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Finalmente stava finendo la scuola: era stato l'anno più difficile di tutta la mia vita scolastica ed erano mesi ormai che attendevo con ansia la sua fine. Tutti vedono l'inizio del liceo come l'apertura di un nuovo capitolo della propria vita, uno che evidentemente tutti vedono come il più bello, durante il quale puoi fare ciò che vuoi e divertirti. Ma io ho vissuto questo cambiamento radicalmente e ora come ora sono molto scosso; è come se in questi mesi avessi scoperto una nuova parte di me, un aspetto più menefreghista e passivo che mi ha portato a perdere totalmente la mia tenacia e la mia precisione. Improvvisamente non sono più il bravo ragazzo di Milano che tutti ricordano come il secchione, è come se mi fossi evoluto entrando così a far parte del mondo di altri ragazzi che forse come me hanno cambiato modo di fare e addirittura di vivere. No anzi, non penso che siano come me. Probabilmente loro sono sempre stati così e infatti mi rendo conto di essere l'unico a disagio nel mio giro di coetanei; un disagio che per altro non so nemmeno da cosa derivi, forse dalla mia consapevolezza che fino ad un anno prima ero quasi l'opposto di ciò che sono ora. Nonostante tutto però, sento che è ancora presente un divario tra me e i miei amici: devo continuare a recitare per mascherare il fatto che, ad esempio, non ho ancora dato il primo bacio, non sono mai andato in discoteca, le ragazze non mi interessano così tanto e quindi non passo i miei pomeriggi a masturbarmi o a fumare. Spesso mi immagino come sarebbe fare queste cose che gli altri ritengono così normali, talmente tanto che spesso sento si essere io quello non a posto. Mi immagino come sarebbe uscire con una della mia età, fare un poco lo stronzo per conquistarla e baciarla sotto casa o al parco su una panchina. Oppure bere fino alla nausea, con una sigaretta in bocca e una nuvoletta di fumo che mi circonda e mi tiene in ostaggio, insieme ai miei amici che intanto vomitano sul cemento i litri di vodka ingeriti. Nulla di tutto ciò mi entusiasma, ma spesso penso che nemmeno l'idea di continuare a far finta di essere qualcuno che non sono non è entusiasmante. Tutti questi problemi sono comparsi con l'arrivo delle superiori e hanno portato via con loro ogni mia voglia di uscire o mettermi in mostra.
Ed è per questo che quando è suonata la sveglia per l'ennesima volta da settembre, il primo pensiero è stato: "che palle". Ormai è sempre lui, lo stesso ogni mattina quando mi alzo con la testa pesante e la gola secca: "che palle".
Fuori dalla finestra il sole preannunciava una giornata afosa e insopportabile,un classico, ultimamente.
Mi vestii contro voglia, ingoiai un paio di biscotti insapori e secchi e uscii di casa. Mi sembrava di recitare in un film visto quaranta volte: l'aria alla mattina era sempre la stessa, fresca e profumata di foglie ed erba. Il palazzo di fronte al mio era illuminato dal sole per un terzo e le finestre in quell'area riflettevano in maniera fastidiosa i suoi raggi. Raggiunsi velocemente la fermata del bus e mi sedetti accanto alle solite comparse di ogni giorno. Una ragazza di diciassette anni, Elisa, figlia di una vecchia amica di famiglia, una prof di italiano e una badante con un uomo anziano che sbuffava ogni minuto. Penso che l'incubo di ogni ragazzo sia quello di lasciare le cuffie a casa, proprio come succedeva sempre a me. Rimasi seduto per qualche minuto fissando la strada già invasa dalle auto variopinte e dai taxi bianchi fino a quando vidi la figura del bus apparire in fondo alla via. Riuscii a trovare un posto appena salito e mi lasciai coccolare dal lieve vociare delle persone intorno a me e dai primi ritardatari che davano inizio al concerto di clacson e imprecazioni. Il momento di scendere però arrivò anche troppo in fretta, e mi ritrovai sballottato nuovamente nel mondo reale. Il centro di Milano si presentò in tutto il suo splendore, con i numerosi palazzi colorati, i semafori che dipingevano tutto di rosso e verde e le persone caotiche che attraversavano le strade. Mi sembrava di vivere al rallentatore, tanto che riuscivo ad osservare con calma ogni persona e ogni suo gesto o  movimento nonostante il frenetico ritmo che caratterizza ogni grande città alle 8 di mattina. Sentivo di essere l'opposto di tutti quegli uomini in giacca e cravatta e quelle donne altrettanto eleganti, e camminavo tranquillo lungo il marciapiede devastato da chiazze scure e cartacce.
<< Ciao Daniel! >>; mi girai di scatto e mi trovai di fianco Nicolas, compagno di classe presuntuoso ed arrogante. Sentii lo stomaco torcersi in una morsa fastidiosa mentre gli sorridevo freddamente. Mettermi in relazione con gli altri non mi è mai riuscito bene, ma se il ragazzo in questione è una persona che non sopporto, ancora meno.
Arrivammo a scuola in poco tempo mentre Matthew mi assillava con storie e novità che non ascoltai, e scorsi una ragazzina minuta con i capelli rossi schiariti dalle prime e timidi luci del sole davanti al cancello.
Sorrisi sollevato all'idea di vedere Anna, mia cara amica di infanzia. Le sorrisi appena si voltò e i suoi occhi castani si illuminarono. << Approvo >> bisbigliò con un sorriso malizioso; io e lei amavamo commentare il nostro aspetto la mattina, forse dopo l'ultima volta che avevamo dormito insieme ed eravamo corsi a scuola venti minuti dopo la sua apertura.. Le sorrisi e la presi per mano mentre entravamo nell'edificio rosso mattone. Io e Anna avevamo sempre avuto un bellissimo rapporto fin da piccoli e tra di noi non vi era mai stato imbarazzo o tensione, ma ultimamente avevo la sensazione che lei non fosse più sincera e schietta come era sempre stata e da tempo ciò mi turbava. La scuola stava lentamente cambiando. Gli studenti erano più vivaci per via dell'estate imminente e anche le pareti grigie dei corridoi non sembravano più così malinconiche. Come d'abitudine, Anna mi salutò alla fine del corridoio, girando a destra in direzione della sua classe, mentre io proseguii raggiungendo le scale.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 23, 2015 ⏰

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