Appena lasciai Sofia a scuola, il silenzio nell'auto sembrava amplificare quel vuoto che mi portavo dentro da anni. Decisi che era giunto il momento di andare a trovare mia sorella. Non l'avevo più fatto da troppo tempo, e il senso di colpa mi tormentava. Mi sentivo come se l'avessi abbandonata, come se non meritassi neanche di pronunciare il suo nome, ma la verità era che il dolore mi stava divorando. Ogni volta che pensavo a lei, quel peso sul petto diventava insostenibile, e l'unica soluzione sembrava essere quella di evitare.
Parcheggiai davanti al cimitero, il motore si spense con un ruggito basso, lasciando un silenzio pesante. Mi presi un attimo, respirando profondamente, cercando il coraggio di uscire dall'auto. In mano tenevo un piccolo mazzo di tulipani blu, i suoi preferiti. Solo lei poteva amare un fiore così raro, delicato, ma anche forte nel suo significato. Tulipani blu... erano l'unica cosa che mi sembrava giusta portarle.
Camminai lentamente tra le lapidi, con il cuore che batteva forte in petto, ogni passo più pesante del precedente. Quando arrivai alla sua, quella bianca e pulita come il suo sorriso che non avrei mai dimenticato, mi inginocchiai. Posai i fiori nel piccolo vaso accanto alla lapide, cercando di trattenere le lacrime, ma la vista del suo nome inciso nella pietra spazzò via ogni mia difesa.
«Mi manchi tanto, piccola mia, non hai idea...» sussurrai con voce spezzata. Mi lasciai andare, il peso del dolore che cercavo di nascondere da anni esplose in un singhiozzo incontrollabile. Il mio viso si abbassò, le mani strinsero il bordo della lapide come se, in qualche modo, potessi aggrapparmi a lei, riportarla indietro.
«Non ce la faccio, Jasmine. Non so come andare avanti... Non senza di te.» La mia voce si incrinò ancora, ogni parola sembrava uscire a fatica. Rimasi lì, inginocchiato davanti a lei, a piangere come un bambino, il vento che soffiava piano intorno a me, come se volesse consolarmi al posto suo. Passarono minuti che sembrarono ore. Rimasi lì, immobile, parlando a bassa voce come se lei potesse davvero sentirmi. Le raccontai tutto quello che non avevo mai avuto il coraggio di dire a nessuno.
«Sai, continuo a chiedermi come sarebbe stato se fossi arrivato prima quel giorno...Se avessi fatto qualcosa di diverso. Magari saresti ancora qui. Magari avremmo potuto festeggiare insieme il mio compleanno come facevamo sempre. Tu eri quella che lo rendeva speciale, Jasmine. Senza di te... non ha più senso.»
Abbassai lo sguardo, le mani che tremavano mentre sfioravo la lapide fredda. L'assenza della sua voce, del suo sorriso, era qualcosa che mi logorava ogni giorno. Mi passai una mano tra i capelli, cercando di fermare il flusso di pensieri che mi stavano facendo impazzire.«Sofia...» dissi piano, il suo nome uscito senza che me ne rendessi conto. Mi fermai un attimo, cercando di capire perché stessi pensando proprio a lei. «C'è questa ragazza... È così diversa da tutti. Mi fa perdere la testa, è insopportabile, insolente , sa sempre come fammi perdere la pazienza ma... ieri notte mi sono reso conto di quanto sia fragile, anche se non lo mostra. Mi ricorda un po' te, sai? Forte all'esterno, ma con un mondo intero che si porta dentro. Non so nemmeno perché te ne parlo, ma forse... forse tu capiresti.»
Un sorriso amaro si formò sulle mie labbra. Sapevo che Jasmine avrebbe riso di me, avrebbe detto qualcosa del tipo: "Stai attento, Gabriel. Sembra proprio il tipo di ragazza che potrebbe cambiarti."
«Non so nemmeno se voglio cambiare.» sussurrai, rispondendo a una conversazione immaginaria con lei. «Ma lei... lei mi fa sentire cose che non voglio sentire. Mi fa pensare cose che non voglio pensare.» Scossi la testa, cercando di scacciare quei pensieri.
Rimasi ancora qualche minuto, osservando il cielo grigio sopra di me, poi mi alzai, scrollandomi la polvere dai pantaloni. «Ti prometto che tornerò presto, Jasmine.» dissi con un filo di voce. Mi alzai da terra e diedi un leggero bacio sulla sua foto. Mi voltai, lasciando il cimitero con il cuore un po' più leggero ma ancora pieno di domande. Salito in macchina, guardai il mazzo di tulipani che ora decorava la lapide. Un ultimo respiro profondo, e misi in moto, cercando di scacciare tutto quel dolore mentre mi dirigevo verso la scuola.Arrivai davanti al cortile della scuola e parcheggiai l'auto, cercando subito con lo sguardo Sofia. La trovai poco distante dall'entrata principale. Era ferma accanto al muretto , con lo zaino a tracolla, ma non era sola. Ginevra le si era avvicinata e la fissava in modo minaccioso, come se volesse provocarla.
Restai nell'auto, osservandole con attenzione. Ginevra era immobile, ma il suo linguaggio del corpo trasudava tensione. Si sporse leggermente in avanti e le disse qualcosa, ma ero troppo lontano per capire le parole. Sofia, invece, rimase ferma, con il viso tirato e lo sguardo acceso. Non rispose, ma non abbassò gli occhi. Era come se cercasse di trattenersi per non reagire.
Poi, all'improvviso, Ginevra si allontanò, lanciandole un'ultima occhiata di sfida prima di andarsene. Rimasi a fissare la scena, cercando di capire cosa fosse appena successo. Quando vidi Sofia rimanere lì da sola, sembrando visibilmente scossa, feci un respiro profondo, quasi sollevato. Almeno Ginevra non le aveva fatto nulla, o almeno così sembrava.
Sofia si avviò verso la mia auto senza fretta, ma il suo modo di camminare tradiva il nervosismo. Aveva le spalle rigide e lo sguardo perso, come se fosse immersa in pensieri pesanti. Quando aprì la portiera e si sedette accanto a me, non mi guardò nemmeno. Chiuse la portiera e posò lo zaino ai suoi piedi, fissando fuori dal finestrino.
«Buongiorno, eh!» dissi con un tono leggermente ironico, sperando di attirare la sua attenzione.
Non rispose subito. Rimase in silenzio, continuando a guardare fuori, come se non avesse nemmeno sentito. Non era da lei comportarsi così.
«Sofia?» insistetti, abbassando il tono e cercando di essere più serio. «Tutto bene?»
Alla fine, si voltò verso di me. Il suo sguardo era duro, ma c'era anche una sfumatura di vulnerabilità che non riusciva a nascondere del tutto. «Sì, tutto bene,» rispose in modo secco, ma la sua voce tremò leggermente, tradendo le sue parole.
Sospirai, accendendo il motore. «Sei sicura? Hai una faccia che dice il contrario.»
Lei mi guardò per un attimo, come se stesse valutando se parlarmi o meno, poi scosse la testa. «Non è niente di cui tu ti debba preoccupare.»
Non replicai. Conoscevo abbastanza Sofia da sapere che non avrebbe parlato se non voleva farlo. Ma qualcosa, chiaramente, non andava, e quel pensiero mi dava fastidio più di quanto volessi ammettere.
«Se lo dici tu.» risposi, avviando l'auto e mettendoci in viaggio verso casa. Durante il tragitto, la strada era tranquilla e il silenzio tra noi due si faceva sempre più pesante. Mi fermai al semaforo rosso e mi girai verso di lei per guardarla. Era stranamente silenziosa,di solito era sempre pronta a rispondere o a stuzzicarmi, ma ora sembrava più introversa, persa nei suoi pensieri.
«Come mai così silenziosa? Non è da te. Non smetti mai di parlare.» dissi, cercando di rompere quel silenzio imbarazzante.
L'unica risposta che mi diede fu il dito medio, accompagnato da uno sguardo che mi fece ridacchiare. «Che simpaticona!» commentai, cercando di sdrammatizzare. Non mi preoccupava più di tanto che fosse arrabbiata, ma c'era qualcosa di diverso in lei che non riuscivo a ignorare.
«Qualsiasi cosa ti abbia detto Ginevra, non ascoltarla.» aggiunsi, picchiettando le dita sul bordo del volante. «Dice tante di quelle cazzate che nemmeno lei ci crede.»
Mi colpì con un'occhiata acida, ma poi mi fece una domanda che mi colse di sorpresa. «Come fai a conoscerla?» Sospirai e, mentre l'auto procedeva, risposi senza guardarla. «Diciamo che ogni tanto andiamo a letto insieme, senza impegno.»
«Come fai ad andare a letto senza avere una relazione?» mi domandò, e per un attimo il suo tono sembrava più curioso che giudicante. Mi guardò brevemente, ma subito distolse lo sguardo.
«Non sono tipo da relazioni.» risposi con nonchalance, cercando di sembrare più indifferente possibile. «Sto meglio così, nessun impegno, nessun sentimento. Solo piacere.»
Sofia sembrò riflettere per un attimo, poi abbassò lo sguardo verso le mani. «Giusto, non so perché mi meraviglio.» disse, il suo tono più morbido.
La guardai in modo confuso «Di cosa parli?»
«Si vede che sei quel tipo di ragazzo. Bello, arrogante, stronzo. Credi di piacere a tutte , credi che basta guardarle per farle cadere ai tuoi piedi.»
Mi piegai leggermente verso di lei, accorciando la distanza. «Ah, sì, sono bello?» dissi con un sorriso provocante, avvicinando il mio viso al suo orecchio.
Sofia si irrigidì e, seppur imbarazzata, balbettò: «B-beh, oggettivamente sì, lo sei.» poi abbassò il tono, quasi a voler cambiare argomento. «Ma sei anche stronzo.»
«Mai negato di esserlo.» risposi con una leggera risata, facendole l'occhiolino. Mi sentivo un po' più a mio agio, ma dentro di me qualcosa continuava a ribollire. Non riuscivo a ignorare quanto fosse cambiata, e forse quella mezza verità che mi aveva lanciato riguardo a Ginevra aveva toccato un punto sensibile.
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Endless 1 Cuori Nascosti (COMPLETA)
RomanceSofia ha passato tutta la sua vita sentendosi fuori posto. Abbandonata all'età di cinque anni, ha trascorso anni tra famiglie affidatarie e case temporanee, senza mai trovare un vero senso di appartenenza. Fino al giorno in cui i Romero decidono di...