebbe dovuto farlo?»
Saltellò nel tentativo di infilarsi i pantaloni.«Suppongo di sì. Non li hai sentiti i boati alla barriera?»

Mi passai una mano tra i capelli trovandoli umidi.

«No» ammisi mentre uscivo dalla stanza. Colin mi seguii afferrando al volo il mazzo di chiavi che gli lanciai.

Uscimmo e il sole mi investì in pieno senza bruciarmi la pelle. Oh questa sì che era una bella sensazione. Non so quanto tempo trascorsi camminando sull'asfalto alla ricerca della fonte di quell'odore di cannella. SeaState è una comunità di poco più di cinquanta uomini che riuscivano a sopravvivere mangiando dei canari e noccioli, gli unici frutti che questo posto ha da offrire per la sopravvivenza umana. Incrociai lo sguardo di più uomini intenti ad esaminare l'ambiente circostante mentre seguivo il lieve profumo che ancora galleggiava nell'aria. Colin, ancora dietro di me, non faceva altro che lamentarsi della mia scarsa velocità.

«Se non ti muovi moriremo prima che il sole possa raggiungere l'Alto» mi fece notare sorpassandomi con poche falcate. Ghignai.
«La morte ha iniziato a spaventarti?»

Roteò gli occhi abbassandosi per non urtare contro il ramo di un albero. Eravamo appena usciti da SeaState entrando nella radura, che non era altro che una serie di alberi rimasti nella stagione autunnale da oltre dieci mesi, le foglie cambiavano colore e cadevano a rilento, ci sarebbero probabilmente voluti anni fino a vedere i primi boccioli.

«Sembri parecchio di buon umore oggi.» Disse guardando con le iridi verdi dritto davanti a se. Stava cercando di intercettare il confine con la barriera attraverso l'olfatto.

Sorrisi. «Non farmi credere che ti dispiaccia»
Si voltò nella mia direzione solo per mostrarmi la sua espressione seria. Poi riprese a cercare bloccando i passi per concentrarsi.

«Sai Ryle...» sussurrò dopo secondi di silenzio. «Ti preferisco nei panni del soldatino silenzioso ubbidiente.»

Risi ed evitai di rispondere in modo da permettergli di concentrarsi. La barriera cambiava posizione molto spesso e Colin ormai era diventato un esperto nell' intercettarla. Spesso ci provavo anch'io seppure con scarsi risultati, avevo seguito il suo unico consiglio cerca il tanfo di morte più evidente ma era difficile concentrarsi sul quale lo fosse senza rischiare di vomitare la colazione. Il mio compagno si voltò nella mia direzione con uno strano luccichio negli occhi. L'aveva trovata.

«Solo otto passi a Nord, oggi.» Spiegò; con le labbra serrate annotò qualcosa sul suo block notes prima di ricominciare a camminare a passo spedito davanti a se.

Il rumore del metallo delle nostre spade e dei nostri passi sull'erba secca risuonò nell'ambiente circostante: nessuno oltre gli unici animali sotterranei ci avrebbe sentiti. Man mano che eravamo più vicini alla barriera la puzza ormai familiare di morte si insinuava svelta nelle mie narici costringendomi a fare brevi respiri. Colin sembrava non farci più caso. Lo guardai avanzare a passo veloce e lo sguardo non poté fare a meno che ricadere sulla sua mano destra stretta con delicatezza attorno ad una rosa sul punto di appassire. Doveva averla presa qualche giorno fa durante la missione di recupero a Est Collide.

Entrammo all'interno della barriera in pochi secondi e dovetti sbattere le palpebre più volte prima di abituare gli occhi e riuscire a vedere oltre la nebbia. Fu allora che la vidi, bastarono solo pochi passi. Strinsi l'elsa della spada passando oltre Colin, che non replicò, controllando che non ci fosse qualche animale indesiderato. Poi sospirai inginocchiandomi lentamente ai piedi della pietra nella quale vi era inciso: Emma Mason Custer.

Chiusi gli occhi. Uno strano vuoto aveva preso posto nel mio petto. La mente era ferma a dei capelli dorati, il sorriso spesso forzato e la battuta sempre pronta. Non mi resi conto di star tremando. Una mano mi riportò bruscamente alla realtà, mi sollevai senza pensarci due volte lasciando il posto a Colin.

Mi allontanai da quel posto in fretta infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. Questo cimitero sembrava un posto sfuggito agli Dei, nessuna luce era mai riuscita a filtrare attraverso la nebbia e il tanfo lo avrebbe reso completamente inagibile nell'arco di qualche anno; ma questo posto sarebbe comunque stato meglio del Settimo portale. Un Oasi di ossa e carne. Rabbrividii al pensiero dell' intonaco completamente rosso di qualsiasi abitazione. Qualche anno fa sarei scappato da quel posto insieme a Emma se ci fosse stato possibile. Lanciai una breve occhiata a Colin trovandolo a sussurrare qualcosa alla pietra davanti a se. Decisi di non disturbarlo.

Camminai in una meta non decisa calpestando l'erba morta che chissà quanto sangue aveva visto negli ultimi sessant'anni, mi ritrovai a rabbrividire di fronte a tutti quei nomi scolpiti malamente su dei massi non uniformi. Odiavo i cimiteri, ma questo più degli altri. Dimmi Hartur, hai mai assistito a tale orrore? Sogghignai. Certo che doveva averlo fatto, chissà quante volte.

Sospirai passando una mano tra i capelli ascoltando la voce bassa del mio compagno, sussurrava delle preghiere che Emma aveva scritto sulla sua agenda prima di lasciarci definitivamente. E che aveva affidato a lui.
Mi schiarii la gola prima di voltarmi nella sua direzione. «Credo che dovremmo tornare. Gil dovrebbe essere-»

Sangue. Tanto sangue scorgeva dal braccio di Colin. Corsi nella sua direzione tenendo una mano ben salda nell'impugnatura della spada. Colin si guardava attorno furioso, il respiro affannato e la mano ancora stretta attorno alla rosa ormai rovinata. Lo chiamai più volte ma lui sembrava totalmente immerso nei suoi pensieri, cercava con gli occhi qualcosa che non sapevo. Scartai in fretta l'opzione che fosse stato un possibile predatore: oltre la barriera non c'era cibo commestibile che gli animali avrebbero potuto ingoiare senza morire nell'arco di pochi minuti, il terreno era così fitto da non permettere di scavare nessuna buca.

Toccai la spalla di Colin facendolo sussultare.

«Dimmi chi è stato» gli ordinai soltanto guardandolo dritto negli occhi. Sembrava sorpreso e infuriato al tempo stesso. Nella sua mente doveva esserci una lotta che se ci fosse stato possibile gli avrei concesso di combattere.

Ma non c'era tempo. Glielo richiesi. Stavolta in tono che non ammetteva il silenzio e lo guardai, in attesa. Colin aggrottò la fronte portando una mano sul sangue che sgorgava copioso dalla ferita che gli era stata inferta. Gli sarebbero serviti dei punti.

Un'altra cicatrice, forse l'ennesima per te Colin.

Riportò lo sguardo nella mia direzione con le dita macchiate di rosso. Le mie ancora intente a stringere con forza l'arma che da lì a poco avrei usato senza ripensamenti.

«Una ragazza, Ryle. È stata una ragazza.»

Re di spadeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora