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<<Hey, piccola>> Sentii una voce dolce e vellutata accarezzarmi le orecchie

<<Sveglia. Siamo arrivati>> Stropicciai gli occhi e mi girai verso la dolce voce della signora un po' avanti di età seduta accanto a me.

La signora De Laurentiis si era girata per vedermi bene, con la spalla che poggiava sullo schienale del sedile in pelle nera dell'auto e la mano sinistra che continuava a reggere il volante anche se ormai l'auto era spenta.

Non so se conoscete o avete avuto l'occasione di vedere delle persone sorridervi con gli occhi, sono cose rare, vanno protette e conservate. Così sono i suoi occhi per me, in grado di rassicurarti, di strapparti via dalla realtà.

Esprimono emozioni e sentimenti che solo quelle poche persone fidate sanno mostrare, non sono quelle occhiate di circostanza con sui spesso tendiamo a confonderli.

Così mi guardava, con le labbra rosee leggermente schiuse in un sorriso sincero. Attorno ad esse sulle estremità, piccole e quasi impercettibili rughe, causate dal tempo, si erano formate, mentre alcune ciocche della capigliatura bionda le coprivano il viso.

Mi guardava osservare attraverso il vetro del finestrino la sua casa. Mi slacciai la cintura e raccolsi dietro l'orecchio una ciocca di capelli che, sfuggita dallo chignon basso e incasinato, mi copriva gli occhi.

Scesa dall'auto rimasi in silenzio intenta a contemplare la casa, o per essere più precisi la villa, dall'ampio giardino. L'armonia verde del prato viene spezzato dal viale che univa il cancello al portone e al garage.

Mentre a passo lento ci dirigevamo verso l'entrata, si riusciva a sentire i sassolini che componevano il vialetto, scricchiolare sotto il mio peso.

Il rumore delle chiavi nella serratura, mi riportò alla realtà, una realtà che non volevo affrontare, da cui mi nascondevo.

Varcato il portone, una signora in uniforme, probabilmente una domestica, fece il suo ingresso dal salotto. <<Buongiorno signora De Laurentiis, vedo che abbiamo visite>> dice rivolgendomi un sorriso.

<<Ciao Claire, per favore dammi del tu mi conosci da troppo tempo per continuare a darmi del lei, comunque questa graziosa ragazza è Lucille>> dice Elisabeth volgendomi uno sguardo caloroso e accarezzandomi la schiena con fare materno.

Non so il perché ma riesco sempre ad innamorarmi di piccoli e semplici gesti come una carezza, un bigliettino o anche con un semplice "come stai?". Sono piccoli gesti che agli altri sembrano banali, ma sentivo il bisogno di riceverli.

<<Vieni i ragazzi saranno sicuramente di sotto>> afferma Elisa svegliandomi dai miei pensieri e conducendomi al piano inferiore.

<<Mamma!!>>Sento dire in coro da dei ragazzi, che le sono andati incontro non appena l'hanno vista entrare dal corridoio.

<<Ciao ragazzi, so che vi avevo detto che oggi avremmo passato il pomeriggio insieme, purtroppo ho da lavorare, ma sta sera ceniamo tutti insieme.>> dice accarezzando i capelli di una ragazza con una mano e la schiena di un ragazzo con l'altra.

<< Ragazzi vi presento Lucille, vi chiedo per favore fatele vedere la sua camera>> dice allontanandosi e scomparendo dietro la porta, ma non prima di lasciarmi una lieve carezza sul capo.

Dopo vari minuti di silenzio, uno dei ragazzi chiede ai fratelli chi mi accompagnerà in camera, una risposta che tarda a giungere perché sono troppo impegnati a studiarmi e la cosa mi infastidisce.

Non mi sono mai trovata a mio agio tra le persone, di solito tendevo ad evitare le loro occhiate, perché spesso giudicano ed io le odio. Le odio perché se l'apparenza non ci piace tendiamo a lasciar perdere quella determinata cosa o persona, e questo è sbagliato, perché sono io ha decidere cosa mostrarti di me e questo lo giudicano come se la questione li riguardasse ma non è così.

The secret of the rainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora