Cause everytime we touch
***
I still hear your voice, when you sleep next to me.
I still feel your touch in my dreams.
Forgive me my weakness, but I don't know why.
Without you it's hard to survive.La luce della luna in quella notte tanto bella e limpida illuminava ogni angolo della città, e in quella città così caotica, così popolata, così bella, più precisamente in un appartamento situato al centro della già citata città, un ragazzo, faticava a prendere sonno torturato dai mille pensieri che lo assalivano notte e giorno, che lo stavano divorando da dentro, e che lo stavano portando alla pazzia.
Il nome di questo ragazzo? Choi Minho.
Minho era steso anche quella notte da solo, su quel letto che per mesi aveva ospitato due corpi, i corpi di due amanti, destinati a separarsi per un brutto gioco del destino; come tutte le notti versava lacrime amare sul suo cuscino, ricordando le parole sussurrate, i baci rubati, le serate a scherzare, le notti d'amore.
Sentiva ancora la sua voce, aleggiava in ogni stanza, lo perseguitava come un fantasma. Quella voce allegra, la voce di un ragazzino, un ragazzino sempre sorridente che correva ridendo per le piccole stanze di quell'appartamento, per non farsi acchiappare dal più grande.
Si, la sua voce era ancora lì, e Minho la sentiva nella camera da letto, nella cucina, nel bagno, e faceva male, faceva male essere perseguitati dal ricordo di qualcuno che ti ha lasciato, e che con ogni probabilità non ritornerà mai più.
Il ragazzo non era mai stato debole, anzi, cercava sempre di superare le difficoltà col sorriso stampato sul viso, ma da quando lui se ne era andato, non aveva più avuto la forza di sorridere, lui era la sua forza, lui era il suo tutto, era il motivo del suo sorriso al mattino, era il motivo della sua felicità, era il suo giorno, il suo bellissimo giorno che arrivava per portare via le paure della notte. Senza di lui Minho non poteva sopravvivere.
Cause everytime we touch, I get this feeling.
And everytime we kiss I swear I can fly.
Can't you feel my heart beat fast, I want this to last.
Need you by my side.
Cause everytime we touch, I feel this static.
And everytime we kiss, I reach for the sky.
Can't you hear my heart beat so
I can't let you go.
Want you in my life.
Immerso in quel mare di lacrime tornò all'inizio, all'inizio di quella che era stata la parte più bella della sua vita.
L'aveva incontrato così, per uno scherzo del destino, era un caro amico di Jonghyun, l'unico ragazzo che fino a quel momento gli era stato accanto; avevano passato la giornata a ridere, scherzare, punzecchiarsi, chi non conosceva la situazione avrebbe detto che si conoscevano da anni, quando si erano incontrati un paio di ore prima.
Si erano visti parecchie volte dopo, da soli, con i rispettivi amici, Minho quando era con lui si sentiva a suo agio, era tranquillo.
L'altro cercava i contatti, il più grande se n'era accorto, spesso sentiva il suo tocco tra i capelli, sulla schiena più volte aveva sentito l'amico dire che era in cerca delle certezze e Minho l'aveva capito da solo che lui nel contatto ci vedeva le certezze che stava cercando.
Quel tocco però lo faceva dannare, ogni volta che sentiva le sue dita sfiorargli le spalle, le mani, il suo cuore accelerava i battiti e gli si formava un nodo allo stomaco; "tranquillizzati" si ripeteva nella mente, ma poi lo guardava e si perdeva nei suoi occhi, nelle sue labbra...
La prima volta che quelle labbra si posarono su quelle di Minho fu come volare. Erano a casa del più piccolo con gli amici, si stavano godendo un meritato riposo.
Il contatto era arrivato improvvisamente, la situazione era tranquilla: loro due da soli, Minho lavava i piatti, e lui era seduto sul tavolo della cucina, gli diceva di voler diventare famoso, di voler ballare e cantare su un palco. Era quello il suo sogno. Poi il più grande aveva sentito l'amico che scendeva dal tavolo e subito dopo due braccia che gli cingevano la vita; si era girato per abbracciarlo, per sentire il suo piccolo corpo tra le braccia, e nel farlo il ragazzino aveva posato le sue labbra su quelle di Minho. Era stato un semplice tocco, un tocco che però era riuscito a eliminare ogni cosa, ogni persona. C'erano solo loro due, le loro labbra unite, i loro corpi abbracciati.
In quel momento il più grande capì che aveva bisogno di lui, che aveva bisogno di sentire il calore che quel ragazzino sprigionava ogni volta che si muoveva, che parlava. In quel momento Minho si rese conto che inconsapevolmente era arrivato ad amarlo.
E fece di tutto per poterlo tenere accanto a sé il più possibile, non poteva lasciarlo andare, ormai era diventato l'unica cosa importante nella sua vita. E ci riuscì, per qualche mese. I migliori.
Si alzò dal letto, si diede un'occhiata allo specchio: cerchi neri attorno agli occhi, il corpo scosso dai tremiti, le lacrime che scorrevano inesorabili. Tirò un pugno al muro serrando gli occhi. Faceva male, eccome se faceva male, ma poteva anche essersi rotto tutte e cinque le dita, nulla sarebbe stato peggio di quel vuoto incolmabile, quello struggimento che lentamente lo stava portando alla pazzia.
Your arms are my castle, your heart is my sky.
They wipe away tears that I cry.
The good and the bad times, we've been through them all.
You make me rise when I fall.
Seduto alla scrivania della casa in cui era cresciuto il ragazzino guardava il computer con aria persa; aveva cercato di studiare, aveva davvero cercato di farla quella ricerca che gli era stata assegnata, ma tutto quello che era riuscito a fare era stato accendere il computer e perdersi nei ricordi che erano scoppiati non appena aveva visto l'immagine sul desktop: due ragazzi, abbracciati, un'espressione realmente divertita sui loro visi, gli occhi luminosi. Non era più riuscito a staccarsi.
Si era perso nel guardare i lineamenti dell'altro ragazzo, era sceso con lo sguardo seguendo le sue braccia, braccia che più e più volte avevano stretto la sua vita, il suo collo, le sue spalle, braccia che rappresentavano per lui il posto più sicuro su tutta la faccia della Terra. Quelle braccia, erano il suo castello...
E il suo cuore... quello che l'aveva fatto vacillare, quello che in poco tempo aveva conquistato tutte le sue attenzioni, era un cuore puro il suo, un cuore incerto, insicuro, ma puro come un cielo senza nuvole; splendente come la più potente delle luci. Come il sole.
Ed eccole, non le aveva sentite arrivare, era sempre così: arrivavano nei momenti più disparati, scendevano lente lungo le sue guance, non ascoltavano i comandi del suo cervello che cercava di tenerle a bada, di fermarle, semplicemente, scendevano e basta, bagnandogli il viso senza alcuna pietà. E allora il suo viso si contraeva in una smorfia di dolore, le spalle cominciavano ad essere scosse da tremiti e cominciava a singhiozzare, a urlare, immerso nella più completa disperazione.
Lui c'era sempre stato in momenti come questi, aveva sempre catturato quelle lacrime ribelli; diceva di non volerle vedere perché lo facevano stare male, facevano stare male entrambi.
In quei momenti il ragazzino tirava su col naso e cercava di sorridere. Il più grande gli porgeva la mano, non perché ne avesse veramente bisogno, il suo era come un messaggio che diceva: "io ci sarò, non importa come, ne quando, io ci sarò". Ed era vero, c'era sempre stato, nei momenti belli e in quelli brutti aveva sempre fatto in modo che si rialzasse, era un po' il suo angelo custode che lo afferrava nel momento esatto in cui stava per cadere, per arrendersi .
Cosa era successo perché andasse a finire così? Perché si separassero?
Cause everytime we touch, I get this feeling.
And everytime we kiss I swear I can fly.
Can't you feel my heart beat fast, I want this to last.
Need you by my side.
Cause everytime we touch, I feel this static.
And everytime we kiss, I reach for the sky.
Can't you hear my heart beat so
I can't let you go.
Want you in my life.
E quella volta che avevano deciso di prendere un appartamento solo per loro, per viverla insieme quella vita, non era stato facile, assolutamente. Per il ragazzino comunicare la sua scelta ai suoi genitori era stato come ricevere delle pugnalate in petto; sentire suo padre che gli inveiva contro ricordandogli quanto incapace fosse stato nella vita, quanto avesse fatto soffrire la sua famiglia, vedere sua madre in ginocchio, in lacrime sulla soglia della cucina, no, non era facile, eppure quella era stata l'unica decisione che aveva preso da solo, l'unica di cui fosse veramente sicuro, non l'avrebbe abbandonata quella scelta.
Lo presero davvero l'appartamento.
La prima sera dopo gli estenuanti lavori era stata meravigliosa: c'erano solo loro, i loro sospiri, i loro gemiti soffocati, il fruscio delle coperte. Era stata la loro prima volta.
Taemin ricordava ogni piccolo particolare di quella notte tanto speciale. I tocchi leggeri del compagno che lo mandavano alle stelle, i suoi baci umidi lasciati su ogni parte del corpo, i loro cuori che battevano all'unisono, mossi solo dall'amore che provavano l'uno nei confronti dell'altro.
Taemin non avrebbe dimenticato quella notte tanto facilmente perché fu quello il momento in cui si rese conte che aveva bisogno di lui, che senza di lui non poteva più vivere.
Sfortunatamente era finito tutto troppo presto, ed era stata tutta colpa dei suoi genitori.
Erano arrivati lì una sera di dicembre, quattro mesi dopo, intenzionati a conoscere il ragazzo che si era portato via il loro figlio; il più grande si era comportato da perfetto compagno e padrone di casa, si era formalmente ed educatamente presentato ai genitori del più piccolo, aveva cercato di stringere un rapporto con quelle due persone che sembravano totalmente contrarie ad averne con lui, aveva cercato di sembrare un compagno dolce, accomodante, eppure alla fine della serata, prima che la coppia se ne andasse, il padre di Taemin aveva avvisato il figlio di fare le valigie, perché sarebbero passati a prenderlo il pomeriggio seguente per riportarlo a casa.
La reazione del ragazzino fu spropositata: cominciò a piangere e ad urlare contro ai genitori, più volte le parole "vi odio" e "mi avete rovinato la vita" erano uscite dalla sua bocca, e il più grande aveva cercato di fermarlo prima che dicesse cose di cui si sarebbe pentito.
I suoi genitori non l'avevano accettato, e dopo quattro mesi di gioco - aveva detto il signor Lee - era arrivato il momento di tornare alla vita vera.
Taemin si era limitato ad annuire e ad andare nella stanza da letto per cominciare a preparare la sua valigia.
Non si erano più visti da quel momento.
Cause everytime we touch, I get this feeling.
Everytime we kiss I swear I can fly.
Can't you feel my heart beat fast, I want this to last.
Need you by my side.
Lee Taemin e Choi Minho, due ragazzi apparentemente separati, sono legati invece da un piccolo e invisibile filo rosso che collega il loro destino, la loro vita.
Entrambi hanno deciso di mettere la parola "fine" alla sofferenza che stanno provando. Dove? Dove tutto è iniziato, ovviamente: su quella terrazza che affaccia sul mare, sugli scogli, sulla terrazza che ha vissuto il loro primo incontro...
Minho cammina veloce, per le strade della sua caotica città, fa caldo, molto caldo, eppure la sensazione del sole bruciante sulla sua pelle non gli da fastidio, probabilmente è l'ultima volta che lo percepisce. Non ha niente con sé se non i vestiti, che poi non sono altro che una maglietta bianca a mezze maniche e un paio di pantaloni blu che gli arrivano al ginocchio. Ah, e ovviamente le scarpe da corsa, come sempre.
La sua camminata rapida lo porta a stancarsi velocemente, eppure non è quello che lo preoccupa, anzi, ad essere sinceri nulla lo preoccupa, si sente sereno, sa che quello che sta facendo non porterà altro che il nulla.
Osserva le strade e le persone attorno a lui con indifferenza; probabilmente gli mancheranno quelle vie affollate, quei palazzi, li porterà con sé nel posto in cui sta andando. Non gli importa però di perdere la routine giornaliera, di non vedere più i visi delle persone che conosce, vuole solo la sua felicità. Un pensiero piuttosto egoista, ma neanche questo ha importanza per lui, ha sofferto troppo, e chiunque abbia visto il suo viso dopo quel Natale può capirlo; è normale che voglia un po' di serenità dopo quello che ha passato.
Non se n'è neanche reso conto ma è già arrivato. Si affaccia alla balaustra e una folata di vento gli scompiglia i capelli. In quel momento perdendosi nell'orizzonte capisce che è pronto ad andare, a lasciare tutto.
Le strade che percorre Taemin sono isolate; lo sta facendo apposta, non vuole che qualcuno possa dire di aver visto quel ragazzino dai capelli rossicci camminare con aria spedita per le vie della città.
Le cuffiette nelle orecchie nonostante non stia sentendo nulla. Vuole che anche quel telefono vada con lui, non vuole perderli certi ricordi.
Ripensa ai suoi genitori, non riesce a odiarli nonostante l'abbiano portato a prendere questa decisione così drastica, alla fine lo sa che l'hanno fatto solo perché erano preoccupati per lui, perché gli vogliono bene.
Si passa una mano fra i capelli, ha l'aria di uno stanco, ma non stanco fisicamente, stanco psicologicamente di tutto quello che gli sta attorno.
È vero, è stanco.
Stanco di stare lontano dal ragazzo che ama, stanco di dover piangere tutte le notti a causa di quella scelta che gli è stata dettata, stanco di sentirsi parte di una vita che non vuole più perché troppo diversa da quella che aveva sempre sognato.
Per le strade che percorre il ragazzino non c'è il sole, anzi c'è solo il buio che l'avvolge; niente di diverso, niente di nuovo.
È arrivato anche lui. Tira un sospiro di sollievo nel momento in cui scorge le onde infrangersi sugli scogli sotto di lui. Si guarda intorno e lo nota quel ragazzo seduto sulla ringhiera. È di profilo, le gambe penzoloni; guarda il mare.
Non riesce a definirlo, è contro luce, e il sole è lentamente sceso rendendolo una lontana macchia scura.
Decide di lasciarlo in pace, non ha intenzione di disturbarlo, se fosse stato in lui gli avrebbe dato fastidio che qualcuno lo disturbasse in un momento che sembra così intimo, così personale.
Seduto su quella balaustra guarda il mare e immerso com'è non si rende conto neanche della presenza di un ragazzino poco distante da lui.
Improvvisamente sente un sospiro, e lo vede, sta cercando di sedersi anche lui.
I suoi occhi si spalancano da soli, il suo cuore comincia a battere ad una velocità incontrollabile.
<< No! >> urla in preda al panico; salta, torna all'interno della terrazza, corre verso di lui.
Sente che stanno arrivando, ma stavolta non è per disperazione.
Il ragazzino lo guarda. La sua espressione dapprima annoiata si trasforma in una vera e propria maschera di sgomento; si scrutano per dei secondi che per entrambi sembrano degli anni.
Non sanno cosa fare, la situazione ha un che di ridicolo: due ragazzi in procinto di suicidarsi perché la loro vita non ha senso se sono da soli, che si ritrovano sulla terrazza dove il loro sogno - e il loro incubo - è incominciato.
È Taemin a fare il primo passo incerto verso il più grande: lo abbraccia in lacrime, strusciando il viso sulla maglia.
Eccola quella scossa, la provano entrambi, è più forte di loro, li pervade come la più potente delle forze e lentamente li tranquillizza, come se tutta la sofferenza precedente non ci fosse mai stata.
<< Non pensare mai più di fare una cosa del genere >> sussurra Minho accarezzandogli i capelli rossicci.
<< N-neanche tu hyung >> balbetta il più piccolo stringendosi ancora di più a quella maglietta bianca che ora come ora è la sua ancora di salvezza.
Ha il suo profumo...
Si guardano ancora, come se uno stesse chiedendo il permesso dell'altro.
L'intreccio di labbra è veloce, rapido e rappresenta un po' il loro modo di lasciare indietro il passato. Si baciano con foga, assaporandosi l'un l'altro, le lingue danzano nelle loro bocche seguendo il ritmo dei battiti del cuore, che dopo tanto tempo è tornato ad essere più leggero.
Come la prima volta, ci sono solo loro; tutto sparisce: il mare, il cielo, la terrazza, la terra sotto i loro piedi. È questa la sensazione che si prova volando. La libertà.
Lo sanno entrambi perfettamente che stavolta nulla li separerà; lotteranno. Stavolta per davvero.
Hanno bisogno di essere insieme per essere felici.
***Allora, non so assolutamente cosa dire, ma va be'. Cominciamo a presentarci: sono taemivn, ma chiamatemi diana.
Che dire di questa storia... la canzone, come dice il titolo si chiama "Everytime we touch", di Cascada, versione slow; mi è parsa piuttosto adatta per la 2min, per cui ci ho provato, e devo dire che il risultato mi soddisfa abbastanza.
Quindi spero possa piacere anche a voi.
taemivn.
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Cause everytime we touch
FanfictionLee Taemin e Choi Minho, due ragazzi apparentemente separati, sono legati invece da un piccolo e invisibile filo rosso che collega il loro destino, la loro vita. Entrambi hanno deciso di mettere la parola “fine” alla sofferenza che stanno provando...