Detesto prendere il treno.
Viaggiare in treno, per me, è sempre stata una sofferenza enorme, sin da quando ero bambina. Il graffiante stridio delle ruote che scorrono sulle rotaie mi innervosiva e infastidiva al punto tale che piangevo e urlavo per tutta la durata del viaggio.
Passare del tempo in quei catorci metallici era una tortura, per me. E probabilmente, anche per tutti gli altri passeggeri, considerando il trambusto che ero solita creare.Putroppo, in un modo o nell'altro, dovetti farci l'abitudine.
Quel 2 settembre, alle 6:43 di mattina, ero rannicchiata all'ultimo posto dell'ultimo vagone del treno più lurido della città. Il mio sguardo spento ed immobile era fisso su una scritta incisa sul retro del sedile davanti, che mi avvisava del fatto che una certa Melanie Tanner era una succhiacazzi.
Grazie davvero per l'informazione, ci farò caso, d'ora in poi.
Spostai lo sguardo fuori dal finestrino, mentre continuavo a battere il tempo di Down with the Sickness dei Disturbed.
Il paesaggio iniziava a cambiare: ci addentravamo nella zona centrale della città. Ció voleva dire solo una cosa.. Il viaggio stava giungendo al termine. Poche fermate e sarei arrivata alla St. Louminous High School .Il mio carcere. Il mio inferno.
Il mio liceo.
Sospirai.
Quella mattina, raccolsi tutto il coraggio che avevo per aprire la porta della mia camera, serrata da troppo tempo.
Le luci delle scale erano spente.
E lo stesso valeva per quelle in camera da pranzo, e in cucina.
E per quelle in camera dei miei.Non che non mi fossi preparata anche a quell'eventualità. Anzi, era ormai ovvio.
Ma dentro di me, speravo con tutta me stessa che le mie supposizioni fossero errate.
Per quanto fossi stata consapevole di essere sola a casa da molto, molto tempo, la speranza di scendere quelle scale e incontrare lo sguardo di mia madre ancora trovava vita in una piccola parte di me.Trovai un bigliettino appicciato sulla porta con della gomma da masticare.
"Ciccina, ho delle faccende importanti da sbrigare. Torno presto."
Ciccina. Anche il coraggio di chiamarmi Ciccina. Nonostante non ci parliamo da mesi, e non ci guardiamo in faccia da mesi, ora mi chiama CICCINA.
Sul biglietto non c'erano date. Poteva essere di ieri, come di tre mesi fa.
Ma considerando la consistenza della gomma da masticare (ormai cristallizzata), non poteva essere recente. Doveva essere li da più di un mese.Erano ormai anni che vedevo mia madre si e no una volta a settimana. Gli ultimi tempi, anche meno.
Ma sparire in questo modo, mai.Non che me ne importi troppo.
Non che me ne importi qualcosa.
Pensavo, stringendo quel biglietto, mentre le lacrime scorrevano sulle mie guancie pallide....maledetta... Maledetta puttana...
Strappai il biglietto e uscií di casa, sbattendo il portone.-
Tornai alla realtá nell'istante in cui annunciarono la fermata a cui sarei dovuta scendere.
Mi stavo perdendo nei miei pensieri... Di nuovo.
Mi avventai di corsa verso le uscite automatiche.
Riusciì a passare mentre le porte si richiudevano. Per un pelo.Ed eccomi li.. A pochi minuti a piedi dall'inferno.
La scuola era relativamente vicina alla stazione. Per arrivarci, bastava percorrere un lungo stradone dritto come un grissino.
Nulla di entusiasmante, nessun albero di ciliegio in fiore, o festoni di benvenuto ai primini.. Solo un semplicissimo stradone sterrato.
L'enorme orologio della stazione mi segnalava l'orario.
7:35.
Le lezioni iniziavano alle 8:00.
Insieme a me, altri gruppi di ragazzi si incammimavano verso la strada principale, diretti alla St. Louminous.
Li osservai, distante. Come sempre.
Vidi volti nuovi, e volti conosciuti.
In ogni caso, vidi solo teste di cazzo.
Come al solito.
Piú mi avvicinavo all'istituto, più ero circondata da ragazzi, più mi sentivo male.
Stranamente, molti di loro mi guardavano, e parlottavano fra loro.
Prima solo uno, poi un altro, e un'altro ancora. Più avanzavo, più mi sentivo osservata.
Non capivo.
Tutto ció mi fece agitare.Sono sempre stata invisibile agli occhi di voi tutti, e mi andava bene così. Ora cosa avete da guardare? Cosa volete?
Levatevi dal cazzo.
Dio santo, vi prego, guardate da un'altra parte..Passo dopo passo, l'acido che avevo in gola mi saliva sempre di più. Ancora un pò e sarei stata sul punto di vomitare.
Ma non potevo fermarmi.
Ora camminavo con la testa china, per evitare ogni tipo di sguardo.Se prima entrare in classe era il momento che temevo di più, ora non desideravo altro.
Più di ogni altra cosa, volevo scappare.Accellerai il passo.
Arrivai in un batter d'occhio all'ingresso della scuola, e da li fino alla porta della mia aula, corsi.
Corsi, con gli occhi chiusi e i denti stretti.
Chi mi vide avrà pensato che fossi una pazza. E forse non aveva tutti i torti.Dentro l'aula ancora non c'era nessuno. Buttai la mia roba all'ultimo banco e mi fiondai a sedermi.
Rimasi immobile per qualche secondo, ascoltando il battito del mio cuore che rallentava....finalmente pace.
Mi ammorbidii, e accennai un sorriso. Fino a quel momento, ero rigida come un ciocchetto di legno.
Il sollievo che provai è indescrivibile.
Sollievo che svanì di colpo quando mi resi conto che mancavano meno di dieci minuti all'inizio delle lezioni, e iniziavo a sentire un familiare brusio provenire dal corridoio.
E il mio cuore riprese la sua frenetica corsa.Chiusi gli occhi.
Scappare per sempre non funzionerà, Ema.
Combatti... o muori.
Ricordi?
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Unfolding
Подростковая литератураUnfolding è la storia di Ema Hichingooke, una ragazza particolare, un po' strana, un po' sola. Il terzo anno del liceo finisce, ed Ema si rinchiude nella sua camera insieme a le uniche cose capaci di farle compagnia: la Play, i fumetti, e il cibo sp...