Contatto d'emergenza

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Nota autrice:
Prima di iniziare premetto due cosine, vi prego di leggerle perché sono importanti. Una, so bene che l'amore tra Mew e Ray è unilaterale. Si capisce ed è evidente dalle puntate che è così, ma ho voluto comunque mettere su carta i miei pensieri.
Altra cosa, vengono accennati argomenti sensibili (suicidio, depressione, abuso di sostanze).
Ultimissima cosa, anch'io vorrei vedere Ray felice e sereno con Sand, ma c'è qualcosa di complicato nella storia di Mew e Ray e questo mi ha spinto a scrivere dei pensieri di Ray.

Mi auguro che possa piacervi, buona lettura!

TW!
(Suicidio, depressione, abuso di sostanze)

I RAGAZZI IN QUESTA STORIA SONO MAGGIORENNI!!

❤️‍🩹

Seduto nella vasca da bagno, Ray ripensava alle labbra dolci di Mew.

Gli sembrava di sentirle premere ancora sulla sua pelle, sulla sua bocca. Era stato un tocco fugace, quasi rubato, ma lo aveva desiderato così tanto che quando era riuscito finalmente ad ottenerlo gli era sembrato così giusto da non permettersi di dimenticarlo; come avrebbe potuto? Era quello che desiderava da quando aveva conosciuto Mew, dalla prima volta in cui Mew gli aveva stretto le braccia attorno al collo e lo aveva premuto al suo petto, mentre lui singhiozzava, disperato.

Neppure sua madre era mai stata capace di toccarlo così.

Forse era proprio questo che lo aveva sorpreso di Mew; la sua capacità innata di toccarlo come fosse stato davvero meritevole di quelle carezze. Carezze che continuava a sentire sulla sua pelle, perfino giorni dopo, perfino a distanza di mesi.

A volte, la sera prima di chiudere gli occhi, si stringeva ad un cuscino e ne poggiava uno dietro la schiena, immaginava di avere Mew accanto a lui che lo stringeva, che lo toccava come solo lui sapeva fare e si addormentava.

Gli mancava Mew.
Se ne era reso conto mentre trafugava bicchieri e bicchieri di whisky, tequila e qualsiasi altro super alcolico gli fosse capitato tra le mani. Si era reso conto, sdraiato sul divanetto di casa, con la musica del giradischi che riempiva le pareti e il silenzio che quelle quattro pareti amplificavano, che senza Mew le sue giornate parevano allungarsi di ore e ore.

Nulla era in grado di alleviare il dolore che sembrava aprirgli il petto a metà come un coltello affilato a puntino. Dentro era un campo bruciato, con le bombe nascoste negli squarci che la guerra aveva aperto, e le bandiere distrutte dalle fucilate che aveva assorbito.

E Mew in qualche modo riusciva ad essere pomata.

Una di quelle pomate fresche che sua madre era solita spalmargli sulle ginocchia sbucciate dopo che tornava da scuola e aveva fatto qualche rissa.
Era fresco, liscio, a tratti bruciante.
Ma a lui piaceva.
Gli dava sollievo, lo faceva sentire protetto, disinfettato, pulito. Come se anche lui potesse essere un essere umano, qualcuno degno d'amore.
Mew ci riusciva. Prendeva a pugni la parte di sé che ogni volta uccideva quella buona e cercava di andare avanti, la sfidava, la bruciava.

Faceva in modo che Ray riuscisse a vedere il sole ogni tanto.

Ma al tempo stesso, quasi fosse stata una punizione divina, Mew gli faceva male. Gli lasciava dentro qualcosa di struggente che sembrava ledergli la pelle fino a fargli uscire il sangue.

Mew gli aveva detto e ridetto che non lo voleva. Non voleva il suo cuore in mano e aveva storto la bocca quando lui lo aveva baciato.
Tuttavia, la prima volta aveva ricambiato, gli aveva poggiato una mano sulla spalla e se lo era tirato più vicino, aveva fatto scontrare le loro labbra e lo aveva lasciato prendere la sua saliva, come un souvenir.
Forse, Mew voleva solo fargli capire che non lo avrebbe mai avuto. A prescindere da quando si sarebbe impegnato, da quanto avesse deciso di amarlo, Mew del suo amore non avrebbe saputo che farsene.

Lo avrebbe rotto come tutti gli altri se avesse scelto di mettergli il cuore in mano. Il sangue non sarebbe stato sufficiente a farlo spaventare.
Mew non aveva mai avuto paura di troppe cose. Semmai, era il tipo di persona che spiegava perché non serviva spaventarsi.

Leggeva troppo per farsi ingannare da due lacrime ed era troppo intelligente per fingere di non sapere che Ray lo voleva, come si vuole una caramella dopo una giornata faticosa.

Un bel dolcetto.
Ray avrebbe tanto voluto che Mew fosse solo un dolce, qualcosa da assaggiare e cibarsene il giusto necessario a farsi passare la voglia. Perché, Ray non voleva fare nulla che potesse disturbare Mew, né fisicamente né mentalmente. Non era sua intenzione spaventarlo o obbligarlo.

Lui voleva solo vederlo felice ed essere felice, magari al suo fianco. Sarebbe stato bravo, fedele, innamorato. Avrebbe baciato Mew sulla fronte mentre leggeva sul divano, gli avrebbe comprato tutto il cibo e i romanzi che voleva, lo avrebbe portato a bere nei posti più belli del mondo. In cambio, avrebbe voluto solamente che Mew lo stringesse la notte e lo baciasse quando i mostri ricomciavano a gridare.

Non era neppure per il sesso che era tanto attratto da Mew. Certo, avrebbe voluto baciarlo e prenderlo come se respirare fosse stata solo un'opzione, e vedere il suo volto mentre piangeva sotto di sé per il piacere che lui, il suo corpo, il suo fiato gli avrebbe dato, ma non era questo. Non era per il sesso che desiderava il tocco di Mew, anche per il sesso sì, se l'occasione si fosse presentata, lo voleva soprattutto per il modo in cui era in grado di calmare i suoi demoni.

Con un solo tocco.

Avrebbe tanto voluto che Mew fosse solo un'allucinazione della sua testa, che quando Mew sorrideva a Top e lui si sentiva sviscerare da mani affilate e crudeli, quello fosse solo ed unicamente un sogno. Uno scherzo del suo cervello e delle pillole, quelle che gli si scioglievano sotto la lingua.

Ma non era così.

Era tutto vero e Ray soffriva come se per lui fosse stata selezionata l'opzione “dannazione eterna” dal Signore stesso. E neppure il suo adorato Sand riusciva a placare quel mostro che ruggiva e ruggiva dentro di sé perché aveva fame e non era mai sazio.

Sand alleggeriva quella punizione, ma era come zucchero sulle sue ferite, perché leniva ma non era Mew.
Non sapeva come ricucire i suoi tagli e non era abbastanza bravo da fargli venire la pelle d'oca.

Mew rimaneva nella sua testa come un post-it colorato.

Era lì, incastrato tra i suoi pensieri, incatenato alle sue sinapsi come fil di ferro, tatuato sottopelle. Perfino quando chiudeva gli occhi gli sembrava di vedere le sue labbra rosse davanti agli occhi e i suoi occhiali precisi sul ponte del naso.

E gli sembrava così sciocco pensare a lui. Si sentiva così colpevole, così sporco. Come se ciò che stava facendo non fosse altro che una vigliaccheria, una porcata. Temeva che presto Mew lo avrebbe scoperto e ne sarebbe rimasto disgustato. Assolutamente disgustato da quello che la sua mente poteva immaginare, e lo avrebbe allontanato. Lo avrebbe buttato via, gettato da parte come un giocattolo rotto.

E lui non riusciva neppure ad immaginare un'eventualità del genere. Al solo pensare che Mew avrebbe potuto lasciarlo solo e non scrivergli più, non vederlo più, non parlargli più, gli veniva da piangere.

Per questo stava zitto.
Per questo sopportava che sorridesse a Top, per questo sopportava che lo abbracciasse e lo chiamasse amico", per questo guardava negli occhi Sand e cercava di non pensare a quanto le pagliuzze che c'erano negli occhi di lui sembrassero quelle delle iridi di Mew.

Ma sopportava.

Stava in silenzio e assisteva al suo dolore, scaricandolo nei water quando l'alcool iniziava ad essere troppo e le idee gli affollavano la testa come in attesa di altra collocazione.

Vomitava nei bagni dei pub alcool e cuore spezzato, un pezzo per volta.

Cuore Spezzato, RayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora