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Apollo raramente riceveva chiamate, ed ancor più raro era che fosse Ema Skye a chiamarlo. I due avevano stretto amicizia, sì. Ma difficilmente scambiavano quattro chiacchiere al telefono, per questo si allarmò subito leggendo il suo nome sullo schermo. Rispose velocemente, sentendo dall'altro capo un po' di casino.
«Lasciatemi! Vi ho già detto che non ho fatto nulla! Pretendo un avvocato! Vogl- Ah, Apollo!»
La voce della giovane scienziata forense era squillante come al solito, abbastanza rabbiosa e aggressiva. L'avvocato difensore non stava minimamente capendo cosa stesse succedendo, la ragazza sembrava stesse litigando con qualcuno prima di notare che aveva risposto alla chiamata.
«Ho bisogno di te. Subito. Mi hanno arrestata, con l'accusa di omicidio tra l'altro! È impensabile! Ho provato a chiamare il signor Wright, ma a quanto pare non c'è e- Dannazione, levami le mani di dosso-» e la chiamata fu chiusa. Apollo era decisamente confuso, non era riuscito a dire nemmeno una parola. Tuttavia uscì subito di casa, nel suo giorno di riposo tra l'altro, e prese la bici per andare immediatamente da Ema. Avrebbe avvisato Trucy dopo aver capito la situazione.

«Apollo, eccoti finalmente!»
Ema sorrise all'amico dall'altra parte del vetro, ma poi si fece seria.
«Non ho fatto nulla. Te lo giuro»
«Lo so Ema, ti credo. Ma che è successo?»
«Accetterai il mio caso, vero?» la ragazza sembrava decisamente disperata, troppi ricordi le stavano riaffiorando per la testa e non erano minimamente bei ricordi.
«Il signor Wright è fuori per visitare la signorina Fey... Sei la mia unica speranza!»
«Ovviamente accetterò il tuo caso, sono sicuro che non hai fatto nulla. Chi è morto? Dov'è successo?»
«Ero a pranzo con mia sorella, ad un ristorante nuovo. Ha aperto da poco e volevo provarlo, in più non vedevo mia sorella da un po'. È dovuta scappare poco prima di finire, quindi le ho detto di non preoccuparsi del conto e che ci avrei pensato io dopo aver finito di mangiare. Mi ha lasciato i soldi ed è scappata. Sono andata al bancone per pagare, ma dopo aver dato i soldi al cassiere è caduto a terra. Ho provato a prestargli il primo soccorso ed ho urlato agli altri clienti di chiamare un'ambulanza. Si è scatenato il panico, ci sono state urla e quando l'ambulanza è arrivata il cassiere era già morto. Non mi hanno voluto dire nulla, mi hanno solo arrestata...»
Mentre la ragazza parlava, continuava a gesticolare e ogni tanto afferrava il vuoto nella disperata ricerca dei suoi snackoos che le avevano ovviamente confiscato.
«Aspetta, calmati un attimo. Tutto questo quand'è successo? E perché hanno arrestato proprio te?»
«È successo ieri, più o meno intorno alle 14:30. Stamattina stavo andando a lavoro quando un detective mio collega mi ha chiesto di seguirlo, poi mi hanno arrestata!»
«Okay, per caso conoscevi la vittima? Sai la causa del decesso?»
«Io... Si, la vittima si chiamava Joseff Latine. Era un mio ex compagno di scuola, ma lo conoscevo appena. Inizialmente non l'ho nemmeno riconosciuto, ho realizzato chi fosse solo dopo la sua morte»
A quelle parole, Apollo sentì il proprio braccialetto reagire. Ema gli stava mentendo? Perché dovrebbe farlo, se è innocente? Non fece in tempo a intervenire che la ragazza continuò.
«Non ho idea di come sia morto, quando ho provato a investigare i paramedici mi hanno cacciata sottolineando che non ero lì in veste di detective ma in veste di civile, quindi non potevo fare come mi pare e piace»
L'avvocato annuì piano, un po' divertito dal broncio dell'amica. Ma non era il momento di ridere, doveva andare subito al luogo del delitto. L'avrebbe incalzata più tardi sul suo legame con la vittima.
«Va bene, ho capito. Mi dirigo subito al luogo del delitto. Come si chiama il ristorante?»
«È il "Cielo aperto", lo riconoscerai subito appena lo vedrai»
Apollo era confuso dall'ultima affermazione, ma non ci fece caso e si diresse subito lì.

Oh era tutto ciò a cui poteva pensare Apollo. Ha decisamente riconosciuto il ristorante, ha anche capito più che bene il perché del nome. Era un ristorante molto moderno e semplice, un posto che Apollo avrebbe sicuramente apprezzato se non si trovasse al nono piano di un enorme edificio, con tanto di tetto e pareti in vetro e vista sulla città. L'avvocato non era ancora entrato nell'edificio e già aveva il terrore di cadere di sotto. Era fermo a guardare dal basso le mura in vetro con sguardo terrorizzato, l'idea di dover salire così in alto gli dava la nausea. Fu riscosso dai suoi pensieri quando sentì una voce fastidiosamente familiare.
«Non troverai molti indizi fissando il ristorante da qui, herr Fronthead»
Apollo si voltò verso Klavier, che era in piedi accanto a lui.
«Io- Voglio dire-» si impappinò un attimo prima di realizzare una cosa.
«Sarai tu il procuratore del caso? Non puoi mica credere davvero che Ema abbia ucciso quell'uomo!» le sue corde vocali d'acciaio si fecero sentire più di quanto avrebbe voluto, ma non poteva credere che il procuratore Gavin potesse andare contro Ema.
«Oh, non fraintendermi herr Justice. Ho accettato il caso perché voglio scoprire la verità, e se l'avvocato di fraulein Skye sei tu allora non ho dubbi di riuscirci» nel dirlo, il procuratore Gavin gli fece l'occhiolino facendo agitare il povero Apollo.
«S-Si, giusto. Ovvio» rispose in imbarazzo, mentre tutto andava al suo posto. Ovviamente Gavin voleva solo la verità, si diede un po' dell'idiota per aver dubitato delle sue intenzioni anche solo per un attimo.
«Vogliamo salire, ja?» gli chiese il biondo ed Apollo non poté far altro che annuire e seguirlo nel palazzo, ormai rassegnato alla propria condanna.

The Guitar's SerenadeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora