"...E così, la fata Kyros fu addormentata e imprigionata, e attende ancora di vendicarsi".
La donna terminò il racconto, alzandosi poi con calma dal letto della figlia più piccola, che la osservava da sotto le coperte.
"Ma...e se si svegliasse?" domandò Mina, guardando la madre con due occhioni da cerbiatta.
Era una serata buia, e la luna, se c'era, era ben nascosta dietro le nuvole.
La donna ridacchiò scuotendo la testa nell'ombra. "Ah, bambina mia, sono solo storie".
"E il Castello invece? Anche quelle sono storie?", chiese la piccola. La donna divenne subito seria, e si risedetten immediatamente sul letto accanto alla figlia.
"Mina, mi devi promettere che non ti avvicinerai mai al Castello. È molto pericoloso. Non lo so se le voci che circolano siano vere, ma sono tutte spaventose e non voglio che ti succeda nulla. Adesso dormi, è tardi", e così dicendo le diede un bacio sulla fronte e, auguratele la buonanotte, uscì dalla stanza chiudendo piano la porta.
Vent'anni erano passati da quella sera, e nessuno ancora si avvicinava al Castello come ormai era pratica diffusa da quando si aveva memoria. Era un antico maniero perennemente tetro e nero, che come un pipistrello gettava la sua ombra sinistra sul villaggio sottostante. Storie sinistre circolavano fra gli abitanti, ma i dettagli si mescolavano insieme alle leggende, alle dicerie e alle storie e alla fine non si sapeva più dove finiva la realtà e iniziasse la fantasia. Certo era che neanche alla strada che conduceva al Castello la gente si avvicinava e la notte, gli abitanti che vivevano nelle poche case vicine ai pressi del Castello, giuravano di sentire urla e rumori sinistri provenire da quelle mura. Si raccontava che la costruzione del Castello coincidesse con quella della nascita del loro villaggio e gli anziani, ancora a distanza di anni, raccontavano dell'esistenza di un pozzo senza fondo che si trovava, a dir loro, entro le mura della fortezza.
Il lavoro come panettiera, tuttavia, non lasciava a Mina il tempo di pensare ad altro che al pane, ai clienti e a sua sorella Paula che la aiutava spesso in negozio.
Accanto al loro villaggio c'era una bellissima foresta dove vivevano le fate, purtroppo in pericolo per l'abitudine di certi cacciatori di ucciderle per poi venderne le ali.
Quel tardo pomeriggio, un barlume argenteo entrò dalla finestra del suo negozio, fermandosi proprio sotto al suo bancone di lavoro. In uno sbuffo di polvere, ne emerse un ragazzo ferito, con due ali di libellula cangianti sulla schiena, capelli bianchi e occhi gialli. E nello stesso istante, due uomini fecero irruzione dalla porta principale. Mina si raddrizzò immediatamente facendo finta le fosse caduto un cucchiaio.
"Abbiamo visto entrare una fata, ragazza. Dicci dove la nascondi" disse uno dei suo uomini minaccioso.
"Signori, se ci fosse una fata nel mio negozio non starei qui tranquilla a parlare con voi, sicuri di non avere le allucinazioni?" Chiese Mina, continuando a lavorare l'impasto da infornare. I due la guardarono rabbiosi, poi con un cenno del capo se ne andarono sbattendo la porta nell'uscire.
"Grazie per avermi salvato." Le disse la fata, ferita. "Io sono Verdilia, messaggero della fate. Per sdebitarmi, voglio essere da oggi il tuo spirito guardiano. Mi hai salvato la vita e io ti sono per sempre debitore.", disse. E prima che Mina potesse fare o dire alcunchè, ecco che al posto della fata sul pavimento c'era un piccolo anello argento con un topazio incastonato al centro. Mina si abbassò e, seguendo il suo istinto, se lo infilò al dito.
STAI LEGGENDO
THE DARKNESS BENEATH
FantasyTHE DARKNESS BENEATH (L'oscurità celata) Quando gli Innominabili , una setta oscura e potente che insegue il potere assoluto, fa la sua comparsa, Mina è destinata a diventare la loro preda principale. Combattendo contro gli Innominabili e i loro all...