La cava

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UN soffio leggero sussurrò fra gli alberi che cingevano la piana in un semicerchio disordinato. Il cielo azzurro era terso e l'orizzonte ridotto a una linea piatta, indefinita. La cava si estendeva a perdita d'occhio, con la montagna che si ergeva solitaria, simile a una creatura addormentata pronta a divorare chiunque osasse disturbarne il riposo.

Il vecchio abbassò la testa e finse di sistemare la camicia scolorita. I lunghi capelli grigio ferro gli ricaddero sulla fronte. Li scostò con un gesto secco della mano. Gli occhi, distratti e incerti, rotearono nelle orbite per un istante, proprio nell'attimo in cui una strana sensazione prese a pulsargli dietro la nuca.

Cosa mi sta succedendo?, pensò. Mi sto comportando come un idiota! Non c'è nulla da temere...

D'improvviso l'aspettativa ebbe il sopravvento sull'incertezza e decise di mettersi in marcia.

La montagna lo stava chiamando.

Superò il grande cancello che delimitava l'area di lavoro e si fermò nei pressi di una baracca. Alcuni uomini discutevano all'ombra del pergolato di assi scheggiate.

Il primo, un omaccione dai tratti spigolosi, sembrava essersi eletto da solo capo di quella comitiva. Era in piedi, al centro del gruppetto, agitando le braccia in aria come se volesse dare più enfasi alle proprie parole. "Vi dico che non c'è niente! La storia dell'oro è solo una leggenda. L'avrà messa in giro qualcuno della compagnia per reclutare più gente possibile. Conosco bene questo posto. Giuro sulla testa di mia madre che non ho mai sentito parlare d'oro!"

"E se ti sbagliassi" intervenne il tizio alla sua destra.

Il vecchio si voltò a guardarlo con un cipiglio. Quindi la voce che circolava sulla possibilità che ci fosse dell'oro nelle viscere della miniera era una storiella inventata per attirare altri come lui?

"Se mi sbagliassi" riprese l'omaccione. "allora offrirò a tutti da bere. Spero di doverlo fare, perché se questa storia fosse vera diventeremo tutti quanti ricchi. Ricchi da fare invidia!"

A quelle parole il vecchio ebbe un sussulto. Aspettò, nella speranza che la comitiva continuasse a discutere sull'argomento. Invece cambiarono discorso, ridacchiando di tanto in tanto e scambiandosi fragorose pacche sulle spalle. Li oltrepassò, facendo finta di nulla. Mentre attraversava lo spiazzo sentì addosso il peso dei loro occhi, come formiche cieche e agitate. Cercò di farsi scivolare via quella sensazione, ma non appena si ritrovò sotto il cono d'ombra che la montagna proiettava minacciosa sulla cava, percepì un senso di vertigine.

Smettila!, ordinò a se stesso con severità e si sforzò di procedere.

Altri come lui si erano radunati nel frattempo all'imboccatura della miniera dove un tale, probabilmente il caposquadra, stava dando le prime indicazioni reggendo in mano una cartelletta sudicia.

"Quando chiamo il vostro nome, siete pregati di fare un passo avanti" disse. "Vi divideremo in tre squadre. Cercate di essere rapidi. Non voglio stare qui tutta la mattina."

"Il momento della verità" bisbigliò un ragazzo vicino al vecchio. Lui lo ignorò. Era impossibile non ammirare la montagna in tutta la sua solenne imponenza.

Il caposquadra cominciò a chiamare i presenti uno ad uno. Quando venne il suo turno, esitò. Il tale fu costretto a chiamarlo una seconda volta. "Ascoltami bene, vecchio. A me non piace perdere tempo, perciò non farmelo ripetere. I più giovani li mettiamo a spaccare la pietra. I più forti, invece, spingono i carrelli per l'estrazione. Quelli come te li mettiamo nella squadra per la sicurezza. Il vero problema, qui, è la presenza del gas."

"Gas" ripeté l'altro, distrattamente.

"Non farmi ripete le cose!" lo rimproverò nuovamente il caposquadra. "Mettiti da quella parte" e gli indicò un capanno costruito a ridosso dell'imboccatura che conduceva nelle viscere della terra. "Aspetta lì. Voi sarete i primi ad entrare. Sono stato chiaro?"

Il vecchio annuì e le sue labbra si mossero da sole, farfugliando qualcosa.

"Cosa hai detto?" volle sapere il caposquadra.

"È vero che c'è oro nella montagna?" L'uomo rimase immobile a fissarlo negli occhi. Per una qualche strana ragione aspettò che li abbassasse. Non lo fece. Il tale sostenne il suo sguardo e piano piano cominciò ad aleggiare sugli angoli della sua bocca un piccolo sorriso. "Perché sorride, capo?"

"Perché quelli come te non vivono a lungo in posti come questo" rispose e continuò a sorridere.

Il vecchio non seppe come replicare. Si diresse verso il capanno, lo sguardo fisso a terra. Poi alzò lentamente gli occhi. La montagna ormai lo sovrastava con la sua mole. Sembrava quasi urlare la sua anormalità. Ne percepiva la vigile consapevolezza di sé fremere tra gli anfratti rocciosi e le pareti scoscese. L'avvertiva sgorgare a fiumi nelle gallerie che l'attraversavano e nei cunicoli che dovevano ancora essere esplorati.

L'idea di esserle così vicino, ora come ora, lo colmava di inarticolato terrore.

Ma sapeva che, arrivato a quel punto, non poteva più tirarsi indietro.

IL MINATOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora